Resta la responsabilità del datore se il lavoratore usa strumenti impropri e pericolosi
In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, per escludere la responsabilità del titolare della posizione di garanzia, l'interruzione del nesso di condizionamento, a causa del comportamento imprudente del lavoratore, da solo sufficiente a determinare l'evento, richiede che la condotta del lavoratore si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento, spiegano i giudici della Cassazione con la sentenza 49373/2018, è “interruttivo” non perché “eccezionale” ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare: ciò che peraltro deve escludersi quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle criticità (come nella specie, in cui l'infortunio si era verificato per l'utilizzo di uno strumento di lavoro del tutto improprio e potenzialmente pericoloso).
Addebito di responsabilità a carico del datore - È principio consolidato quello secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, l'addebito di responsabilità formulabile a carico del datore di lavoro non è escluso dai comportamenti negligenti, trascurati, imperiti del lavoratore, che abbiano contribuito alla verificazione dell'infortunio, giacché al datore di lavoro, che è “garante” anche della correttezza dell'agire del lavoratore, è imposto (anche) di esigere da quest'ultimo il rispetto delle regole di cautela (cfr. articolo 18, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81).
A tale regola, si fa unica eccezione, in coerente applicazione dei principi in tema di interruzione del nesso causale (articolo 41, comma 2, del codice penale), in presenza di un comportamento assolutamente eccezionale e imprevedibile del lavoratore: in tal caso, anche la condotta colposa del datore di lavoro che possa essere ritenuta antecedente remoto dell'evento dannoso, essendo intervenuto un comportamento assolutamente eccezionale e imprevedibile (e come tale inevitabile) del lavoratore, finisce con l'essere neutralizzata e privata di qualsivoglia rilevanza efficiente rispetto alla verificazione di un evento dannoso (l'infortunio), che, per l'effetto, è addebitabile materialmente e giuridicamente al lavoratore.
Ciò può verificarsi in presenza (solo) di comportamenti “abnormi” del lavoratore, come tali non suscettibili di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. In questa prospettiva, secondo la lettura più recente e accreditata (cfr. anche, in parte motiva, sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn e altri), il datore di lavoro non può essere chiamato a rispondere dell'infortunio subito dal lavoratore non solo quando il comportamento di quest'ultimo risulti definibile come “abnorme” e quindi non suscettibile di controllo da parte del titolare della posizione di garanzia (dovendosi considerare abnorme non solo il comportamento posto in essere in una attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite, ma anche quello “connesso” con lo svolgimento delle mansioni lavorative, ma consistito in qualcosa di radicalmente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili imprudenti scelte del lavoratore nell'esecuzione del lavoro), ma anche quando il comportamento del lavoratore, pur non abnorme di per sé, risulti “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il titolare della posizione di garanzia è chiamato a “governare”.
In termini, di recente, sezione IV, 20 marzo 2018, Bozzi, laddove in una situazione analoga a quella esaminata si è esclusa l'“abnormità” della condotta del lavoratore, perché si versava in un'ipotesi disciplinata dall'articolo 71, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, che pone a carico del datore di lavoro l'obbligo di mettere «a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo 70, idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie».
Cassazione – Sezione IV penale – Sentenza 29 ottobre 2018 n. 49373