Giustizia

Prescrizione, salta l’allungamento dei termini. «Giallo» alla Giustizia

Il ministero chiarisce in serata: una svista per un «mero errore materiale»

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di Giovanni Negri

Un altro elemento che non piacerà ai 5 Stelle sulla riforma della giustizia penale. E un piccolo “giallo”, poi almeno spiegato in serata dal ministero della Giustizia. Alla fine una delle misure che più sarebbe piaciuta al Movimento, oltretutto sul tema incandescente della prescrizione, l’allungamento dei termini per effetto di atti interruttivi è stata cancellata nella versione definitiva degli emendamenti depositati alla Camera.

A fronte di quell’aumento quantificato nella metà del limite previsto per la prescrizione, di norma coincidente con il massimo della pena, proposto dalla commissione Lattanzi, alla fine si rimarrà all’attuale quarto che i tecnici bocciarono ritenendolo «eccessivamente ridotto, specie in rapporto ai termini minimi di prescrizione per le contravvenzioni e per i delitti. Considerata la durata media del processo penale, e considerato altresì che il termine di prescrizione è di norma decorso, in misura significativa, già prima dell’avvio del processo, l’aumento di solo un quarto del termine è destinato a lasciar prescrivere un rilevante numero di reati. La prospettiva concreta della prescrizione, per un rilevante numero di reati, rappresenta un disincentivo alla definizione anticipata del procedimento con riti alternativi, oltre che un incentivo alle impugnazioni».

La riforma avrebbe avuto infatti come misura di chiusura l’innalzamento a un minimo di 6 anni dei termini di prescrizione per le contravvenzione a 9 per i delitti.

Ad alimentare polemiche e dietrologie c’è stata però la trasmissione iniziale alla commissione Giustizia di un testo della riforma che ancora conteneva la modifica rispetto al regime attuale, elevando il limite da un quarto alla metà. Versione diversa da quella approvata la scorsa settimana in Consiglio dei ministri che sul punto nulla ha disposto, lasciando le cose come stanno, per effetto della vecchia legge ex Cirielli. Una semplice svista, ha poi in serata chiarito il ministero attribuendo a un «mero errore materiale» l’invio di un testo diverso.

E ieri in commissione Giustizia si è svolto un round di audizioni. Con l’Anm che, per bocca del presidente Giuseppe Santalucia, ha bocciato il regime di improcedibilità previsto dalla riforma Cartabia, che non «sembra sia un istituto di accelerazione dei processi. L’obiettivo di una riduzione dei tempi è da noi condiviso, ma questo non è uno strumento adatto, non accelera, ma elimina i processi».

Opposto il giudizio del presidente delle Camere penali Gian Donmenico Caiazza per il quale il problema del mancato rispetto dei tempi riguarda un numero limitato di Corti d’appello.

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