Penale

Principio di specialità nel reato di «ragion fattasi»

immagine non disponibile

a cura della Redazione PlusPlus24 Diritto

Reati contro l'amministrazione della giustizia – Esercizio arbitrario delle proprie ragioni – Violenza privata ex articolo 610 c.p. – Principio di specialità.
Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni si differenzia da quello di violenza privata ex articolo 610 c.p. (ugualmente comprensivo dell'elemento della violenza o della minaccia alla persona) non nella materialità del fatto che può essere identica in entrambe le fattispecie, bensì nell'elemento intenzionale. Infatti, nel reato di “ragion fattasi” l'agente deve essere animato dal fine di esercitare un proprio diritto con la coscienza che l'oggetto della pretesa gli competa giuridicamente, pur non essendo richiesto che tale pretesa sia realmente fondata, essendone sufficiente che la ragionevole opinione. Di contro, il reato di violenza privata, che tutela la libertà morale, è titolo generico e sussidiario rispetto la primo in esame, che invece è ricompreso tra i delitti contro l'amministrazione della giustizia: infatti, esso si risolve nell'use della violenza fisica o morale per costringere qualcuno ad un determinato comportamento e, atteso il suo carattere generico e sussidiario, resta escluso in base al principio di specialità, allorché la violenza sia stata usata per uno dei fini particolari previsti per la “ragion fattasi”.
• Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 12 maggio 2017 n. 23391

Reati contro l'amministrazione della giustizia - Tutela arbitraria delle proprie ragioni - Esercizio arbitrario delle proprie ragioni (ragion fattasi) - In genere - Natura - Reato proprio esclusivo o di mano propria - Soggetto attivo - Titolarità del preteso diritto - Necessità - Conseguenze in caso di concorso di persone nel reato - Indicazione.
Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, sia con violenza sulle cose che sulle persone, rientra, diversamente da quello di estorsione, tra i cosiddetti reati propri esclusivi o di mano propria, perciò configurabili solo se la condotta tipica è posta in essere da colui che ha la titolarità del preteso diritto. Ne deriva che, in caso di concorso di persone nel reato, solo ove la condotta tipica di violenza o minaccia sia posta in essere dal titolare del preteso diritto è configurabile il concorso di un terzo estraneo nell'esercizio arbitrario delle proprie ragioni (per agevolazione, o anche morale), mentre, qualora la condotta sia realizzata da un terzo che agisca su mandato del creditore, essa può assumere rilievo soltanto ai sensi dell'articolo 629 c.p.
• Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 3 novembre 2016 n. 46288

Reati contro l'amministrazione della giustizia - Tutela arbitraria delle proprie ragioni - Esercizio arbitrario delle proprie ragioni (ragion fattasi) - In genere - Pretesa arbitrariamente azionata - Ragionevole convinzione della sua legittimità - Necessità - Coincidenza con l'oggetto della tutela concretamente prevista dalla legge - Necessità.
In tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ai fini della configurabilità del reato, occorre che l'autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale, anche se detto diritto non sia realmente esistente; tale pretesa, inoltre, deve corrispondere perfettamente all'oggetto della tutela apprestata in concreto dall'ordinamento giuridico, e non mirare ad ottenere un qualsiasi “quid pluris”, atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall'agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato.
• Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 3 novembre 2016 n. 46288

Reati contro l'amministrazione della giustizia – Tutela arbitraria delle proprie ragioni – Esercizio arbitrario delle proprie ragioni (ragion fattasi) – In genere - Elemento oggettivo (materiale) - Estremi - Violenza sulla cosa - Proprietà della cosa da parte del soggetto attivo - Irrilevanza - Ragioni - Fattispecie.
Ai fini della configurazione del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (articolo 392 c.p.), non è rilevante che la cosa su cui è operata la violenza sia di proprietà del soggetto attivo del reato se la contestazione fra soggetto attivo e passivo abbia per oggetto proprio il diritto di quest'ultimo al mantenimento del bene, su cui è operata la “violenza”, nello stato in cui si trovava. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza di condanna dell'imputato che, al fine di esercitare il preteso diritto di proprietà esclusiva su un fondo, aveva impedito l'accesso alla strada poderale, posta sullo stesso terreno, utilizzata dalla persona offesa per raggiungere il proprio fondo).
• Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 5 febbraio 2016, n. 4879

Violenza privata - Reati contro la persona - Violenza privata - Ragion fattasi - Circostanze del reato - Caratteri e natura della fattispecie - Configurabilità del reato p. e p. dall'articolo 393 c.p.
E' imputabile per il reato p. e p. dall'articolo 610 c.p. il prevenuto che impedendo alla p.o. di uscire dal proprio garage fino a quando non gli avesse risarcito il danno causato dalla rottura dello specchietto retrovisore della propria automobile, si faceva giustizia da sé, pur potendo ricorrere al giudice. Nel caso specifico, però, la vicenda non può certamente essere sussunta sotto il disposto di cui all'articolo 610 c.p. sia per il carattere sussidiario della norma, sia perché la differenza tra la violenza privata ed il delitto di ragion fattasi, di cui all'articolo 392 c.p., pur nell'identità accidentale delle condotte, risiede nell'elemento intenzionale, ossia nella finalizzazione della condotta ad affermare un proprio preteso diritto, caratterizzante il secondo. Tuttavia la condotta dell'imputato non può neppure essere sussunta sotto il disposto di cui all'articolo 392 c.p. difettando, in tal caso, l'elemento della violenza alle cose, che caratterizza “l'ubi consistam” della figura di reato contestata originariamente. Il fatto ascritto nello specifico, invece, deve ricondursi sotto il disposto dell'articolo 393 c.p. e rubricato quale esercizio arbitrario delle proprie ragioni, con violenza alle persone, non potendo definirsi in alcun altro modo la condotta di chi privi l'offeso della libertà di determinazione e di azione.
• Corte d'Appello di Campobasso, sentenza 5 aprile 2013 n. 186

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©