Ordine d’indagine europeo con più spazio alla difesa
Senza decreto di riconoscimento e senza la sua comunicazione al difensore, l’ordine d’indagine europeo non deve essere eseguito. Lettura garantista della Cassazione su uno dei nuovi strumenti chiave della cooperazione penale europea. In una vicenda di evasione fiscale internazionale, la sentenza n. 14413 della Sesta sezione ha annullato l’ordinanza del Gip di Torino con la quale era stata invece avallata la condotta del Pm che aveva dato corso all’atto richiesto dall’autorità giudiziaria tedesca nei confronti di un cittadino italiano (perquisizione, ricerca di oggetti, sequestro) senza notificare né prima né dopo il decreto di riconoscimento alla difesa.
La Corte mette in evidenza come i compiti affidati alla magistratura, che agisce in esecuzione di un ordine d’indagine, si riassumono nell’attività di «ricevere», «riconoscere» e «dare esecuzione». Le fasi della ricezione, del riconoscimento e dell’esecuzione sono certo collegate sul piano temporale e logico, ma sono invece distinte su quello funzionale e mai sovrapponibili. In questo senso si misura la distanza, ricorda la sentenza, rispetto all’antecedente storico, il mandato d’arresto europeo, dove non esiste distinzione tra riconoscimento ed esecuzione.
Va poi tenuto presente il quadro complessivo delle garanzie che pure la disciplina dell’ordine d’indagine ha ribadito. Il nuovo articolo 696 ter del Codice di procedura penale, infatti, prevede di dare corso alla misura di cooperazione, a patto che non esistano «fondate ragioni» per ritenere che la persona interessata possa subire una grave violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano.
Nel caso approdato in Cassazione, peraltro, non esiste proprio traccia, ricostruisce la Cassazione, di un decreto motivato di riconoscimento emesso dal Pm secondo le forme previste dal decreto legislativo 108 del 2017. Esiste solo la conferma del ricevimento dell’ordine d’indagine emesso dalla magistratura tedesca. Si tratta di un adempimento materiale che si concretizza nella redazione di un atto dal contenuto predeterminato, con una finalità unicamente informativa e del tutto autonomo rispetto al decreto motivato di riconoscimento che il Pm avrebbe dovuto adottare entro 30 giorni dal ricevimento dell’ordine d’indagine.
Il decreto di perquisizione e sequestro riporta nella motivazione la contestazione dei reati di evasione fiscale e il fatto che l’adozione è dovuta a una domanda della magistratura straniera. Non si trova invece e neanche si può ricavare una qualche forma di argomentazione che supporti il riconoscimento che si dà invece per acquisito.
In questo modo, però, non si è permesso alla difesa di intervenire eccependo in maniera tempestiva l’esistenza di eventuali motivi di rifiuto del riconoscimento o dell’esecuzione, oppure l’assenza di proporzionalità dell’attività richiesta, ottenendo di conseguenza lo stop di perquisizione e sequestro.
Corte di cassazione – Sentenza 14413