Ora di religione, stop ritardi su materie alternative o rischio discriminazione
Il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso dell'Uaar disponendo per gli anni futuri
D'ora in avanti, coloro che sceglieranno di non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica, avranno il diritto di pretendere che la definizione delle attività alternative non venga rinviata, come accade ora, all'inizio dell'anno scolastico, con la consueta coda di disfunzioni e ritardi, ma sia tempestiva. Solo così infatti si evita di mettere a rischio il principio di non discriminazione religiosa. Lo ha stabilito il Tar del Lazio, con la decisione, n. 10273/2020 depositata oggi, accogliendo il ricorso dell'Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (Uaar) contro il Ministero dell'Istruzione.
La Terza Sezione bis ha così disposto l'annullamento della circolare del Miur del 17 dicembre 2012, n. 96 recante "Istruzioni relative alle iscrizioni alle scuole dell'infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado per l'a.s. 2013/2014", limitatamente alla parte in cui dispone che la scheda C recante "Modulo integrativo per le scelte degli alunni che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica" sia c onsegnata ad inizio anno scolastico.
Come accertato in corso di giudizio (fatto che ha contribuito alla legittimazione ad impugnare della associazione ricorrente), la circolare viene "costantemente ripetuta con identico contenuto per ogni anno scolastico". All'ente associativo dunque è stato riconosciuto di agire "a difesa degli interessi di tutela dei valori di carattere morale, spirituale e/o confessionale toccati dall'organizzazione scolastica per gli anni a venire".
"Se è vero – argomenta nel merito il Tar - che al fine di non condizionare dall'esterno la coscienza individuale nell'esercizio di una libertà religiosa sia necessaria la scissione tra scelta di non avvalersi della religione cattolica e scelta delle attività alternative (C. Cost. 13/1991), questa seconda, pur successiva alla prima, deve avvenire in tempi che garantiscano la tempestiva programmazione e l'avvio dell'attività didattiche secondo quanto richiesto dai principi di ragionevolezza e buon andamento".
"Il rinvio della seconda opzione all'incipit dell'anno scolastico – prosegue il ragionamento - contrasta con la possibilità di tempestiva organizzazione ed idonea offerta delle attività alternative, con conseguente inizio ad anno scolastico ormai avviato e con soluzioni formative inadeguate o inesistenti che possono portare all'effettiva frustrazione del principio di non discriminazione per motivi religiosi e del diritto di insegnamento".
La ricorrente, ricostruisce la decisione, ha infatti dimostrato che "l'attuale notevole scissione della tempistica comporta notevole ritardo nella raccolta (a volte) dell'apposito modulo (prevista per l'inizio di ottobre), nella programmazione ed attivazione delle attività didattiche alternative (raccolta disponibilità da ottobre inoltrato a novembre ed assegnazione degli insegnanti a fine novembre)". Determinando una "situazione di provvisorietà nei mesi di attivazione delle attività alternative degli studenti che hanno scelto di non frequentare la scuola durante l'ora di religione, i quali vengono inviati in biblioteca o in altri locali senza progetto o in altre classi o (addirittura) con disposizione di permanenza nella propria classe durante l'ora di religione che loro hanno espresso non voler frequentare, a volte la rinuncia della scuola alla formazione, con previsione, senza alternative l'uscita da scuola degli studenti non frequentanti".
La Sezione terza bis ha così stabilito "l'obbligo conformativo della p.a. per gli anni scolastici a venire".
«Ora il Miur – commenta il presidente dell'Uaar Roberto Grendene - dovrà modificare la circolare delle iscrizioni per l'anno 2021/22, prevista in pubblicazione tra due mesi». «Chiediamo – conclude - che siano date precise indicazioni alle scuole in modo che fin dal primo giorno di scuola siano garantite tutte le alternative all'Irc. In particolare insegnante, aula e programma didattico per bambini di 3-11 anni, senza che siano vergognosamente messi in corridoio, smistati in altre classi o peggio ancora lasciati a subire l'insegnamento "conforme alla dottrina della Chiesa" impartito da docenti scelti dal vescovo e pagati dallo Stato».