Comunitario e Internazionale

Obbligo di origine nell’etichetta per il latte se induce in errore il consumatore

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di Carlotta Busani e Barbara Klaus

La nuova normativa sull'indicazione in etichetta dell'origine della materia prima utilizzata per la produzione del latte e dei prodotti lattiero-caseari, recata dal decreto ministeriale 9 dicembre 2016, è entrata in vigore il 20 aprile 2017. Si tratta di un decreto emanato in conseguenza del Regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, il quale detta, tra l'altro, i seguenti due fondamentali princìpi:

• ad eccezione di alcune categorie di alimenti per le quali sussiste una normativa specifica (per esempio, miele, olio di oliva, carni bovine, caprine, suine e di pollame, pesce, uova), la regola generale è la facoltatività dell'indicazione in etichetta del Paese di origine o del luogo di provenienza di un alimento;

• l'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza diventa invece obbligatoria nel caso in cui l'omissione possa indurre in errore il consumatore, in quanto le informazioni che accompagnano l'alimento o riportate nell'etichetta nel loro insieme sospingano a ritenere che l'alimento abbia paese od un luogo di origine differente da quello in cui lo stesso effettivamente è stato prodotto o lavorato (si pensi, ad esempio, al caso che un'etichetta riproduca i colori nazionali o monumenti tipici di un dato Paese, diverso da quello da cui proviene la materia prima utilizzata per produrre l'alimento in questione).

Inoltre, c'è da sottolineare che il decreto non concerne qualsiasi latte o prodotto lattiero-caseario, in quanto sono previste alcune rilevanti eccezioni (di cui alla tabella qui a fianco) tra le quali si segnalano i prodotti Dop e Igp che sono già regolamentati da una specifica normativa europea e dai relativi disciplinari.

Il decreto ministeriale stabilisce, in particolare, che:
• l'indicazione in etichetta dell'origine dei prodotti (siano questi utilizzati come ingredienti o venduti come “prodotti finiti”) possa essere effettuata con l'utilizzo delle diciture “Paese di mungitura” e “Paese di condizionamento o di trasformazione”;
• qualora le operazioni di mungitura, condizionamento o trasformazione siano effettuate in uno stesso paese, l'etichetta può recare la sola indicazione “origine del latte” seguita dal nome del Paese.

Il decreto propone inoltre esempi di formulazione dell'etichetta laddove le operazioni di mungitura e di trasformazione avvengano nel territorio di più Stati: a tal proposito, è disposto che è possibile utilizzare l'indicazione «latte di Paesi Ue», per il luogo di mungitura, e «latte condizionato o trasformato in Paesi Ue» per il luogo di condizionamento o trasformazione; se, tuttavia, queste operazioni, o talune di esse, siano effettuate in Paesi situati al di fuori dell'Unione europea, si possono utilizzare le diciture «latte di Paesi non Ue» per il luogo di mungitura e «latte condizionato o trasformato in Paesi non Ue» per l'operazione di condizionamento o di trasformazione.

È altresì previsto che le norme sull'origine della materia prima non si applichino ai prodotti legittimamente fabbricati o commercializzati in altri Stati membri dell'Ue o in Paesi extra Ue: poiché, ad esempio, in Germania e in Austria non vige un obbligo di etichettatura come quello disposto in Italia, il latte e gli alimenti lattiero-caseari prodotti e/o commercializzati in questi Paesi possono essere anche immessi sul mercato italiano, senza l'indicazione del Paese di mungitura né del Paese di condizionamento o trasformazione.

La prima lettura di questa disciplina ha suscitato contrasti interpretativi: da un lato, si è ritenuto che non si tratti di norme in grado di proteggere realmente i consumatori e la produzione nazionale e che possano verificarsi aggravi all'attività delle autorità di controllo e costi aggiuntivi per le imprese agroalimentari, con un rischio di aumento dei prezzi degli alimenti interessati. D'altro lato, il decreto è stato interpretato come misura di salvaguardia della filiera del latte (che in Italia fattura 28 miliardi di euro), come incentivo all'incremento dei posti di lavoro nel settore e come misura di protezione del Made in Italy dall'agropirateria sui mercati esteri.

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