Lavoro

Obbligo vaccinale, art. 32 della Costituzione, prevalenza dell'interesse pubblico sul diritto individuale ad autodeterminarsi

L'obbligatorietà dei vaccini in Italia è una questione già affrontata nel 2017 con il D.L. 73/2017 che ha reintrodotto l'obbligo di vaccinazione, soppresso alla fine degli anni ‘90, per determinate malattie.

di Giovanni Maria di Lieto*

L'obbligatorietà dei vaccini in Italia è una questione già affrontata nel 2017 con il D.L. 73/2017 che ha reintrodotto l'obbligo di vaccinazione, soppresso alla fine degli anni ‘90, per determinate malattie.

La legge 119/2017, di conversione con modificazioni del D.L. 73/2017 (cd. decreto Lorenzin), ha reso obbligatorie dieci vaccinazioni per i minori.

Obblighi vaccinali erano già stati disposti nel 1939, nel 1963, nel 1966, nel 1991 e nel 2017; le persone in età pediatrica, da zero a 16 anni, sono già soggette a un obbligo vaccinale. Inoltre, vi sono anche sanzioni pecuniarie e di segnalazione alle Procure presso i Tribunali dei minorenni.

Il D.L. 73/2017, infatti, prevede una sanzione amministrativa per i genitori che non sottopongono i figli a vaccinazione obbligatoria, la quale inoltre è "requisito di accesso" limitatamente a "i servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia".Si aggiunga che malattie come la poliomielite e il morbillo sono state quasi del tutto sconfitte, in seguito all'imposizione di vaccini obbligatori, che hanno assicurato quell'interesse della collettività, che è il parametro cui si rapporta l'art. 32 della Costituzione.

L'obbligatorietà della vaccinazione anti COVID-19 è stata introdotta dall'articolo 4 del decreto-legge n. 44/2021 per tutte le professioni e gli operatori del comparto sanitario.

La vaccinazione è espressamente definita requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati, con la conseguenza che la sua mancanza determina la sopravvenuta e temporanea impossibilità di svolgere mansioni che implicano contatti interpersonali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2.

Si tratta di capire se ricorrano i presupposti e le condizioni per poter dichiarare obbligatoria per legge per tutti i cittadini, e trattata alla stessa stregua degli altri vaccini obbligatori, la vaccinazione per prevenire e neutralizzare il virus Covid 19.La Costituzione dispone che il trattamento sanitario non può essere imposto a nessuno, se non per disposizione di legge (è il caso dei c.d. trattamenti sanitari obbligatori).

La Costituzione dispone che possono essere introdotti trattamenti sanitari obbligatori, ponendo un solo limite, quello di farlo per legge. Quindi, richiede un intervento del Parlamento.Di seguito il testo dell'articolo 32 della Costituzione:"La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".

Dunque, secondo l'articolo 32 della Costituzione, la salute non è soltanto un "diritto dell'individuo", ma è anche un "interesse della collettività". La norma costituzionale ha una duplice chiave di lettura, da un lato tutela il cittadino nel suo diritto alla salute e nella sua libertà di scegliere le cure (diritto di autodeterminarsi), dall'altro riconosce un interesse pubblico e collettivo alla salute, che può comportare l'obbligo per i singoli ad essere sottoposti a trattamenti disposti in forza di legge e nei limiti imposti dal rispetto della persona umana.L'importanza anche "collettiva" della salute può talora giustificare trattamenti sanitari obbligatori, come per esempio, nei casi strettamente previsti dalla legge, l'obbligatorietà di alcuni vaccini.

Lo ha riconosciuto recentemente la Corte costituzionale, respingendo il ricorso della Regione Veneto, che aveva appunto censurato la obbligatorietà dei vaccini previsti dal cd. decreto Lorenzin 73/2017 (Corte costituzionale n. 5/2018, sentenza Cartabia). La legittimità di questo genere di misure estreme viene subordinata dalla Corte ad una serie di condizioni, quali:- Circostanze tali da richiedere un "patto di solidarietà" tra cittadino e Stato;- Conseguenze negative assenti o normalmente tollerabili per il soggetto obbligato;- Indennizzo nei limitatissimi casi di conseguenze più serie, a prescindere da colpe;- Ragionevolezza scientifica (criterio comunque flessibile).

La Corte costituzionale si è pronunciata più volte sul tema, a partire dalla sentenza n. 258/1994 per giungere alla recente sentenza n. 5/2018, individuando i presupposti affinché l'obbligo vaccinale possa ritenersi compatibile con i principi previsti dall'art. 32 Cost.

In particolare, la Corte costituzionale ha stabilito che la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'art 32 Costituzione:se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri (sentenza 307/1990);se vi sia la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato salvo che per quelle sole conseguenze temporanee e di scarsa entità;se - nell'ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio - sia prevista la corresponsione di un'equa indennità in favore del danneggiato (sentenza 307/1990).

Questa è stata la posizione che la Corte costituzionale ha assunto con la prima decisione in materia, la sentenza n. 307 del 1990 con la quale si è pronunciata sulla legittimità costituzionale della L. 4 febbraio 1966, n. 51 sull'obbligatorietà della vaccinazione antipoliomielitica.In questa sentenza, la Consulta ha affermato che "la vaccinazione antipoliomielitica per bambini entro il primo anno di vita, come regolata dalla norma denunciata, che ne fa obbligo ai genitori, ai tutori o agli affidatari, comminando agli obbligati l'ammenda per il caso di inosservanza, costituisce uno di quei trattamenti sanitari obbligatori cui fa riferimento l'art. 32 della Costituzione. Tale precetto nel primo comma definisce la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività; nel secondo comma, sottopone i detti trattamenti a riserva di legge e fa salvi, anche rispetto alla legge, i limiti imposti dal rispetto della persona umana".

In altri termini, la Corte enuncia una serie di principi che disciplinano il bilanciamento dei diritti e delle posizioni in campo: diritto alla salute, libertà personale e autodeterminazione del soggetto.Soprattutto, però, la Corte opera una valutazione tenendo conto della dimensione collettiva della salute, basata sul principio di solidarietà fra l'individuo e la collettività, ricavabile dall'art. 2 Costituzione. E' soprattutto questo principio che sta alla base della imposizione del trattamento sanitario: la tutela della salute pubblica nella sua dimensione collettiva fondata sulla solidarietà sociale, giustifica la compressione del diritto alla autodeterminazione (D'ORAZI).

La stessa linea è stata seguita ancor più di recente con la sentenza n. 5 del 2018, relativa alla legittimità costituzionale del D.L. n. 73 del 2017, convertito dalla L. n. 119 del 2017, in materia di vaccinazioni obbligatorie per i minori fino a 16 anni di età in seguito al quesito sottoposto alla Corte dalla Regione Veneto. Anche in tale occasione, la Consulta ha sottolineato che la scelta di imporre come obbligatori determinati trattamenti vaccinali non è una scelta illegittima o irragionevole, poiché volta a tutelare la salute individuale e collettiva e fondata sul dovere di solidarietà nel prevenire e limitare la diffusione di alcune malattie.Che gli obblighi vaccinali possano essere disposti con legge lo dice chiaramente l'art. 32 Cost. quando pone accanto al diritto alla salute anche l'interesse della collettività.

La Costituzione stabilisce che la Repubblica tutela la salute, aggiungendo che lo fa sia per tutelare un diritto dell'individuo, sia per assicurare un interesse della collettività. La conseguenza di queste due disposizioni è che possono essere disposti trattamenti sanitari obbligatori. La Corte costituzionale ha aggiunto che la legge che li dispone deve essere non discriminatoria e proporzionata.Il punto è che il decreto Lorenzin 73/2017 aveva ad oggetto vaccini scientificamente sperimentati da lungo tempo, che avevano avuto un'autorizzazione al commercio di tipo standard. Con i vaccini anti-Covid non siamo nella stessa situazione. E questo avrebbe potuto creare qualche problema (invero, fino a qualche giorno fa).Tutti i vaccini anti-Covid erano stati autorizzati dall'Ema con una procedura speciale detta "autorizzazione condizionata" al commercio, cioè con una procedura abbreviata che non fornisce le stesse certezze scientifiche dall'autorizzazione standard.

È una sorta di procedimento abbreviato, sottoposto a verifiche in corso d'opera. Dura un anno e può essere reiterata dopo valutazione.Rendere obbligatorio un vaccino approvato con procedure ordinarie implica determinate e "tipiche" questioni giuridiche. Ma qui siamo (eravamo) di fronte a vaccini approvati con autorizzazioni provvisorie e a termine.

La Corte costituzionale ha affermato che il legislatore, in materia sanitaria, è vincolato dalle risultanze tecnico-scientifiche di settore. Così come è tenuto all'esigenza di rispettare l'integrità fisica e psichica della persona (vedi anche sentenza Cartabia n. 5/2018 sugli obblighi vaccinali).Secondo alcuni giuristi, per imporre un obbligo vaccinale generalizzato si dovrebbe attendere il passaggio dall'autorizzazione condizionata all'autorizzazione standard, per usare il linguaggio dell'Ema. Altrimenti si rischia di imporre un obbligo fondato su basi scientifiche incomplete e provvisorie. Con tutto quel che ne verrebbe in termini di responsabilità e di indennizzi. Oltre che di credibilità di chi introducesse tale obbligo (MANGIA).Il quadro è di recente cambiato.

La Food and Drug Administration, l'organo che gestisce la valutazione dei farmaci negli Usa, ha dato l'approvazione completa e definitiva al vaccino anti Covid della Pfizer. Fino a questo momento il siero era stato usato con un'autorizzazione d'emergenza ottenuta l'11 dicembre del 2020.La decisione è arrivata dopo gli ultimi dati aggiornati su test clinici, compresi quelli più a lungo termine. Le valutazioni sono state fatte su più di 40mila persone. Resta l'uso emergenziale per i bambini dai 12 ai 15 anni e per la somministrazione della terza dose nelle persone immunocompromesse.È il primo vaccino ad avere l'autorizzazione definitiva, l'approvazione completa. Fra qualche settimana potrebbe arrivare anche per il vaccino Moderna.Si è passati cioè dalla autorizzazione d'emergenza all'approvazione definitiva.Secondo gli esperti, questa decisione conferma che il vaccino in questione, così come gli altri vaccini autorizzati per uso clinico in uso emergenziale o secondo il criterio dell'approvazione condizionata in Europa, rispondono ai criteri scientifici più stringenti relativi al processo di produzione, al profilo di sicurezza ed efficacia immunizzante.Il passaggio successivo potrebbe essere quello per il legislatore di introdurre provvedimenti di legge che possano imporre l'obbligo della vaccinazione.

Alla questione della obbligatorietà dei vaccini anti Covid si affianca quella del Green pass.La misura non sarebbe quella della imposizione di un obbligo giuridico generalizzato, ma di utilizzare uno strumento che postula un'adesione volontaria. L'uso della forza ha sempre bisogno di una base di consenso costruito su un'etica condivisa (MANGIA).Il cosiddetto green pass non comporta un obbligo generalizzato ma, come è stato osservato da illustre giurista, costituisce un requisito o una idoneità (CASSESE). "Così come si richiede la patente per poter guidare un'automobile in un luogo pubblico o aperto al pubblico, si richiede una vaccinazione e la relativa certificazione per poter frequentare cinema, discoteche, ristoranti, scuole. Per l'esattezza, il green pass, a sua volta, non è una certificazione di vaccinazione perché certifica anche altri stati, quali quello di contagiato e guarito o quello di persona che ha subito un test antigenico. In questo caso, il green pass ha durata diversa. Anche un'idoneità o requisito di questo tipo dovrebbe comunque essere disposta con legge, come con il decreto legge 44 di quest'anno è stato disposto il requisito della vaccinazione per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori sanitari nelle strutture sanitarie pubbliche e private e negli studi professionali. Anche in questo caso vi sono provvedimenti di carattere latamente sanzionatorio, come la sospensione delle prestazioni, l'assegnazione a mansioni diverse, anche di carattere inferiore e, ove ciò non sia possibile, la sospensione della retribuzione" (CASSESE).E' il sistema delle libertà autorizzate.

La possibilità di disporre trattamenti sanitari obbligatori generali, il rimedio più ampio, contiene il rimedio più limitato. Altro problema è quello della progressività nell'introduzione dei diversi rimedi e obblighi, anche dal punto di vista soggettivo, cioè dell'ambito di applicazione. L'obbligatorietà della certificazione verde è però cosa diversa dall'obbligo di vaccinazione. La certificazione verde non equivale alla vaccinazione. Viene infatti rilasciata a tre categorie di soggetti: chi si è vaccinato contro il Covid-19, chi ha ottenuto un risultato negativo al test molecolare/antigenico, chi è guarito dal Covid-19.

La Corte Costituzionale si è pronunciata più volte sulla materia, a partire dalla sentenza n. 258/1994 per giungere alla più recente sentenza n. 5/2018, delineando i presupposti, affinché l'obbligo vaccinale possa ritenersi compatibile con i principi dell'art. 32 della Costituzione.

In particolare, la Corte costituzionale ha statuito che "la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l'art. 32 della Costituzione:a) "se il trattamento sia diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacché è proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettività, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione dell'uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale (cfr. sentenza 1990 n. 307);

b) se vi sia "la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze, che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili");

c) se nell'ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio - ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica - sia prevista comunque la corresponsione di una "equa indennità" in favore del danneggiato (cfr. sentenza 307 cit. e v. ora legge n. 210/1992). E ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria, la quale "trova applicazione tutte le volte che le concrete forme di attuazione della legge impositiva del trattamento o di esecuzione materiale di esso non siano accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalità che lo stato delle conoscenze scientifiche e l'arte prescrivono in relazione alla sua natura" (sulla base dei titoli soggettivi di imputazione e con gli effetti risarcitori pieni previsti dall'art. 2043 c.c.: sentenza n. 307/1990 cit.)".

Per la Corte, i principi costituzionali subordinano la legittimità dell'obbligo vaccinale all'imprescindibilità di un "corretto bilanciamento tra la tutela della salute del singolo e la concorrente tutela della salute collettiva, entrambe costituzionalmente garantite".A rafforzare la tesi della legittimità dell'obbligo vaccinale, v'è stata anche una recente pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo. I Giudici hanno respinto la richiesta di sospensiva dell'obbligo vaccinale proposta da alcuni pompieri francesi. Il ricorso era stato fatto contro la legge francese del 5 agosto 2021. Pronunciandosi sul caso in questione (Corte EDU, 24 agosto 2021, n. 41950/21), in cui si discuteva della legittimità della normativa interna che impone agli impiegati pubblici e, segnatamente, ai vigili del fuoco ricorrenti, l'obbligo della vaccinazione contro il Covid-19, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha respinto la richiesta di applicazione delle misure ad interim, ritenendo che non vi fosse alcun fumus di violazione delle norme convenzionali evocate che tutelano il diritto alla vita ed il diritto alla vita privata e familiare. Se da un lato ci sono la rivendicazione dei propri diritti e della libertà personale, dall'altro ci sono il pericolo pandemia e il rischio contagi.

La libertà di ciascuno di non vaccinarsi trova un limite nel diritto altrui a non essere contagiato. Lo Stato può imporre, ricorrendone i presupposti e le condizioni, sacrifici al godimento da parte del singolo del diritto di autodeterminarsi in ordine alle scelte che investono la propria salute, al fine di perseguire quegli interessi superindividuali che - senza tale compressione dei diritti individuali - verrebbero messi in pericolo. La facoltà dello Stato di imporre limitazioni siffatte trova fondamento, innanzitutto, nel principio solidaristico enunciato dall'art. 2 Costituzione, poiché ad esso corrispondono quei "doveri di solidarietà politica, economica e sociale", che fungono da contraltare al riconoscimento e alla garanzia, da parte della Repubblica, dei "diritti inviolabili dell'Uomo". In ciò si concreta il "limite funzionalistico" ricavabile dal principio della libertà-dignità, "perché richiama il singolo al rispetto che egli deve agli altri e a se stesso in quanto persona, essere umano inserito in una comunità che chiama ciascuno e tutti a concorrere al bene comune" (D'ORAZI). In conclusione, la questione sulla legittimità dell'obbligo vaccinale previsto per legge passa da quella dei rapporti tra libertà individuale e principio di solidarietà.Ad avviso di chi scrive, il diritto di autodeterminazione del singolo deve risultare recessivo rispetto all'interesse pubblico alla tutela della salute nel contesto della grave epidemia in atto; tale interesse pubblico deve costituire l'oggetto primario delle valutazioni e delle scelte del legislatore, cui incombe l'esigenza di una modulazione anche temporale delle misure di sanità pubblica nella prospettiva del massimo contenimento del rischio.Il diritto di autodeterminazione deve ritenersi recessivo in conseguenza della accertata "non prevalenza" dell'interesse del singolo e del correlato pregiudizio rispetto alla accertata "prevalenza" dell'interesse pubblico della tutela della salute, in applicazione del principio di precauzione.30/08/2021

a cura dell'avv. Giovanni Maria di Lieto , Avvocato del Foro di Salerno. Studio Legale di Lieto

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