Lavoro

Periodo di comporto e ferie, i diversi interessi “in gioco”

La Cassazione ha ribadito che il lavoratore può chiedere di usufruire delle ferie per non superare il comporto

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di Paolo de Berardinis e Irene Nisio (*)

La Suprema Corte ha, di recente, ribadito, con l’Ordinanza n. 26997 del 21 settembre 2023, taluni condivisibili principi in merito ad una questione, sempre delicata, costituita dal superamento del periodo di comporto e delle “azioni” che il lavoratore può porre in essere al fine di evitarne il compimento.
L’equilibrio tra gli interessi datoriali e quelli del dipendente è, in tale ambito, piuttosto labile, atteso che il licenziamento per superamento del periodo di comporto - sebbene costituisca una delle ipotesi meno arbitrarie di recesso, essendo ancorato a criteri estremamente oggettivi (i.e. il computo dei giorni di assenza di malattia) - costituisce una scelta del datore di lavoro non sempre facile.
Una delle richieste che il lavoratore può avanzare, al preciso fine di evitare il superamento del periodo di comporto, è quella di poter fruire di un periodo di ferie. Così facendo il lavoratore non perderà il trattamento retributivo.

Le precisazioni della Cassazione
I Giudici di legittimità hanno, dunque, ancora una volta chiarito che:
- il lavoratore assente per malattia ha facoltà di richiedere la fruizione delle ferie se maturate e chiaramente non godute, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto, non sussistendo una incompatibilità assoluta tra malattia e ferie;
- a detta facoltà non corrisponde comunque un obbligo assoluto del datore di lavoro di accedere alla richiesta, ove ricorrano ragioni organizzative di natura ostativa, che per essere opposte devono essere concrete ed effettive (cfr., altresì, Cass. civ., sez. lav., 14.9.2020, n. 19062);
- l’obbligo del datore di lavoro non è ragionevolmente configurabile allorquando il dipendente abbia, in alternativa alla ferie, la possibilità di fruire di diversi istituti legali o contrattuali che gli consentano di evitare la risoluzione del rapporto per superamento del periodo di comporto. Questo è il caso di quelle previsioni quali il collocamento in aspettativa non retribuita, come disposta da numerosi contratti collettivi.
Può dirsi, dunque, che, sebbene il lavoratore assente per malattia non abbia incondizionata facoltà di sostituire alla malattia la fruizione delle ferie, allo scopo predetto, è altrettanto vero, e condivisibile, che il datore di lavoro, di fronte ad una tale richiesta, debba effettuare una valutazione ponderata ed adeguata rispetto alla singola posizione del dipendente esposto alla possibilità della perdita del posto di lavoro.
Dovendo cercare di rassegnare in via sintetica le possibilità che possono avverarsi, si avrà che:
a) la richiesta del prestatore va respinta solo se esistano fondate e documentabili ragioni per le quali l’attribuzione delle ferie non sia possibile;
b) il datore di lavoro non potrà negare il godimento dell’aspettativa laddove prevista dal CCNL applicato; in tal caso la scelta del prestatore è vincolante.

(*) Studio legale de Berardinis Mozzi

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