Protezione internazionale, al beneficiario può essere imposto un esame di integrazione civica
Ma in caso di insuccesso del percorso formativo cui è obbligato lo straniero non può comportare automatiche e onerose conseguenze anche economiche quali il pagamento di una consistente ammenda
Per la Corte Ue non è contrario al diritto dell’Unione che uno Stato membro imponga la frequentazione di un corso di integrazione civica agli stranieri che chiedono la protezione internazionale, ma non può essere automaticamente respinto chi non superi il relativo esame pur dimostrando l’intenzione e l’impegno a integrarsi- nel Paese ove ha avanzato proficuamente la domanda.
Nel caso a quo, deciso con la sentenza sulla causa C-158/23, si trattava della normativa dei Paesi Bassi che impone l’obbligo di superare - entro un certo termine - un esame di integrazione civica. E prevede che in caso di mancato superamento dell’esame possa essere comminata un’ammenda.
In via generale si tratta di un obbligo giustificato dalla necessità di acquisire conoscenze da parte degli stranieri: prima di tutto la lingua del Paese ospitante. E l’obbligatorietà di seguire e superare un percorso di integrazione non è di per sé sproporzionato rispetto al legittimo fine perseguito nel Paese membro di integrare al meglio il richiedente protezione internazionale. Ma va tenuto conto delle condizioni personali dello straniero che non sono parificabili ma variano in base alle diverse provenienze e alle particolari situazioni in cui si trovano i beneficiari di protezione internazionale e un’ammenda può essere inflitta solo in casi eccezionali, come quelli che dimostrino una mancanza accertata e persistente di volontà di integrazione.
Non è invece legittima la previsione di addebitare tutte le spese dei corsi e degli esami del programma di integrazione al beneficiario di protezione internazionale. Ciò costituirebbe un onere irragionevole.
Nella vicenda – in effetti - un eritreo arrivato nei Paesi Bassi a 17 anni e riconosciuto beneficiario di protezione internazionale una volta raggiunta la maggiore età si era visto imporre l’obbligo di seguire un corso di integrazione civica ed entro tre anni doveva superare tutte le prove d’esame. Gli era stata però concessa una proroga di un anno al compimento dell’obbligo. Tuttavia, il giovane eritreo non si è presentato ad alcuni corsi ed esami e non ha superato quelli ai quali era presente. Le autorità gli hanno inflitto un’ammenda di 500 euro nonché imposto il rimborso integrale del prestito di 10 000 euro che gli era stato concesso dall’amministrazione per poter finanziare le spese del programma di integrazione civica, con la motivazione che egli non aveva completato tale programma entro il termine previsto. Successivamente, egli è stato dispensato dall’obbligo di superare detto programma, in quanto, in quel momento, aveva compiuto sforzi sufficienti per svolgerlo. Tuttavia, tale dispensa ha lasciato impregiudicato il suo obbligo di pagare l’ammenda e di rimborsare il prestito.
A seguito dell’azione giudiziale dello straniero i giudici dei Paesi Bassi chiedevano alla Cgue se fosse legittimo prevedere comunque la restituzione integrale del finanziamento e il pagamento dell’ammenda.
La Corte afferma che la direttiva in materia di protezione internazionale direttiva non impedisce agli Stati membri di prevedere a determinate condizioni l’obbligo di superare un esame di integrazione civica per i beneficiari di protezione internazionale. In particolare è legittimo il fine dell’acquisizione della lingua e della conoscenza della società in cui deve inserirsi lo straniero, per garantire l’opportunità di trovare lavoro o di seguire percorsi di formazione professionale.
Ma lo Stato membro deve comunque prevedere percorsi il più possibile individualizzati considerando età, livello di istruzione, situazione finanziaria e condizioni di salute. Inoltre, le conoscenze necessarie per superare un esame di integrazione civica dovrebbero essere fissate a un livello elementare, senza eccedere quanto necessario per promuovere l’integrazione e tenendo conto del fatto che le persone interessate non sono ancora insediate stabilmente nello Stato membro di cui trattasi.
L’integrazione è comunque la finalità che legittima l’imposizione di obblighi a chi beneficia di protezione, per cui secondo la Cgue lo straniero che dimostri di essere effettivamente integrato dovrebbe essere dispensato dall’obbligo di superare un esame. E comunque, in ogni caso, il fatto di non averlo superato con successo non può automaticamente legittimare un’ammenda.
In quanto una simile sanzione può essere inflitta solo in casi eccezionali e quando emerga una mancanza accertata e persistente volontà di non integrazione.