Onorari professionali, chiarimenti della Cassazione su determinazione dell'importo e condanna alle spese
La Cassazione con l'ordinanza n. 28425/2020 afferma che in assenza di proposta conciliativa non possono essere accollate le spese di giudizio se all'esito del processo il quantum richiesto viene ridimensionato
Nella vigenza delle tariffe di cui al Dm 127/2004, il giudice determina l'importo degli onorari liberamente, non potendo scendere sotto il minimo previsto e non dovendo giustificare la scelta di non aver liquidato un importo compreso tra il minimo e il massimo. A dirlo è la Cassazione con l'ordinanza n. 28425/2020, con la quale si afferma altresì che, in assenza di proposta conciliativa ex articolo 91 comma 1 cod. proc. civ., non possono essere accollate le spese di giudizio se all'esito del processo il quantum richiesto viene ridimensionato.
Il caso - La vicenda vede come protagonisti un avvocato amministrativista e una sua cliente, alla quale il legale aveva chiesto il pagamento per l'attività difensiva svolta in suo favore, consistita nella redazione di un ricorso amministrativo, nella discussione della richiesta sospensiva e in pubblica udienza. La somma totale pretesa dal professionista era superiore ai 7 mila euro e, per riscuoterla, l'avvocato aveva richiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo, confermato dal giudice di primo grado. La Corte d'appello, tuttavia, riduceva l'importo complessivo a poco più di 2 mila euro, applicando al caso di specie le tariffe di cui al Dm 127/2004 nella soglia minima prevista, trattandosi di attività semplice.
La decisione lasciava però entrambe le parti scontente, sicché sia l'avvocato che la sua cliente ricorrevano in Cassazione, il primo perché riteneva ingiusto il ritocco verso il basso della sua parcella; la seconda perché contestava le spese legali poste a suo carico nonostante la rideterminazione del quantum richiesto dal legale. La Suprema corte boccia però entrambi i ricorsi.
La determinazione del compenso - Quanto a quello del legale, i giudici di legittimità ritengono irrilevante che il giudice distrettuale abbia deciso di applicare i minimi tariffari e non, invece, di liquidare un importo compreso tra il minimo e il massimo. Ebbene, nella vigenza del sistema tariffario, ricorda la Cassazione, la determinazione degli onorari dell'avvocato «costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice, che, se contenuto tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede una motivazione specifica e non può formare oggetto di sindacato in sede di legittimità». In sostanza, precisa il Collegio, il giudice non è tenuto a spiegare il perché abbia scelto di liquidare gli onorari in una certa somma anziché in altra, fermo l'obbligo di non determinarli in misura inferiore.
Le spese legali - Quanto al ricorso della cliente, i giudici di legittimità ribadiscono l'interpretazione dell'articolo 91 comma 1 cod. proc. civ., per il quale ove il giudice accolga la domanda in misura non superiore a eventuale proposta conciliativa, le spese successive vanno poste a carico della parte che abbia ingiustificatamente rifiutato l'offerta. Ebbene, nella fattispecie, la domanda volta a ottenere il pagamento dei compensi è stata sì accolta per un importo inferiore a quanto inizialmente richiesto con il ricorso monitorio, ma non vi è traccia della formulazione di un proposta conciliativa con la quale la cliente abbia offerto il pagamento di una somma pari o superiore a quella liquidata in giudizio.
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Francesco Machina Grifeo
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