Giustizia

Pronto il decreto sull’elenco degli enti abilitati alla class action

Davanti alla commissione Giustizia della Camera è approdato il decreto del ministero che istituisce e disciplina l’elenco degli enti ai quali la legge affida la possibilità di proporre sia l’azione collettiva sia l’azione inibitoria, con l’obiettivo non tanto di ottenere un risarcimento quanto la cessazione di una condotta illecita

di Giovanni Negri

La riforma della class action, in vigore da maggio, trova un elemento chiave per favorirne l’utilizzo. Davanti alla commissione Giustizia della Camera è infatti approdato il decreto del ministero che istituisce e disciplina l’elenco degli enti ai quali la legge affida la possibilità di proporre sia l’azione collettiva, ora indirizzata a fare valere una più ampia serie di ragioni, sia l’azione inibitoria, prevista anch’essa dalla legge n. 31 del 2019, con l’obiettivo non tanto di ottenere un risarcimento quanto la cessazione di una condotta illecita.

Definito il quadro di riferimento per la legittimazione ad agire, la class action potrebbe uscire dalle secche in cui era stata confinata prima della riforma: dal monitoraggio condotto dal ministero della Giustizia su 11 tribunali emerge come le azioni iscritte a ruolo nel periodo 2015-2020 sono state in tutto 32, con solo 2 azioni che hanno vista accolta la domanda, poiché la gran parte è caduta all’esame di ammissibilità.

Il Regolamento, che nella fase di partenza del nuovo elenco vi iscrive di diritto le associazioni dei consumatori iscritte nell’elenco previsto dall’articolo 137 del Codice del consumo (una ventina in tutto), disciplina i requisiti e le modalità per l’iscrizione all’elenco, i criteri per la sospensione e cancellazione, le modalità di aggiornamento, il contributo dovuto per l’iscrizione e per la conservazione del posto nell’elenco stesso.

Quanto ai requisiti, il provvedimento esige che le associazioni o organizzazioni che chiedono l’iscrizione siano state costituite almeno due anni prima della domanda, abbiano sede in Italia, con obiettivo statutario «la tutela di diritti individuali omogenei senza fini di lucro», uno svolgimento continuo e documentato di attività ( per esempio con la previsione di articolazioni territoriali, la presenza di un sito internet aggiornato con contenuti informativi e senza forme di pubblicità), vincoli di trasparenza amministrativa e contabile.

Tra gli elementi che dovranno accompagnare la domanda, anche l’indicazione puntuale delle azioni di classe proposte nel regime precedente e del loro esito.

Tra i casi di sospensione, la connessione temporanea di interesse dell’ente con imprese, inadempienze parziali nella tenuta degli elenchi degli iscritti, ritardi nell’approvazione del bilancio, omesso tempestivo versamento del contributo annuale, fissato in 200 euro per l’iscrizione e 100 annui per il mantenimento, su una stima attesa, almeno in fase di partenza di una quarantina di enti iscritti.

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