Responsabilità medica, un danno può trovarsi in rapporto di causalità con fatti tra loro diversi e generare distinte domande
Il diritto al risarcimento dei danni derivanti da errore medico appartiene alla categoria dei diritti cd. "eterodeterminati", talché, in buona approssimazione, ogni fatto illecito integra una autonoma "causa petendi"
Il diritto al risarcimento dei danni derivanti da errore medico appartiene alla categoria dei diritti cd. "eterodeterminati", talché, in buona approssimazione, ogni fatto illecito integra una autonoma "causa petendi": un danno può trovarsi in rapporto di causalità con fatti tra loro diversi e, di conseguenza, generare distinte domande. Così si è espresso il Tribunale di Pavia con la sentenza 718/2023.
Il fatto - Il Tribunale di Pavia, adito in materia di malpractice medica (nella specie si imputava ai sanitari la mancata sutura di una ferita lacerocontusa, l'incongrua applicazione di un presidio gessato e, ancora, la mancata procedura chirurgica di sintesi delle fratture con mezzi idonei), riconduce il diritto al risarcimento danni in tale settore alla categoria dei cd. "diritti eterodeterminati".
La decisione del Tribunale di Pavia - È opportuno muovere dalla affermazione, propria della giurisprudenza, secondo cui la parte (attore) non deve necessariamente seguire una formula fissa, o una terminologia specifica, essendo sufficiente che l'oggetto della domanda risulti, anche implicitamente, dalla descrizione contenuta nell'atto, in modo che il Giudice possa individuarlo e decidere in base al suo contenuto effettivo, secondo il principio di iura novit curia (Trib. Napoli, sez. VIII, 9 marzo 2023, n. 2540). In ordine alla causa petendi (ovvero, titolo o ragione della domanda) si è soliti operare una distinzione tra diritti autodeterminati, da un lato, e diritti eterodeterminati, dall'altro lato (v. App. Ancona, sez. I, 21 marzo 2023, n. 496).Mentre nelle domande autodeterminate (come sono le azioni a difesa della proprietà e degli altri diritti reali di godimento) la causa petendi si identifica con il diritto azionato stesso e non con il titolo che ne costituisce la fonte (contratto, successione, fatto illecito, etc.) la cui deduzione, pur necessaria ai fini della prova del diritto, non ha alcuna funzione di specificazione della domanda (Cass. civ., sez. II, 10 ottobre 1997, n. 9851; Cass. civ., sez. II, 18 febbraio 1991, n. 1682; Cass. civ., sez. II, 21 giugno 1995, n. 7033; Cass. civ., sez. I, 6 agosto 1997, n. 7267), nelle domande eterodeterminate (diritti di obbligazione in genere), l'identificazione del titolo è in funzione dello specifico fatto storico dedotto, sicché la causa petendi si risolve nel riferimento concreto a quei fatti specifici che sono affermati, e allegati, come costitutivi e, perciò, individuatori del diritto che si fa valere (Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 1994, n. 1654; Cass. civ., sez. un., 22 maggio 1996, n. 4712).
La differenza di tale regime è spiegabile in base alla circostanza che, se da un lato, nei diritti autodeterminati il bene giuridico formante oggetto della domanda è individuabile nella sua essenza indipendentemente dalla causale che ne determina la richiesta, dall'altro lato, nei diritti eterodeterminati, il bene richiesto acquista determinatezza solo mediante il collegamento con la causale addotta a sostegno della pretesa. In questa seconda ipotesi, infatti, vengono dedotti diritti che possono esistere contemporaneamente più volte fra i medesimi soggetti con lo stesso contenuto e che, pertanto, richiedono, quale indispensabile elemento di individuazione, l'allegazione dei fatti costitutivi sui quali essi si fondano (Cass. civ., sez. II, 30 dicembre 2002, n. 18370; Trib. Milano, sez. I, 24 luglio 2017).Consegue da tali considerazioni in ordine alla natura delle domande che la parte debba, nel caso di domande eterodeterminate, indicare e specificare in modo analitico il fondamento della propria richiesta, non potendosi limitare, al contrario, ad una esposizione generica dei danni sofferti (Trib. Latina, sez. I, 26 aprile 2023, n. 977).Venendo ora più da vicino al sottosistema della responsabilità civile medica, fermo restando che in esso la domanda di giustizia è da intendersi eterodeterminata (così come mette ben in evidenza l'adito Giudice del Tribunale di Pavia nella sentenza qui in esame), devono effettuarsi importanti distinguo avuto riguardo al tipo di intervento medico rilevante nel caso concreto (Trib. Milano, sez. I, 8 aprile 2021, n. 2895; Trib. Biella, 22 novembre 2018, n. 492).
Avuto riguardo a un intervento chirurgico di natura estetica voluttuaria, cioè non necessario dal punto di vista della cura medica, e non connotato da caratteristiche di incertezza metodologica (intervento standard, cioè routinario), il conseguimento di un risultato positivo per il paziente rappresenta la cartina di tornasole per valutare la correttezza dell'intervento del medico. Invero, nel contratto avente a oggetto una prestazione di chirurgia estetica, il sanitario può assumere una semplice obbligazione di mezzi, ovvero anche una obbligazione di risultato, da intendersi quest'ultimo non come dato assoluto ma da valutare con riferimento alla situazione pregressa. e alle obiettive possibilità consentite dal progresso raggiunto dalle tecniche operatorie. Non si configura così un inadempimento contrattuale imputabile al chirurgo estetico ove risulti accertato che l'operazione sia stata eseguita a regola d'arte, che le conseguenze della permanenza di cicatrici erano state indicate come effetto inevitabile dell'intervento, date le condizioni biologiche del paziente, e che quest'ultimo aveva validamente acconsentito con atto scritto alle modalità dell'operazione ed ai suoi esiti cicatrizzanti permanenti (Trib. Napoli, sez. VIII, 20 maggio 2019, n. 5155).
Si consideri invero che la domanda di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale ha ad oggetto un diritto di obbligazione. I diritti di obbligazione devono essere esaminati dal Giudice di merito così come gli vengono sottoposti, ovvero in base al fatto generatore dedotto dall'attore. Mutarne il fatto costitutivo significa, per ciò solo, mutarne la natura (è questa la ragione per cui sono definiti dalla dottrina come eterodeterminati). Precisamente, l'obbligazione di risarcimento del danno ha per fatto costitutivo l'inadempimento o il fatto illecito (art. 1173 c.c.), e tanto l'uno quanto l'altro consistono in condotte umane. Mutare, pertanto, la condotta del debitore come descritta nell'atto di citazione, significa mutare il fatto costitutivo della pretesa, e dunque modificare inammissibilmente la propria domanda (Cass. civ., sez. III, ord., 31 maggio 2018, n. 13767).
Procedendo oltre si pensi al caso in cui l'attore abbia chiesto, con l'atto di citazione, il risarcimento del danno da colpa medica per errore nell'esecuzione di un intervento chirurgico (e, quindi, per la lesione del diritto alla salute), e domandi poi in corso di causa anche il risarcimento del danno derivato dall'inadempimento, da parte dello stesso medico, rispetto al dovere di informazione necessario per ottenere un consenso informato (inerente al diverso diritto alla autodeterminazione nel sottoporsi al trattamento terapeutico). In tale ipotesi, secondo la giurisprudenza, si verifica una "mutatio libelli", e non una mera "emendatio", in quanto nel processo viene introdotto un nuovo tema di indagine e di decisione, che altera l'oggetto sostanziale dell'azione e i termini della controversia, tanto da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza (Cass. civ., sez. III, 13 ottobre 2017, n. 24071; App. Messina, sez. II, 13 dicembre 2022, n. 815; Trib. Catanzaro, sez. I, 27 gennaio 2023, n. 161). Ove, poi, il paziente-istante abbia posto a fondamento della proposta domanda giudiziale un evento dannoso asseritamente verificatosi, a suo carico, a causa della concreta esecuzione di un intervento chirurgico, e risulti invece dalla Consulenza Tecnica d'Ufficio espletata in corso di causa che le lesioni subite dal medesimo siano state originate da una prolungata immobilizzazione durante la fase postoperatoria, allora, in considerazione dell'avvenuta dimostrazione della dipendenza causale dell'evento dannoso dedotto in giudizio da un fattore causale radicalmente diverso da quello allegato dall'attore a sostegno della sua pretesa risarcitoria (in applicazione del principio emergente dalla disposizione normativa di cui all'art. 112 c.p.c.) la domanda giudiziale deve essere senz'altro rigettata (Trib. Napoli, sez. VIII, 21 gennaio 2019, n. 775).