Responsabilità sanitaria, sì alla clausola claims made
La Suprema corte, sentenza n. 29483 depositata oggi, ha chiarito che “non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 cod. civ.”
La Cassazione torna a ribadire la legittimità della clausola claims made in un contratto assicurativo. La Terza sezione civile, sentenza n. 29483 depositata oggi, affrontando un caso di malpractice sanitaria, con condanna della azienda Ulss e conseguente richiesta di manleva, ha affermato il principio di diritto per cui: “La clausola «claims made» non integra una decadenza convenzionale, nulla ex art. 2965 cod. civ. nella misura in cui fa dipendere la perdita del diritto dalla scelta di un terzo, dal momento che la richiesta del danneggiato è fattore concorrente alla identificazione del rischio assicurato, consentendo pertanto di ricondurre tale tipologia di contratto al modello di assicurazione della responsabilità civile”.
In primo grado, il tribunale aveva rigettato la domanda di manleva ritenendo valida la clausola “claims made” che subordinava, in ciascun contratto, la copertura assicurativa alla proposizione della prima richiesta di risarcimento del danno, da parte del terzo, nel periodo di vigenza del contratto, evenienza, nella specie, non verificatasi. Il giudice di seconde cure, dopo aver confermato la condanna risarcitoria della Usll, ne accoglieva parzialmente il gravame in merito alle domande di manleva, condannando due istituti assicurativi al pagamento dell’indennizzo. E ciò sul presupposto della nullità della clausola che subordinava l’operatività della polizza all’avvenuta denuncia della richiesta del risarcimento del danno, da parte del terzo, in costanza di rapporto, trattandosi di clausola vessatoria (che avrebbe, come tale, richiesto la specifica approvazione per iscritto). Inoltre, la clausola sarebbe stata apposta in violazione dell’art. 2965 cod. civ, stabilendo una decadenza tale da rendere eccessivamente difficile l’esercizio del diritto all’indennizzo.
Proposto ricorso, la Cassazione l’ha rigettato. I giudici di legittimità hanno invece accolto uno dei motivi proposti in via incidentale. In particolare, gli istituti assicurativi contestavano la decisione della Corte di appello – secondo cui il termine per l’escussione dell’assicurazione era nullo, a norma dell’art. 2965 cod. civ., in quanto rendeva eccessivamente difficile l’esercizio del diritto -, perché in contrasto con quanto affermato dalle Sezioni Unite sulle “on claims made”.
Per la Suprema corte infatti non può darsi seguito – perché rimasto del tutto isolato – al principio al quale si è richiamata la sentenza impugnata, secondo cui deve ritenersi nulla, se non specificamente sottoscritta, la clausola “claims made”, ponendo a carico dell’assicurato un termine di decadenza per denunciare l’evento, la decorrenza del quale non dipende dalla sua volontà (n. 8894/2020).
Tale principio, prosegue, è in contraddizione con la giurisprudenza di legittimità e in particolare con le S.U. n. 9140/2016, secondo cui “deve escludersi che la limitazione della copertura assicurativa alle «richieste di risarcimento presentate all’Assicurato, per la prima volta, durante il periodo di efficacia dell’assicurazione», in relazione a fatti commessi nel medesimo lasso temporale o anche in epoca antecedente, ma comunque non prima di tre anni dalla data del suo perfezionamento, integri una decadenza convenzionale, soggetta ai limiti inderogabilmente fissati nella norma codicistica di cui si assume la violazione”.
La condizione racchiusa nella clausola in contestazione, infatti, “consente o preclude l’operatività della garanzia in dipendenza dell’iniziativa di un terzo estraneo al contratto, iniziativa che peraltro incide non sulla sorte di un già insorto diritto all’indennizzo, quanto piuttosto sulla nascita del diritto stesso”, con la conseguenza “che non v’è spazio per una verifica di compatibilità della clausola con il disposto dell’art. 2965 cod. civ.”.
E tale “diversità di piani”, non comunicanti tra loro, in cui si collocano, rispettivamente, la clausola claims made e la disciplina dell’art. 2965 cod. civ. è riaffermata, sebbene in modo implicito, “ma senza equivoci”, dalla successiva sentenza n. 22437/2018, sempre delle Sezioni Unite.
Ne consegue, pertanto, che “non può essere affetta da nullità, ex art. 2965 c.c., la clausola claims made «perché fa dipendere la decadenza dalla scelta di un terzo», giacché l’atteggiarsi della richiesta del terzo, quale evento futuro, imprevisto ed imprevedibile, è del tutto coerente con la struttura propria del contratto di assicurazione contro i danni (nel cui ambito, come detto, è da ricondursi la polizza con clausola claims made), in cui l’operatività della copertura deve dipendere da fatto non dell’assicurato”.
In conclusione, in accoglimento del solo terzo motivo del ricorso incidentale, proposto congiuntamente da Unipolsai Assicurazioni, Siat e Groupama Assicurazioni, la sentenza è stata cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, per la decisione sul merito – e sulle spese– in applicazione del citato principio di diritto.