Reati tributari, il sequestro prevale sul fallimento
L’avvio della procedura fallimentare non impedisce il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per reati tributari di beni attratti alla massa fallimentare. Questa la conclusione raggiunta dalle Sezioni unite penali della Cassazione, per ora, in attesa delle motivazioni, cristalizzata in un’informazione provvisoria depositata ieri. Al centro della questione, lungamente dibattuta dalle sezioni semplici, c’è il contrasto fra le misure cautelari patrimoniali e la sottoposizione a procedura fallimentare del soggetto destinatario della misura.
Un primo orientamento giurisprudenziale escludeva da parte del soggetto titolare del diritto di agire in giudizio per conto della massa fallimentare, curatore in primo luogo, la facoltà di impugnare i provvedimenti sia cautelari sia definitivi che incidevano sull’entità della massa fallimentare stessa. Veniva così sancita la prevalenza delle esigenze di carattere penale sulla integrità dei beni del fallimento.
In seguito, con una sentenza del 2019, la n. 45936, furono le stesse Sezioni unite a chiarire che il curatore fallimentare è legittimato a chiedere la revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca e a impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale. Una conclusione coerente con il contenuto della disciplina fallimentare che, per effetto della dichiarazione di fallimento, privandone il fallito, attribuisce al curatore la disponibilità di tutti i beni di quest’ultimo esistenti al momento del fallimento e quindi anche di quelli già sottoposti a sequestro.
Orientamenti diversi e confliggenti ai quali si erano poi aggiunti spunti interpretativi più concilianti, imperniati, per esempio, sul criterio cronologico, affidando, di volta in volta, la priorità al provvedimento cronologicamente antecedente, fra misura cautelare e dichiarazione di fallimento.
Anche di recente la Cassazione, proprio in una vicenda relativa a reati tributari, è tornata nuovamente ad affermare la tesi della prevalenza del fenomeno concorsuale rispetto a quello strettamente penale. Con la sentenza 11068 del 2022, la Corte, infatti, osservò, quanto alla obbligatorietà della confisca in materia tributaria, che la misura deve cedere il passo quando cade su beni appartenenti a un soggetto estraneo al reato. E non c’è dubbio, si sottolineava, che una volta dichiarato il fallimento, interviene il fenomeno dello spossessamento dei beni del fallito che quindi perde la disponibilità del proprio patrimonio .
Ma la sceltà finale delle Sezioni unite è stata di tenore diverso. E probabilmente in linea con una valorizzazione del Codice della crisi, sentenza 3575 del 2022, che ha affermato come la misura cautelare in materia tributaria prevale sui diritti di credito vantati sul medesimo bene per effetto del fallimento.