Penale

Reato del bancario, risarcito il correntista «distratto»

Il cliente non ha un onere di accortezza circa la prevenzione degli illeciti da parte del dipendente infedele

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di Michol Fiorendi

Non vi è un onere di accortezza in capo al correntista in relazione alla prevenzione di reati da parte del dipendente di banca infedele. Lo ha stabilito la Corte d’appello di Catania (presidente Ferrari, estensore Murana) con la sentenza 383 del 17 febbraio 2021.

Il caso
La vicenda riguarda un imprenditore individuale, intestatario da circa trent’anni di un conto corrente presso una banca. Nel 2007 si accorge casualmente che, nel periodo tra il 2002 e il 2007, erano stati addebitati sul suo conto corrente importi per operazioni non autorizzate, in assenza di riscontri contabili, per un ingente importo complessivo.
Decide così di proporre querela. Dalle indagini emerge che la responsabilità delle operazioni era in capo al funzionario della filiale, nel frattempo licenziato dalla banca per giusta causa. L’imprenditore cita quindi in giudizio il funzionario, chiedendo di condannarlo al risarcimento dei danni patrimoniali e morali subìti e, in subordine, citando la banca stessa per culpa in vigilando.
Il Tribunale condanna il funzionario e la banca a restituire l’ingente importo all’imprenditore, oltre alla rivalutazione e agli interessi, e condanna inoltre il funzionario a tenere indenne la banca di quanto quest’ultima è stata condannata a pagare.
La banca propone appello, all’interno del quale si costituisce l’imprenditore con appello incidentale.

La decisione
La Corte d’appello conferma la sentenza del Tribunale, dichiarando che i giudici di primo grado hanno - correttamente - ritenuto sussistente il fatto illecito del funzionario, ricorrendo all’istituto della responsabilità extracontrattuale da fatto illecito e facendo rientrare la responsabilità della banca nell’alveo del disposto dell’articolo 2049 del Codice civile.
Inoltre, la Corte esclude che si possa rilevare un concorso colposo dell’imprenditore (come chiede la banca tra i motivi d’appello) per avere consentito il protrarsi dell’azione criminosa non essendosi accorto per tempo dell’esistenza degli addebiti e non avendo, quindi, fermato la realizzazione delle condotte illecite successive alla prima. Né rileva, per la Corte d’appello, che l’imprenditore non abbia controllato gli estratti conto.
I giudici sottolineano infatti che non vi era alcun motivo per l’imprenditore di dubitare della correttezza del comportamento del funzionario, dato che effettuava, senza alcun problema fino al 2002, le numerose operazioni ordinate dall’imprenditore sul suo conto corrente e dato che il rapporto con la banca proseguiva da circa trent’anni.
Il conto corrente veniva utilizzato dall’imprenditore per svolgere la propria attività ed è incontestato che passassero annualmente sullo stesso cifre importanti, con un elevato numero di operazioni.
Né vi è, rimarcano i giudici, un onere di accortezza in capo al correntista in funzione della prevenzione di reati da parte del dipendente di banca infedele.
La Corte d’appello, inoltre, si pronuncia sulla richiesta dell’imprenditore di riconoscergli anche il risarcimento del danno morale. La Cassazione a Sezioni unite - scrivono i giudici - ha da tempo (sentenza 26972/2008) definitivamente chiarito che anche quando il fatto illecito integra gli estremi di reato la sussistenza del danno non patrimoniale non può essere ritenuta in re ipsa, ma va sempre debitamente allegata e provata da chi lo invoca, anche attraverso presunzioni semplici (Cassazione 8421/2011, 10527/2011, 7471/2012, 21865/2013 e 25420/2017). Risulta così unificato il criterio di accertamento del danno non patrimoniale in relazione alle diverse ipotesi di previsione legale di risarcibilità dello stesso.
Nel caso esaminato, la Corte d’appello ritiene, senza grossi dubbi, che l’imprenditore abbia effettivamente subito un danno morale.
Così, la Corte respinge l’appello della banca e accoglie, invece, in parte l’appello incidentale dell’imprenditore, riconoscendogli una somma a titolo di danno non patrimoniale.

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