Professione forense: regole su accesso e tirocini nella giusta direzione
In dirittura d'arrivo tre decreti ministeriali di competenza del ministero della Giustizia recanti norme regolamentari che danno concreta attuazione al titolo IV, della legge del 31 dicembre 2012 n. 247 recante «Nuova disciplina dell'Ordinamento della Professione Forense», che è dedicato alle norme di disciplina di accesso alla professione forense e precisamente alle norme che disciplinano lo svolgimento del tirocinio per l'accesso alla professione forense, quelle che si occupano di prevedere la disciplina (parzialmente alternativa) dell'attività di praticantato effettuata con tirocinio presso gli uffici giudiziari, fino ad arrivare poi a dettare alcune nuove regole per lo svolgimento delle prove scritte e orali per l'esame di abilitazione.
I tre schemi di Via Arenula - Nella loro visione completa i tre schemi di decreto ministeriale si presentano molto articolati e complessi e tra loro certamente coerenti quanto alle fattispecie che in essi sono disciplinate e che tra loro per certi profili si intrecciano, a cominciare proprio dalla necessità di armonizzare la previsione di legge che prevede durata e modalità alternative di svolgimento del tirocinio (si pensi al tirocinio effettuato presso gli uffici giudiziari) con riferimento al periodo di un anno, fermo restando, infatti, il preliminare periodo di sei mesi che deve, in ogni caso, essere svolto presso un avvocato.
Va da se che tutto l'impianto della prevista normativa secondaria è coerente con la previsione contenuta nell'articolo 41, comma 5, della legge sull'ordinamento professionale forense che riduce a diciotto mesi il periodo di tirocinio così come previsto dalla legge 214/2011 che ha ridotto a tale termine la durata del tirocinio per l'accesso alle professioni regolamentate.
Il tirocinio per l'accesso alla professione forense - Partendo dallo schema di decreto ministeriale concernente regolamento recante disciplina per lo svolgimento del tirocinio per l'accesso alla professione forense in attuazione dell'articolo 41, comma 13 (atto sottoposto a parere parlamentare n. 213), della sopra citata legge, si osserva che il regolamento disciplina aspetti di una previsione normativa primaria già molto dettagliati (articolo 41 legge ordinamentale citata).
Delle norme che compongono lo schema di decreto ministeriale colpisce la novità della dettagliata disciplina della anticipazione di un semestre di tirocinio durante gli studi universitari (articolo 5 del Dm), ispirata alla volontà del legislatore di anticipare l'ingresso dei giovani professionisti nel mondo del lavoro. In tal caso, però, appare alquanto gravoso prevedere modalità di svolgimento del tirocinio idonee a garantire la frequenza dei corsi e la proficua conclusione degli studi universitari, nonché l'effettiva frequenza dello studio professionale per almeno dodici ore alla settimana, senza esenzione del praticante dall'obbligo di frequenza dei corsi di cui all'articolo 43 della legge 247/2012 secondo cui completa il tirocinio, oltre alla prevista pratica svolta presso uno studio professionale, anche la frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a diciotto mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge.
Un semestre all’estero - Quanto alla possibilità di svolgere un semestre di tirocinio all'estero, considerato che la legge 247/2012 non attribuisce alcun potere al Consiglio dell'Ordine di incidere sulla scelta del praticante il quale ha un mero onere di informazione e documentazione, nello schema di regolamento si prevede che solo al termine del periodo di tirocinio svolto all'estero il Consiglio dell'Ordine potrà ritenere che le modalità di svolgimento del tirocinio e gli esiti del medesimo non ne consentano la convalida. In tal caso il provvedimento motivato sarà impugnabile con ricorso al Cnf. Da questo punto di vista sarebbe più opportuno prevedere dei sistemi anticipatori di controllo quanto meno per non lasciare il praticante nella incertezza sulla convalidabilità del tirocinio svolto presso un professionista la cui qualifica abbia equivalenza a quella di avvocato ai sensi della normativa vigente in tema di riconoscimento dei titoli professionali.
Tirocinio e lavoro - Altra importante disposizione riguarda la possibilità di svolgere il tirocinio contestualmente ad attività di lavoro subordinato pubblico o privato (articolo 2 del Dm), mentre l'articolo 3 dello schema prevede modalità di svolgimento del tirocinio intrecciandosi con la previsione di poteri di controllo da parte del Consiglio dell'Ordine competente sulla effettività del tirocinio di cui all'articolo 8, comma 4, anche se forse da questo punto di vista la norma andrebbe migliorata per rendere più incisivo e pregante il potere di vigilanza e controllo. Meritevole è lo sforzo di dare un contenuto concreto alle modalità in cui deve svolgersi il tirocinio laddove si chiarisce il termine assiduità, che è intesa come la frequentazione continuativa dello studio del professionista, in capo al quale incombe l'onere di supervisionare l'attività del praticante nonché si fissa un tetto minimo di ore (venti alla settimana) in cui il praticante deve essere presente in studio o, comunque, operare sotto la supervisione diretta del professionista, laddove si precisa che il praticante deve assistere ad almeno venti udienze per semestre (escluse quelle di mero rinvio), collaborare concretamente allo studio delle controversie e alla redazione degli atti.
Concetto di diligenza - Si chiarisce anche il concetto di diligenza (il praticante deve operare con cura e scrupolo negli affari che gli sono affidati) e di riservatezza che si estrinseca nell'obbligo di mantenere un comportamento corretto, improntato al massimo riserbo su tutte le notizie e le informazioni di cui venga a conoscenza nel corso del tirocinio.
Più chiaro, invece, potrebbe essere l'elenco (tassativo?) dei casi eccezionali di interruzione del tirocinio che di regola, infatti, deve essere svolto in modo continuativo (articolo 7 del Dm).
Considerazioni - Sicuramente è da apprezzare lo sforzo di sistemazione operato nell'emanando schema quanto, da una parte, alla previsione della necessità di svolgere con profitto dei corsi di formazione di cui all'articolo 43 della legge forense in quanto obbligatoria e parte integrante del percorso formativo che il praticante deve compiere durante tutto il periodo di pratica e dall'altra, nella previsione del rapporto tra questa attività e l'attività di praticantato presso gli uffici giudiziari che a sua volta va tenuto distinto dal tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari che trova la sua disciplina nell'articolo 73 del legge n. 89 del 2013 che unitamente alla frequentazione di scuole di specializzazione per le professioni legali possono essere svolti contestualmente al tirocinio professionale.
Il tirocinio presso gli Uffici giudiziari - Come appena detto le disposizioni del sopra detto Dm si intrecciano con quelle contenute in diverso Dm concernente il Regolamento recante la disciplina dell'attività di praticantato del praticante avvocato presso gli uffici giudiziari di cui all'articolo 44 della legge 247/2012 (atto del Governo sottoposto a parere n. 225).
La norma primaria lascia molto spazio al decreto attuativo che, pur ispirandosi alle pregresse esperienze delle convenzioni giudiziarie e dei tirocini formativi di cui rispettivamente alla legge n. 111/2011 e n. 89/2013, forse correttamente ha tenuto conto del principio del libero esercizio della attività professionale nella parte in cui non ha inteso prevedere, come invece disciplinato nelle altre disposizioni di legge, il divieto per il praticante in tirocinio presso un ufficio giudiziario di assumere, al termine del tirocinio stesso, la difesa in procedimenti che si sono svolti innanzi al magistrato affidatario.
Per il resto il regolamento risente sotto diversi aspetti della normativa sopra richiamata quanto ai requisiti per la presentazione della domanda e per l'accoglimento della stessa ovvero quanto allo svolgimento effettivo del tirocinio stesso.
Ammissione e domanda - In particolare si segnala che per l'ammissione al tirocinio si prevede che il praticante, oltre che essere in possesso dei requisiti di onorabilità, abbia già svolto per almeno sei mesi il tirocinio presso un avvocato non riuscendosi a intuire immediatamente la ratio di tale ultima previsione.
In ogni caso la domanda deve contenere l'indicazione specifica dello svolgimento di tale preliminare periodo di pratica, oltre che il punteggio di laurea e la media riportata negli esami indicati nel Dm e ogni altro requisito di professionalità ritenuto rilevante ma non si condivide il criterio per la selezione dei praticanti avvocati nel caso di impossibilità di ammissione al tirocinio presso un ufficio giudiziario di tutti i praticanti che ne abbiano fatto richiesta, quali la media riportata negli esami indicati nel regolamento, il voto di laurea e la età anagrafica mentre, per dare spazio a tutti i richiedenti, sarebbe stato più giusto prevedere un numero massimo di praticanti avvocato per magistrato affidatario superiore a quello previsto che è fissato in due unità.
Considerato che viene prevista l'elaborazione di un progetto formativo tra capo dell'ufficio giudiziario e Consiglio dell'ordine degli avvocati, che tenga conto anche delle linee guida che il Csm e il Cnf possono elaborare, al quale l'attività formativa del praticante si deve uniformare, e tenuto conte delle specifica attività che il praticante avvocato può e deve svolgere (articolo 8 del Dm), sarebbe utile prevedere che, al termine dello svolgimento del periodo di dodici mesi di tirocinio presso il magistrato affidatario, il praticante, oltre che redigere una relazione analitica della attività svolta, e il magistrato affidatario attestare la conformità del tirocinio svolto al progetto formativo approvato, venga chiamato a svolgere un esame finale per ottenere l'attestato di compiuto tirocinio.
Di pregio sono le disposizioni che in modo giusto ed equilibrato consento di salvaguardare l'effettività dello svolgimento dell'attività di praticantato del praticante presso un ufficio giudiziario e la indipendenza ed imparzialità dell'ufficio e la credibilità della funzione giudiziaria, nonché l'immagine ed il prestigio dell'ordine giudiziario (articolo 8 e in particolare i commi 5 e 11).
Le novità sull'esame di abilitazione - Mantenere e incrementare gli standard qualitativi dell'avvocatura italiana, così incidendo in termini positivi sul funzionamento concorrenziali del mercato delle libere professioni, è il dichiarato obiettivo che ha ispirato la redazione del regolamento che, ai sensi dell'articolo 46, comma 6, della legge 247/2012 recante la nuova disciplina della professione forense (atto del Governo sottoposto a parere n. 205), il Ministro della Giustizia è stato chiamato a emanare.
La normativa secondaria disciplina, fatta eccezione che per gli aspetti specificamente regolati in sede primaria dalla legge 247/2012, tutte le fasi della procedura di esame, dalla presentazione delle domande al rilascio del certificato per l'iscrizione nell'albo degli avvocati, ivi compresa la liquidazione dei compensi dei Commissari che costituisce un aspetto indefettibile ai fini dello svolgimento dell'esame.
La regolarità delle prove - Si condivide, nella sua generale impostazione, l'approccio ai problemi che, nel corso degli anni, lo svolgimento della prove (sia scritta che orale) ha generato, laddove le norme contenute nell'approvando decreto ministeriale sono dirette ad assicurare al massimo grado la regolarità delle prove e quindi la serietà della selezione dei candidati ma non si può non segnalare che alcune di essere appaiono di difficile realizzazione (specie in quelle corti di appello che presentano un numero di domande particolarmente elevato). Si pensi ad esempio alla previsione contenuta nell'articolo 3, comma 3, del Dm che immagina che in ogni sede d'esame tutto sia pronto per l'inizio in contemporanea della prova all'orario prefissato laddove «in un arco temporale compreso tra i centoventi e i sessanta minuti precedenti, il Ministero della Giustizia trasmette al Presidente della commissione distrettuale, a mezzo di posta elettronica certificata, i temi formulati per ciascuna prova, protetti da un meccanismo di crittografia a chiavi asimmetriche», cosa che nella pratica non si potrà mai realizzare o quanto meno appare di difficile realizzazione dato il notevole afflusso di candidati che mal si concilia con la previsione di operazioni di controllo a un significativo numero di candidati, individuati secondo criteri casuali individuati dalla Commissione centrale, almeno dieci giorni prima dell'inizio delle prove scritte ovvero la collocazione di ciascun candidato in un tavolo separato individuato in modo casuale, previa definizione da parte della Commissione distrettuale delle modalità per l'assegnazione casuale del tavolo a ciascun candidato entro il giorno precedente la data fissata per la consegna dei testi di legge. La norma andrebbe migliorata perché non è dato capire con chiarezza il tempo della consegna dei testi di legge ammessi nel giorno diverso rispetto alle date di svolgimento delle prove laddove si prevede che per ogni candidato deve essere apposto, sulla prima copertina dei testi di legge ammessi, il timbro di riconoscimento della commissione distrettuale, la data in cui è effettuato il controllo e il visto di uno dei suoi componenti (articolo 46, comma 7; legge 247/2012).
Le sopra dette norme sulla massima segretezza dei temi per le prove scritte e le stringenti misure per evitare che possano avvenire dall'esterno aiuti ai candidati (che si realizzano anche attraverso la previsione di misure adatte alla schermatura dei locali in cui si svolgono le prove scritte) ovvero la previsione di consistenti e oggettivi controlli da parte del personale di vigilanza, con obbligo di verbalizzazione delle operazioni di controllo poste in essere, sono da condividere anche se lasciano un senso di smarrimento se solo si pensi che si tratta di prove di esame da svolgere con assoluta diffidenza nei confronti dei partecipanti alle stesse e quasi in stato d'assedio.
Il raggruppamento - Non appare, viceversa, condivisibile, perché in evidente contrasto con il principio di uguaglianza tra i candidati, l'idea di prevedere che quando una Corte di appello presenta un numero di domande particolarmente elevato, il raggruppamento può essere costituito anche mediante l'inserimento di due o più Corti di appello che presentano un più contenuto numero di domande, con la conseguenza che all'esito del sorteggio, i lavori scritti elaborati dai candidati della Corte di appello più grande sono ripartiti tra le due o più Corti di appello a essa abbinate e quelli elaborati dai candidati di queste ultime sono corretti da commissioni, individuate mediante sorteggio, costituite presso altre Corti di appello.
La motivazione della Commissione - Quasi inevitabile era la previsione di imporre la succinta motivazione della valutazione negativa attribuita dalla Commissione a un elaborato (articolo 5, comma 7, Dm), al fine di assicurare al candidato e al giudice amministrativo (in caso di ricorso ovviamente) di conoscere e valutare l'iter argomentativo seguito dalla Commissione stessa che, in sede di correzione è tenuta a uniformarsi ai criteri di cui all'articolo 46, comma 6, della legge 247/2012 e anche a verificare la conoscenza da parte del candidato degli orientamenti giurisprudenziali senza che ciò si ponga in contrasto con la previsione dello svolgimento delle prove scritte con il solo ausilio di testi di legge senza commenti e citazioni giurisprudenziali.
Prove orali - Forse troppo macchinoso è, infine, il sistema con il quale si prevede di assicurare la massima trasparenza delle prove orali avendo il Ministero previsto di superare l'attuale disparità di trattamento tra i candidati in relazione al distretto di appartenenza con la previsione di un tempo minimo di durata della prova orale (non meno di quarantacinque minuti) laddove al candidato vengono rivolte domande individuate mediante estrazione svolta con modalità informatiche tra quelle contenute in un apposito data base, anche se poi si possono rivolgere al candidato stesso domande di approfondimento.
Riconoscimento delle qualifiche professionali e libera circolazione - L'analisi fin qui svolta, che lascia intravvedere in prospettiva anche la concretizzazione della esigenza di incrementare gli standard qualitativi dell'avvocatura italiana, così incidendo in termini positivi sul funzionamento concorrenziali del mercato delle libere professioni, non può non tener conto che sta per giungere al termine l'iter parlamentare per esprimere il parere sullo schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2013/55/Ue recante modifica della direttiva 2005/36/Ce relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento (Ue) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI» - atto del Governo sottoposto al parere parlamentare n. 239).
Di tale schema, che modifica e integra il decreto legislativo 206/2007, di attuazione della direttiva 2005/36/Ce sul riconoscimento delle qualifiche professionali, si darà conto in questo contesto solo di alcuni importanti profili se non dopo aver ricordato che la normativa di recepimento mira a dare attuazione alle norme che tendono a rafforzare il mercato interno e a promuovere la libera circolazione dei professionisti, garantendo nel contempo un più efficace ed efficiente sistema di reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali, anche con riferimento alla funzione di notifica dei titoli e delle università riconosciute al fine di rendere in futuro possibile un più ampio riconoscimento automatico delle professioni (sotto tale punto di vista si intravvede un possibile intreccio con la normativa regolamentare che consente lo svolgimento del tirocinio formativo all'estero).
Tessera professionale europea - Sia pure non interessando immediatamente la categoria professionale degli avvocati, dagli atti emerge però che è intenzione di breve periodo estendere anche ad altre professioni la previsione della tessera professionale europea (Epc), quale strumento di semplificazione per la libera circolazione dei professionisti, che è oggi limitata solo alle professioni di infermiere responsabile dell'assistenza generale, di farmacista, di fisioterapista, di guida alpina e di agente immobiliare.
Nello schema di decreto legislativo si definisce la tessera professionale europea come un certificato elettronico attestante o che il professionista ha soddisfatto tutte le condizioni necessarie per fornire i servizi, su base temporanea e occasionale, nel territorio dello Stato o il riconoscimento delle qualifiche professionali ai fini dello stabilimento nel territorio dello Stato e viene introdotto l'istituto dell'accesso parziale che renderà possibile per il richiedente esercitare la professione per la quale è qualificato nel proprio Stato membro e che si inserisce nell'ambito di una professione più ampia regolamentata in Italia, se le differenze tra l'attività professionale esercitata legalmente nello Stato membro di origine e la professione regolamentata in Italia siano cosi rilevanti che l'applicazione di misure compensative comporterebbe per il richiedente di portare a termine il programma completo di formazione richiesto nel territorio nazionale per avere accesso alla professione regolamentata nel suo complesso (articolo 6 dello schema del Dlgs approvando).
Riconoscimento automatico - Di rilievo è, infine, l'articolo 44 che introduce un nuovo capo, il IV-bis, del titolo III del decreto legislativo 206/2007, per disciplinare una nuova modalità di riconoscimento automatico sulla base di principi di formazione comune attraverso la previsione del Quadro comune di formazione e della Prova di formazione comune.
Questo è un ulteriore banco di prova al quale sono chiamate le professioni regolamentate.