Giustizia

Procura europea: approvati i criteri di nomina per i Pm delegati. Poche chance per i giudici

Il limite di età a 59 anni e la conoscenza della lingue inglese: questi i requisiti richiesti per ricoprire l'incarico

di Alberto Cisterna

Lo scorso 25 febbraio il Csm ha adottato la delibera che regola i criteri e la procedura da seguire per le dichiarazioni di disponibilità e per la designazione dei procuratori europei delegati (Ped) dello Stato italiano così come previsto dall’articolo 5, comma 2, d.lgs. 9/2021 (per un commento a tale decreto si rinvia a “Guida al Diritto” n. 9 del 2021).

Un passo verso la piena operatività dell’Eppo

Un adempimento indispensabile al fine di portare a compimento le procedure di nomina previste dall’articolo 17 del Regolamento (UE) 2017/1939 relativo alla Procura europea (“EPPO”) il quale prevede che «su proposta del procuratore capo europeo, il collegio della Procura, nomini i procuratori europei delegati designati dagli Stati membri». Circostanza di assoluto rilievo è che l’articolo 17 del Regolamento preveda che - dal momento della nomina a procuratore europeo delegato e fino all’eventuale rimozione dall’incarico - i PED siano membri attivi delle procure o della magistratura dei rispettivi Stati membri che li hanno designati, a conferma dello speciale statuto ordinamentale e processuale di questo nuovo organismo inquirente sovranazionale.

I procuratori  europei delegati, infatti, ai sensi dell’articolo 13 del Regolamento, «agiscono per conto dell’EPPO nei rispettivi Stati membri e dispongono degli stessi poteri dei procuratori nazionali in materia di indagine, azione penale e atti volti a rinviare casi a giudizio» e possono «espletare anche le funzioni di pubblici ministeri nazionali» e, circostanza particolarmente rilevante nel nostro ordinamento, «offrono tutte le garanzie di indipendenza, possiedono le qualifiche necessarie e vantano una rilevante esperienza pratica relativa al loro sistema giuridico nazionale». In ossequio all’articolo 105 della Costituzione, l’articolo 5 del Dlgs 9/2021 ha previsto che sia il Csm l’autorità competente a designare i procuratori europei delegati per la loro successiva nomina da parte del Collegio della Procura europea.

Il contenuto della delibera del Csm

La Delibera regola minutamente il protocollo di designazione dei procuratori delegati prevedendo, in primo luogo, che i candidati possano presentare la dichiarazione di disponibilità a prescindere dal periodo di legittimazione di quattro anni e – per i titolari delle funzioni giudicanti – previa valutazione di idoneità all’esercizio delle funzioni inquirenti (articolo 1).

Chi può presentare domanda

Il Csm ha previsto che possano presentare la dichiarazione di disponibilità i magistrati, con funzioni giudicanti o requirenti, che non abbiano compiuto il cinquantanovesimo anni di età, che abbiano almeno 12 anni di servizio, che abbiano una conoscenza adeguata della lingua inglese e che siano in possesso dei requisiti di cui al citato articolo 17 del Regolamento (UE) 2017/1939. Il Csm è chiamato a verificare la sussistenza di questi requisiti sulla base degli atti contenuti nel fascicolo personale del magistrato, nonché degli ulteriori atti nella propria disponibilità e può procedere a verifiche in ordine al possesso della conoscenza della lingua inglese (articolo 2).

Pubblicità rafforzata per la selezione

Una pubblicità rafforzata è stata prevista per i lavori dell’apposita Commissione consiliare che deve formulare la proposta. Si prevede che, con sette giorni di anticipo, si curi la pubblicazione sul sito istituzionale del Csm dell’avviso di fissazione della seduta destinata alla formulazione delle proposte concernenti i posti messi a concorso e che, all’esito della valutazione delle dichiarazioni di disponibilità, la Terza Commissione formi, con riferimento a ciascuna sede dell’EPPO in Italia, separate graduatorie, designando, per ciascuna di esse, un numero di magistrati corrispondente ai posti pubblicati tra quelli della relativa pianta organica adottata dal ministro della Giustizia ai sensi dell’articolo 10, comma 1, del Dlgs n. 9/2021.

La procedura per l’individuazione dei candidati

Una procedura, invero, non particolarmente convincente poiché espone al rischio di accordare sempre e comunque preferenza a pubblici ministeri che, nell’ambito della stessa sede, passino dalle funzioni “nazionali” a quelle “europee”, sacrificando le domande dei magistrati giudicanti, costretti a far domanda in altro distretto di corte d’appello e, quindi, praticamente sempre recessivi nei confronti dei titolari di funzioni inquirenti. Per intendersi: mentre un pubblico ministero di Palermo potrà concorrere per la sede Eppo che abbia a essere prevista per quella città, un giudice di Palermo dovrà necessariamente concorrere, previo mutamento delle funzioni, per un altro distretto in ossequio alle incompatibilità ordinamentali vigenti che non sono state derogate dal Legislatore (articolo 4). Inoltre si prevede, che solo dopo la proposta della Terza Commissione che predispone le graduatorie, il magistrato designato trasmetta un curriculum in lingua italiana e in lingua inglese, nonché una lettera in lingua inglese che illustri la motivazione professionale dell’aspirante a ricoprire le funzioni di Ped e le ragioni per cui la sua specifica esperienza può contribuire positivamente all’azione di EPPO. La Delibera, tuttavia, non indica quale rilevanza tale adempimento possa avere nella procedura di designazione nazionale. A ogni effetto lo si deve intendere come un protocollo destinato ad agevolare la nomina del magistrato da parte del Collegio di EPPO, in esito alla quale sarà il Csm a disporre il trasferimento alla Procura europea, sempre in ossequio all’articolo 105 della Costituzione.

La valutazione dei profili curriculari

Gli articoli 5 e 6 si occupano, in dettaglio, dei profili curriculari e di merito di ciascun candidato. La prima disposizione prevede che, ai fini delle attitudini assumano rilievo l’esperienza maturata dal magistrato nella conduzione di indagini relative a reati contro la pubblica amministrazione e in materia di criminalità economica e finanziaria, in particolare se commessi in danno degli interessi finanziari dell’Unione Europea, nonché le sue competenze nel settore della cooperazione giudiziaria internazionale con particolare riguardo alla materia penale. A occhio e croce una previsione che, ancora una volta, rischia di marginalizzare la posizione dei giudici, salvo che non abbiano fatto parte di organismi di cooperazione internazionale. Con un ulteriore limite, tuttavia,  che le attività esercitate fuori dal ruolo organico della magistratura è previsto siano valutate ai fini delle attitudini nei limiti in cui l’incarico, per il suo oggetto, sia assimilabile alle funzioni giudiziarie (giudicanti o requirenti) o sia pertinente, per le sue caratteristiche, alle materie di competenza dei PED e per l’utile esercizio delle relative funzioni giudiziarie. In ogni caso si è stabilito che per le attitudini possano essere attribuiti fino a punti 6.

La valutazione del merito

Meno complessa appare, invece, la valutazione del «merito» di ciascun candidato. L’articolo 6 citato prevede che per l’impegno dimostrato dal magistrato nell’esercizio dell’attività giudiziaria siano attribuiti 0,30 punti per ogni anno di positivo esercizio di funzioni giudiziarie effettivamente svolte fino a un massimo di 3 punti, ossia di dieci anni. Non si indica secondo quali parametri tale «impegno» dovrebbe essere comprovato, almeno che non si intenda, per come appare dal tenore letterale della norma, farlo coincidere con l’assenza di ritardi nell’espletamento delle attività giudiziarie. Non molto in effetti.

L’articolo 7 prende, poi, in considerazione – ma solo in caso di parità di punteggio quanto alle attitudini e al merito – l’anzianità di servizio stabilendo che prevalga il magistrato più anziano in ruolo. In prima approssimazione può ritenersi che questo criterio avrà un qualche rilievo nella procedura di designazione poiché pare difficile che i candidati possano registrare punteggi complessivi inferiori al massimo (6+3). L’articolo 8 stabilisce che le funzioni di Ped possano essere esercitate per un periodo massimo di dieci anni, ossia cinque rinnovabili (si veda l’articolo 17, comma 1, Regolamento).

Una notazione: il sistema dei punteggi vincolati prescelto dal Csm circoscrive in modo sensibile la discrezionalità consiliare nella formulazione delle proposte per i Ped e, certamente, il criterio (solo in apparenza) residuale dell’anzianità sembra destinato a mitigare spinte e sollecitazioni di vario genere. Una svolta importante dopo la bufera istituzionale che ha investito l’Organo di autogoverno e che segna anche un giusto canone di chiusura nella scelta da operare tra i “più meritevoli”.

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