Omicidio colposo: serve un’attenta valutazione su prevedibilità ed evitabilità dell’evento
In tema di reato colposo, il principio di colpevolezza va declinato tenendo conto del fatto che si verta in ipotesi di violazione di norme cautelari cosiddette “aperte” o di colpa generica (nella specie, trattavasi di addebito di negligenza), nel senso che, per configurare l'elemento soggettivo della colpa per violazione della regola precauzionale, s'impone, caso per caso, un'attenta valutazione della prevedibilità ed evitabilità dell'evento, da considerarsi alla stregua dell'agente modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall'agente reale . Il principio è stato enunciato dalla sezione IV della Cassazione penale con la sentenza 53455 del 2018.
L a vicenda riguardava tre Carabinieri a cui si addebitava il decesso di una persona arrestata, per evento patologico verificatosi durante le operazioni di immobilizzazione. La Corte ha escluso la responsabilità - ipotizzata a titolo di negligenza - a carico degli operanti, valorizzando il limitatissimo lasso temporale entro cui gli stessi avrebbero potuto accorgersi dell'insorgenza della patologia, l'assenza di una disciplina cautelare specifica - intervenuta solo successivamente con circolare del Comando generale dell'Arma dei Carabinieri -, l'impraticabilità di sostenere che gli stessi di fossero discostati dal comportamento che - con valutazione ex ante - avrebbe dovuto tenere l'agente modello.
La Corte, apprezzandolo alla luce dell'addebito di colpa generica per negligenza elevato a carico degli imputati, ha fatto applicazione del principio ormai consolidato in tema di reato colposo, secondo cui l'applicazione del principio di colpevolezza esclude qualsivoglia automatico addebito di responsabilità, a carico di chi pure ricopre la posizione di garanzia, imponendo la verifica in concreto della violazione da parte di tale soggetto della regola cautelare (generica o specifica) e della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare mirava a prevenire (la cosiddetta “concretizzazione” del rischio).
Infatti, l'individualizzazione della responsabilità penale impone di verificare non soltanto se la condotta abbia concorso a determinare l'evento (ciò che si risolve nell'accertamento della sussistenza del “nesso causale”) e se la condotta sia stata caratterizzata dalla violazione di una regola cautelare, generica o specifica (ciò che si risolve nell'accertamento dell'elemento soggettivo della “colpa”), ma anche se l'autore della stessa (in ipotesi, il titolare della posizione di garanzia in ordine al rispetto della normativa precauzionale che si ipotizzava produttiva di evento lesivo mortale) potesse “prevedere” ex ante quello “specifico” sviluppo causale ed attivarsi per evitarlo. In quest'ottica ricostruttiva, occorre poi ancora chiedersi se una condotta appropriata (il cosiddetto “comportamento alternativo lecito”) avrebbe o no “evitato” l'evento: ciò in quanto si può formalizzare l'addebito solo quando il comportamento diligente avrebbe certamente evitato l'esito antigiuridico o anche solo avrebbe determinato apprezzabili, significative probabilità di scongiurare il danno (tra le tante, sezione IV, 6 novembre 2009, Morelli).
Cassazione – Sezione IV penale – Sentenza 29 novembre 2018 n. 53455