Penale

Recidiva reiterata, illegittimo il divieto di prevalenza dell'attenuante per "reato diverso da quello voluto"

Lo ha stabilito la Corte costituzionale, sentenza n. 55 depositata oggi

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di Francesco Machina Grifeo

Il divieto nel caso di recidiva reiterata di far prevalere l'attenuante della diminuzione della pena, nelle ipotesi in cui il concorrente risponde di un reato «diverso da quello voluto», è contrario alla Costituzione. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, sentenza n. 55 depositata oggi, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 69, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'articolo 116, secondo comma, Cp, sulla recidiva di cui all'articolo 99, quarto comma, Cp.

Il Tribunale di Firenze, nel rimettere la questione, riferisce di dover giudicare, in abbreviato, due persone imputate del reato di cui agli articoli 110, 116 e 628, comma 2, Cp, perché, in concorso tra loro sottraevano dagli scaffali di un supermercato alcuni generi alimentari per un valore complessivo di euro 8,77, con violenza adoperata immediatamente dopo la sottrazione da uno solo dei correi (cosiddetta rapina impropria). Violenza consistita nello spintonamento della direttrice intervenuta a bloccare una delle due all'uscita .

All'imputato, che non aveva posto in essere anche la condotta di violenza, è stata dunque contestata la recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale e dopo l'esecuzione della pena, in ragione dei numerosi precedenti. In favore dell'imputato, che aveva voluto in correità il furto ma non anche la rapina, sarebbe però applicabile la circostanza attenuante di cui all'articolo 116, secondo comma, cod. pen. che prescrive che, se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave. Tuttavia, il divieto posto dall'articolo 69, comma 4, Cp, osta ad un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti (ai sensi dell'articolo 69, secondo comma, cod. pen).

"Ancorché - ragiona la Consulta - il difetto di prevedibilità possa ascriversi a colpa, il trattamento sanzionatorio, però, è quello del reato doloso, ossia lo stesso trattamento previsto per il correo che ha commesso – e voluto – il reato diverso". La norma dunque non opera alcun décalage da reato doloso a reato colposo. Il secondo comma dell'articolo 116 cod. pen. tuttavia interviene "per operare la necessaria diversificazione quanto alla dosimetria della pena", prevedendone una diminuzione.

La norma censurata però impedisce, in modo assoluto, al giudice di ritenere prevalente la diminuente, in presenza della circostanza aggravante della recidiva reiterata, "con ciò frustrando, irragionevolmente, gli effetti che l'attenuante mira ad attuare e compromettendone la necessaria funzione di riequilibrio sanzionatorio". Il divieto inderogabile di prevalenza dell'attenuante in esame non risulta, quindi, compatibile con il principio costituzionale di determinazione di una pena proporzionata.

In definitiva, la sproporzione della pena rispetto alla rimproverabilità del fatto posto in essere, globalmente considerato, conseguente al divieto di prevalenza censurato, determina un trattamento sanzionatorio che impedisce alla pena di esplicare la propria funzione rieducativa con violazione dell'articolo 27 Cost.

Inoltre, il contrasto dell'articolo 69, quarto comma, cod. pen., con l'articolo 3 Cost. viene in rilievo sotto il profilo della violazione del principio di uguaglianza, in quanto il divieto censurato finisce per vanificare la funzione che la diminuente di cui all'articolo 116, secondo comma, cod. pen., tende ad assicurare, ossia sanzionare in modo diverso situazioni profondamente distinte sul piano dell'elemento soggettivo (quello del correo che pone in essere l'evento diverso e più grave e quello di chi vuole il reato meno grave senza prevedere, colpevolmente, che questo possa degenerare nel fatto più grave).

Deve, pertanto, conclude la Consulta, "dichiararsi l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., come sostituito dall'art. 3 della legge n. 251 del 2005, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 116, secondo comma, cod. pen., sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, cod. pen.".

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