Penale

Pena illegale, il giudice dell’esecuzione può rimodularla

Lo ha stabilito la Prima sezione penale, sentenza 27435/2024, con riguardo alla mancata applicazione da parte del tribunale delle sanzioni previste per i reati attribuiti al giudice di pace

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di Francesco Machina Grifeo

L’illegalità della pena, derivante dall’erronea applicazione, da parte del tribunale, di una pena detentiva per un reato attribuito alla cognizione del giudice di pace, è deducibile innanzi al giudice dell’esecuzione. A tale giudice, infatti, spetta provvedere alla rimodulazione della pena secondo una valutazione da compiere alla luce della singola vicenda processuale, che riguardi anche l’eventuale concessione della sospensione condizionale, beneficio estraneo ai poteri del giudice di pace. Lo ha chiarito la Prima sezione penale, sentenza 27435/2024, affermando un principio di diritto.

Accolto dunque (con rinvio) il ricorso di un uomo di origine marocchina contro il provvedimento del Tribunale di Modena che, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva, in accoglimento dell’istanza avanzata dall’imputato, unificato i reati (lesioni e minaccia) giudicati con due sentenze e rideterminato la pena in nove mesi di reclusione (dei quali tre mesi, relativi ai reati giudicati con la prima sentenza, sostituiti con la multa di euro 22.500).

Il ricorrente ma anche il Pg hanno richiamato la decisione delle Sezioni Unite (n. 12759/2023) secondo la quale «appartiene al giudice di pace, dopo l’entrata in vigore delle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 1, lett. b), Dlgs 10 ottobre 2022, n. 150, la competenza per materia ex art. 4, comma 1, lett. a), Dlgs 28 agosto 2000, n. 274 in ordine al delitto di lesione personale di cui all’art. 582 cod. pen., nei casi procedibili a querela, anche quando comporti una malattia di durata superiore a venti giorni e fino a quaranta giorni, fatte salve le ipotesi espressamente escluse dall’ordinamento».

L’affermazione, secondo la quale deve essere rideterminata la pena illegale della reclusione inflitta dal tribunale per un reato di competenza del giudice di pace - prosegue la decisione -, è condivisibile, pur dovendosi precisare che, nel caso in esame, il reato di lesioni personali “lievi” (prognosi di cinque giorni) per il quale il ricorrente è stato condannato era già di competenza del giudice di pace alla data della commissione (29 gennaio 2014), sicché le sanzioni applicabili erano soltanto quelle individuate dall’art. 52 del d.lgs. n. 274 del 2000.

Il caso in esame, spiega la Corte, è regolato dal principio espresso dalle S.U. n. 38809/2022 (Miraglia) in cui si afferma che «spetta alla Corte di cassazione ... il potere, esercitabile anche in presenza di ricorso inammissibile, di rilevare l’illegalità della pena determinata dall’applicazione di sanzione ab origine contraria all’assetto normativo vigente perché di specie diversa da quella di legge o irrogata in misura superiore al massimo edittale”. Il principio è stato affermato in un caso in cui per il reato di lesioni si è proceduto all’irrogazione della pena detentiva, in luogo delle sanzioni previste, per i reati di competenza del giudice di pace.

La sentenza, dunque, si è volutamente discostata dal precedente a S.U. n. 47766/2015 (Butera). Secondo questo indirizzo infatti «l’illegalità della pena, derivante dall’omessa erronea applicazione da parte del tribunale delle sanzioni previste per i reati attribuiti alla cognizione del giudice di pace, non è deducibile innanzi al giudice dell’esecuzione, giacché la richiesta rimodulazione della pena comporta una valutazione complessiva di tutti i parametri di commisurazione del trattamento sanzionatorio, del tutto eccentrica rispetto all’ambito di intervento del giudice dell’esecuzione».

Si trattava, anche in questo caso, di una fattispecie, scrive la Corte, “assai simile” a quello oggetto dell’odierno giudizio nel quale il giudice dell’esecuzione, nell’unificare più reati ex art. 671 cod. proc. pen., ha mantenuto ferma, prendendola pure a riferimento come pena base, la sanzione della reclusione inflitta dal Tribunale per il delitto di lesioni per il quale, già all’epoca della commissione, erano applicabili soltanto le sanzioni previste dall’art. 52 d.lgs. n. 274 del 2000.

La decisione presa col provvedimento impugnato è però errata in diritto. Il superamento dell’indirizzo giurisprudenziale di Sez. U, Butera, impone infatti di fare applicazione del diverso principio, riconosciuto da Sez. U, Miraglia, che può essere così enunciato: «l’illegalità della pena, derivante dall’omessa erronea applicazione da parte del tribunale delle sanzioni previste per i reati attribuiti alla cognizione del giudice di pace, è deducibile innanzi al giudice dell’esecuzione cui spetta di provvedere alla rimodulazione della pena secondo una valutazione da compiere di volta in volta alla luce della singola vicenda processuale che riguardi anche l’eventuale concessione della sospensione condizionale della pena, beneficio estraneo ai poteri del giudice di pace».

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