Civile

Quando il Fisco procede con l'autotutela il giudice non può decretare la compensazione delle spese

Nel caso concreto le Entrate avevano chiesto l'imposta a un contribuente piuttosto che a un altro

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di Giampaolo Piagnerelli

I giudici tributari non possono procedere alla compensazione delle spese quando il Fisco abbia proceduto a uno sgravio in autotutela per aver preteso un'imposta dal contribuente sbagliato. Lo stabilisce la Cassazione con l'ordinanza 18459/2023.

Il giudizio di merito

Un cittadino ha proposto ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale di Catanzaro avverso una cartella esattoriale emessa dall'Agenzia delle entrate per il recupero dell'imposta di registro relativa a una sentenza, sostenendo che quest'ultima, per la quale era stato chiesto il pagamento dell'imposta di registro, era riferibile ad altra persona. L'adita Ctp dichiarava "non luogo a deliberare essendo cessata la materia del contendere" e compensava tra le parti le spese del giudizio. Proprio la compensazione delle spese è stata oggetto del contenzioso perché in presenza di uno sgravio in autotutela appare poco legittimo procedere a una compensazione delle spese.

Il verdetto della Cassazione

Si legge, infatti, nella pronuncia della Suprema corte n. 18459/23 che nel processo tributario, alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell'atto in sede di autotutela, non si correla necessariamente la condanna alle spese. Quest'ultima condizione interviene, invece, qualora tale annullamento sia legato a una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione (come nel caso di specie, in cui si è verificato un vero e proprio errore di persona). Pertanto, in tema di contenzioso tributario, alla cessazione della materia del contendere, a seguito di annullamento dell'atto impugnato, in sede di autotutela, dopo la definizione del giudizio di merito, non può meccanicamente correlarsi la compensazione delle spese, non essendo improntata una siffatta soluzione esegetica, che riserva alla parte pubblica un trattamento privilegiato privo di obiettiva giustificazione, a un'ottica rispettosa dei principi costituzionali di ragionevolezza, di parità delle parti e del "giusto processo".

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