Per l’ok alla probation nei reati edilizi l’abuso va eliminato
Nei reati edilizi l’esito positivo della messa alla prova è subordinato all’integrale demolizione dell’abuso. Sul rapporto tra questo tipo di reati e la probation, introdotta con la legge 67/2014, la Cassazione fornisce alcuni chiarimenti con la sentenza 39455/2017 depositata il 28 agosto. La modalità alternativa per definire il processo (ex articolo 168-bis del Codice penale) – attivabile anche in fase di indagini preliminari – consente di arrivare a una pronuncia di proscioglimento per estinzione del reato, nel caso in cui abbia esito positivo il periodo di prova concesso dal giudice, che ne verifica i presupposti.
Nella circostanza in esame, la Suprema corte respinge il ricorso del Pm contro la decisione del Tribunale, nella parte in cui – dopo aver dichiarato estinto il reato di lottizzazione abusiva in una zona vincolata – per l’esito positivo della messa alla prova il giudice di merito aveva omesso di disporre la demolizione delle opere abusivamente realizzate.
La Cassazione rigetta sì il ricorso del Procuratore generale, ma affermando che la questione è mal posta. L’ordine di demolizione è infatti una sanzione amministrativa di tipo ablatorio e può essere “accessivo” solo a una sentenza di condanna, perché non basta l’accertamento dell’abuso. Quindi, contrariamente a quanto sostenuto dal Pg, e malgrado la natura di sanzione amministrativa, l’ordine di demolizione non può essere applicato nella probation (in cui la condanna non c’è). Questo non vuol dire – precisa la Cassazione – che l’ordine di demolizione resti precluso per l’estinzione del reato: anzi, proprio in forza delle norme sulla probation, potrà e dovrà essere irrogato dall’autorità amministrativa, se ci sono gli estremi.
Il problema da mettere a fuoco, tuttavia, era in realtà l’impossibilità di dichiarare l’esito positivo della messa alla prova, senza prima verificare le azioni “riparatorie” da parte dell’imputato. La Suprema corte sottolinea che, nonostante l’incompletezza della norma (articolo 168-bis del Codice penale), è da escludere la possibilità per l’imputato di esercitare un diritto alla messa alla prova in presenza di reati edilizi, inclusi nella forbice edittale prevista, senza che il giudice ne abbia valutato i presupposti. Escluso qualunque automatismo, va ancora considerato che, secondo la testuale previsione dell’articolo 168-bis, la probation «comporta la prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato». La Cassazione precisa che dev’essere chiaro che la sola eventuale prestazione al servizio sociale non ha alcuna efficacia, ai fini del superamento della messa alla prova, in assenza di condotte tese a eliminare il danno e il pericolo che derivano dal reato.
In questo senso, l’obiezione mossa dal Pg è “fuori fuoco” «nella misura in cui, nella materia edilizia, la corretta applicazione, da parte del giudice, della sospensione del processo con messa alla prova passa, doverosamente, per la preventiva verifica dell’effettuazione da parte dell’imputato delle condotte atte a ripristinare l’assetto urbanistico violato con l’abuso, o mediante la sua piena e integrale demolizione ovvero mediante la sua riconduzione, ove possibile alla legalità, attraverso il rilascio di un legittimo titolo abilitativo in sanatoria». Tale verifica, almeno nella normalità dei casi, rende implicitamente superata la problematica del potere/dovere del giudice di ordinare la demolizione, anche a seguito della sentenza adottata in base all’articolo 168-ter del Codice penale. Perché l’ordine giudiziale non avrebbe più ragione di essere, una volta accertata l’eliminazione delle conseguenze.