Remote working: considerazioni dal punto di vista del Transfer Pricing
Il remote working può avere diverse implicazioni di rilievo per una realtà aziendale, come, per esempio, il tema delle potenziali stabili organizzazioni o le problematiche legate al versamento dei contributi per i diversi soggetti coinvolti
Il lavoro agile oltreconfine, o anche "remote working", rappresenta una situazione di fatto da tempo oggetto di dibattito ma che ha visto un'impennata, sia in termini di ampiezza del fenomeno che di durata, in seguito alla crisi del Covid-19 ed alla contrazione di disponibilità di figure specializzate sul mercato del lavoro.
Il remote working può avere diverse implicazioni di rilievo per una realtà aziendale, come, per esempio, il tema delle potenziali stabili organizzazioni o le problematiche legate al versamento dei contributi per i diversi soggetti coinvolti.
Vista la potenziale vastità del tema e al fine di dare uno spunto di riflessione non sempre considerato, il presente articolo verterà prevalentemente sugli aspetti legati al Transfer Pricing.
In prima battuta, è necessario valutare quando il remote working rappresenti di per sé un tema ai fini Transfer Pricing ed in che modo. A tal fine, può risultare utile considerare alcuni casi esemplificativi.
Consideriamo il caso di un soggetto originariamente impiegato presso una società in Germania che decide di lavorare dall'Italia presso la relativa filiale del medesimo gruppo. In questo caso, si dovrebbe determinare il soggetto a vantaggio del quale l'individuo svolge la propria mansione. Se la beneficiaria dell'attività dell'individuo dovesse continuare ad essere l'impresa tedesca, potrebbe costituirsi una transazione di fornitura di servizi dall'impresa italiana all'impresa tedesca che prima non esisteva e che coincide con il servizio reso dall'individuo trasferitosi.
Nel caso in cui invece la beneficiaria dell'attività svolta dovesse essere l'impresa italiana, non verrebbe a crearsi una transazione rilevante da un punto Transfer Pricing come quella di cui sopra, ma potrebbe sostanziarsi un trasferimento di funzioni.
Questo, a sua volta, implicherebbe un'iniziale transazione rilevante ai fini Transfer Pricing di trasferimento di funzione (o addirittura di ramo di azienda) e una corrispondente modifica del profilo funzionale delle imprese associate coinvolte nel trasferimento. Per assurdo, il trasferimento di un singolo soggetto chiave, potrebbe comportare lo stravolgimento dei ruoli delle due imprese.
Nonostante il caso estremo, risulta ad ogni modo fondamentale considerare che spesso le imprese "subiscono" questa situazione, in quanto imposta come condizione da parte dei lavoratori. Questo è particolarmente evidente nel caso (su lato dell´impresa) delle "tech companies" e (sul lato dei lavoratori) di soggetti che svolgono quelle funzioni denominate nel gergo del Transfer Pricing come "DEMPE Functions" o che comunque ricoprono cariche con poteri decisionali all´interno dell´entità per cui lavorano.
Conseguentemente, va fatta un‘attenta valutazione sul dipendente che impone di lavorare da uno Stato differente rispetto a quello in cui è localizzata l´impresa a vantaggio della quale svolge le proprie mansioni per capire se la nuova costellazione potrebbe risultare in transazioni transfrontalieri rilevanti ai fini Transfer Pricing.
Una volta quindi riconosciuta la presenza di una transazione transfrontaliera infragruppo, è necessario definirne l'ammontare in maniera coerente con il principio di libera concorrenza. In tale ambito, duole scriverlo, non risulta esservi un metodo univocamente valido per tutte le situazioni. Alcune delle soluzioni già considerate si concentrano sull'applicazione del metodo del Profit Split, potenzialmente molto complesso sia da un punto di vista del calcolo dell'ammontare che della successiva giustificazione rispetto al principio di libera concorrenza nell'ambito di un'eventuale documentazione sui prezzi di trasferimenti.
In alternativa, alcuni suggeriscono l'impiego del metodo del costo maggiorato (comunemente applicato in caso di fornitura di servizi) che, nonostante una maggiore semplicità di applicazione generica, risulta più difficile (o addirittura meno indicato) nel caso di attività ad elevato valore aggiunto come quelle riconducibili alla definizione di "DEMPE Functions" a cura dell'OCSE.
Alcune alternative prospettate dagli esperti sono riconducibili ai cosiddetti "safe harbors" (che spesso però sono misure unilaterali e comportano quindi il rischio di non essere accettati da tutti i paesi coinvolti nella transazione analizzata), ad un "formulary apportionment" su modello di quanto prospettato dall'OCSE nell'ambito del Pillar One (che a sua volta però si scontra con un incremento della complessità di determinazione per le varie amministrazioni e non risolve comunque la tematica nel caso in cui l'individuo sia attivo da una località ove l'impresa multinazionale non ha sedi) o ad applicare una tassazione solo a livello di persona fisica (andando però a perdere del tutto la componente di imponibile ascrivibile all'impresa).
In conclusione, non è stata ancora individuata, a livello di best practice internazionale, una soluzione univoca universalmente applicabile e riconosciuta dalle diverse amministrazioni fiscali come tale. Conseguentemente, l´obiettivo del presente articolo, oltre a ricordare la necessità di effettuare eventuali valutazioni caso per caso in base alla specifica situazione che caratterizza il lavoratore e la multinazionale per cui svolge le proprie mansioni, è quello di offrire spunti su cui riflettere e possibili proposte per affrontare il tema nel caso in cui lo si dovesse incontrare.
* Hans Röll, Partner, Head of Transfer Pricing Rödl & Partner Italy *
* Simon Baumgartner, Associate Partner presso Rödl & Partner Italy (sede di Bozen)
* Luca Schroeder, Manager presso Rödl & Partner Italy (sede di Milano)