Comunitario e Internazionale

Preparazioni officinali: vendita in farmacia senza autorizzazione

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di Marina Castellaneta

Un preparato officinale, prodotto giornalmente in farmacia in quantità limitata e direttamente rivolto a un paziente che lo richiede, non può essere classificato come “medicinale preparato industrialmente”. Di conseguenza, non è necessario chiedere l'autorizzazione all'immissione in commercio e non scattano i divieti in materia di pubblicità perché non trova applicazione la direttiva 2001/83 che contiene un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (recepita con Dlgs n. 219 del 24 aprile 2006). È quanto ha stabilito la Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza del 26 ottobre, causa C-276/15 (Hecht-Pharma).

La vicenda arrivata a Lussemburgo vede contrapposte un'azienda farmaceutica tedesca, che produce integratori alimentari come capsule di estratto di incenso, e una farmacia, sempre con sede in Germania, che vende, anche grazie a una promozione pubblicitaria, prodotti equivalenti senza un'autorizzazione all'immissione in commercio. L'azienda tedesca aveva chiesto al giudice nazionale l'adozione di un provvedimento inibitorio ma, sia in primo sia in secondo grado, la domanda era stata respinta. Di qui il ricorso in Cassazione e la decisione della Suprema Corte, prima di risolvere la controversia, di sottoporre ai giudici Ue un quesito pregiudiziale sulla direttiva 2001/83.

Nodo centrale è la questione dell'ambito di applicazione della direttiva che si occupa dei medicinali per uso umano, destinati ad essere immessi in commercio negli Stati membri, e preparati industrialmente, nozioni che, in vista dell'obiettivo principale della tutela della salute pubblica, devono essere interpretati in modo ampio. Così, sono inclusi, in via generale, i preparati in cui interviene un processo industriale che è tale anche in rapporto alla quantità dei medicinali prodotti. Necessario, poi, - osserva Lussemburgo – che siano presenti successioni di operazioni meccaniche o chimiche “al fine di ottenere un prodotto standardizzato in quantità significative”. Se il medicinale non è prodotto industrialmente e in quantità ampia, ma lo è con processi artigianali – come nel caso dei preparati oggetto della controversia – la direttiva non si applica. La farmacia, che ha messo in vendita il preparato officinale, infatti, lo ha fatto senza avvalersi di un processo industriale e in quantità ridotta (circa 215 confezioni l'anno). Indicati gli elementi base, la Corte passa la parola ai giudici nazionali che devono verificare l'effettiva presenza delle condizioni.

Lussemburgo ha anche chiarito che la direttiva non va applicata ai medicinali preparati in farmacia “in base alle indicazioni di una farmacopea ... destinati ad essere forniti direttamente ai pazienti che si servono di tali farmaci (detti formula magistrale)”. In tal caso, è possibile vendere il prodotto, che astrattamente rientrerebbe nel perimetro di applicazione della direttiva, senza autorizzazione all'immissione in commercio e senza che scattino i divieti pubblicitari. Di conseguenza, in presenza di tre condizioni presenti cumulativamente, ossia preparazione dell'integratore in farmacia, rispetto delle indicazioni di una farmacopea e destinazione diretta ai pazienti (medicinali detti formula officinale), la direttiva 2001/83 non si applica grazie alla deroga fissata dall'articolo 3.

Corte di giustizia Ue, sentenza del 26 ottobre 2016

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