Penale

Revenge porn: doppio livello di tutela per le vittime

Con il diffondersi delle tecnologie, negli ultimi anni il fenomeno è cresciuto in maniera esponenziale anche in Italia.

di Elisa Chizzola*

Il revenge porn e, più in generale, il fenomeno della pornografia non consensuale, consiste nella diffusione di immagini pornografiche o sessualmente esplicite a scopo vendicativo, per denigrare pubblicamente, bullizzare e molestare la persona cui si riferiscono (ad esempio, per "punire" l'ex partner che ha deciso di porre fine ad un rapporto amoroso).

Con il diffondersi delle tecnologie, negli ultimi anni il fenomeno è cresciuto in maniera esponenziale anche in Italia.

L'accessibilità ad Internet e l'incontrollabile diffusività del mezzo telematico hanno ormai influenzato gran parte dei nostri comportamenti. Sono proprio la potenzialità della rete e l'esponenziale capacità di condivisione dei contenuti immessi nel web che hanno contribuito alla diffusione del revenge porn.

Gli episodi di "vendetta pornografica" portano inevitabili e rilevanti ripercussioni di tipo psicologico-sociale nelle vittime, le quali, in alcuni casi non riescono a tollerare la situazione creatasi a seguito della diffusione dei propri video o scatti privati e maturano decisioni drammatiche arrivando addirittura il suicidio.

Il reato del revenge porn è stato espressamente previsto e punito dal Legislatore penale attraverso il Codice rosso del 2019 .

Tale fattispecie delittuosa ha trovato una disciplina non solo a livello penale, ma anche all'interno della normativa in materia di protezione dei dati personali.

A fine 2021, infatti, è stato introdotto un importante strumento a tutela delle potenziali vittime di tale delitto, garanzia da esplicarsi in via preventiva di fronte al Garante privacy, in caso di fondato motivo di pericolo di realizzazione del reato.

In tale contesto si assiste, quindi, ad un doppio livello di tutela, che si attua sia sul versante processual-penalistico che sul versante amministrativo-preventivo.

Disciplina penale

Il reato di revenge porn è stato inserito nel corpus normativo del Codice penale dalla (cd. Codice rosso). Tale ipotesi delittuosa è prevista dall'articolo 612-ter del Codice penale , norma rubricata "Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti". La disposizione punisce – con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 5.000 a 15.000 euro – chi, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate.

Il Codice penale punisce anche chi, in seconda battuta, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde le stesse immagini e/o i video in questione, senza il consenso delle persone rappresentate, al fine di recare loro nocumento.

Sono previste delle circostanze aggravanti specifiche. Infatti, la pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è altresì aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

Il delitto è punito a querela della persona offesa.

Dalla semplice lettura della norma, si osserva come la fattispecie delittuosa sia strutturata in due distinte ipotesi, il cui discrimine è rappresentato dalla modalità con la quale l'agente entra in possesso delle immagini che diffonderà successivamente. Il primo comma dell'articolo 612-ter c.p. configura il caso in cui l'agente abbia contribuito alla realizzazione delle immagini dal contenuto intimo o sessualmente esplicito o che le abbia sottratte, mentre il secondo comma disciplina l'ipotesi in cui il diffusore le abbia ricevute o acquisite in altro modo. A seconda delle modalità di acquisizione, il Legislatore ha diversamente modulato l'elemento soggettivo del reato. In particolare, nel caso di ricezione del materiale, ai sensi del secondo comma, ai fini della sussistenza del reato, l'agente deve realizzare la condotta con il fine del "nocumento" nei confronti della persona rappresentata nelle immagini o nei video diffusi.

Inoltre, la norma parla espressamente di contenuti "destinati a rimanere privati". Pertanto, ulteriore requisito richiesto ai fini della configurabilità del reato, è quello del contesto di riservatezza nel quale immagini e/o video dal contenuto sessuale sono originariamente realizzati, contesto nel quale sarebbero rimasti se non fosse intervenuta una delle condotte tipiche.

Disciplina privacy

Come anticipato, oltre alla disciplina penale - data la portata e la gravità del fenomeno e, non ultimo, tenendo conto della difficoltà di soddisfare a pieno, a posteriori, il diritto all'oblio in capo alla vittima - è stata inserita all'interno della normativa privacy nazionale una norma ad hoc dedicata alla tutela delle potenziali vittime del reato in questione, possibilità di tutela che è possibile esplicare in via preventiva di fronte al Garante per la protezione dei dati personali.

Nella sostanza, ricevuta la segnalazione, il Garante si attiva tempestivamente per disporre il blocco preventivo nei confronti delle piattaforme indicate dal segnalante (di regola, attraverso l'implementazione di specifiche tecnologie, quali ad es. codici hash).

A livello normativo, infatti, a fine 2021 è stata inserita nel Codice in materia di protezione dei dati personali ( Dlgs 196/2003 ) una nuova disposizione ad opera del Dl 139/2021, convertito con modificazioni con la Legge 205/2021: il nuovo articolo 144-bis attribuisce al Garante privacy la competenza a ricevere segnalazioni (che si sostanziano in segnalazioni di "pericolo di revenge porn") da parte di «chiunque, compresi i minori ultraquattordicenni, abbia fondato motivo di ritenere che registrazioni audio, immagini o video o altri documenti informatici a contenuto sessualmente esplicito che lo riguardano, destinati a rimanere privati, possano essere oggetto di invio, consegna, cessione, pubblicazione o diffusione attraverso piattaforme digitali senza il suo consenso».

Quando le registrazioni audio, le immagini o i video o gli altri documenti informatici riguardano minori, la segnalazione al Garante può essere effettuata anche dai genitori o dagli esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela.

Il medesimo art. 144-bis del Codice prevede che il Garante, nelle 48 dal ricevimento della segnalazione, decida ai sensi degli articoli 143 e 144 del Codice, vale a dire conformemente alle norme che disciplinano la gestione dei reclami e delle segnalazioni.In virtù dell'art. 144-bis, i fornitori di servizi di condivisione di contenuti audiovisivi, ovunque stabiliti, che erogano servizi accessibili in Italia, indicano senza ritardo al Garante o pubblicano nel proprio sito internet un recapito al quale possono essere comunicati i provvedimenti adottati dall'Autorità di controllo post segnalazione.

Il Garante, verifica la compatibilità della richiesta alla previsione di cui all', e, se tale verifica si rivela positiva, dispone un'ingiunzione in via d'urgenza agli stessi fornitori di servizi di adottare immediatamente tutte le misure necessarie ad impedire la diffusione sulle relative piattaforme del materiale (video, foto) segnalato.

Nello specifico, infatti, alla luce delle modifiche normative di fine 2021 è stato parallelamente modificato anche il Regolamento n. 1/2019 riguardante le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti dei compiti e all'esercizio dei poteri demandati al Garante per la protezione dei dati personali.

In particolare, la Deliberazione del Garante privacy del 27 gennaio 2022 ha inserito nel citato Regolamento l'articolo 33-bis, dedicato specificatamente al revenge porn, ai sensi del quale: "Il dipartimento, servizio o altra unità organizzativa competente, verificata la compatibilità della richiesta alla previsione di cui all'art. 144-bis del Codice, entro 48 ore dal ricevimento della segnalazione, salva l'esigenza di acquisire un'integrazione delle informazioni fornite dal segnalante ai fini della predetta verifica, predispone il provvedimento volto ad impedire l'eventuale diffusione del materiale oggetto di segnalazione. Il provvedimento è adottato in via d'urgenza dal dirigente della medesima unità organizzativa e sottoposto a ratifica nella prima adunanza utile del Garante. In caso di mancata ratifica, il provvedimento decade. Il provvedimento (…) è trasmesso ai gestori delle piattaforme digitali, corredato del materiale oggetto di segnalazione o dalla relativa impronta hash".

In questo ambito, occorre ricordare che ad oggi sono cinque i provvedimenti a tutela di potenziali vittime di revenge porn (si vedano i doc. web n. 9775414, 9775327, 9775401, 9775948, 9775932, i primi tre datati 28 aprile 2022, gli ultimi due datati 26 maggio 2022) con cui il Garante privacy ha, ai sensi dell'articolo 33-bis, comma 2, del citato Regolamento n. 1/2019, ratificato il provvedimento adottato d'urgenza dai Dirigenti del dipartimento, servizio o altra unità organizzativa competente. Sulla base di tali provvedimenti, l'Autorità di controllo ha ingiunto in via d'urgenza a Facebook, Instagram e Google di adottare immediatamente tutte le misure necessarie ad impedire la diffusione sulle relative piattaforme del materiale (video, foto) segnalato all'Ufficio del Garante da alcune persone che ne temevano la messa on line.

In chiusura, è bene sottolineare come il Garante privacy, anche prima della modifica normativa descritta intervenuta a fine 2021 con la quale sono stati attributi all'Autorità di controllo, come visto, nuovi compiti e poteri, si sia sempre dimostrato molto attento al tema del revenge porn. Infatti, già a marzo 2021 con una pratica e utile scheda informativa ha dato indicazioni interessanti in questo ambito sottolineando l'importanza di una riflessione continua sul come difendersi e prevenire questo tipo di fenomeni attraverso una corretta protezione e gestione dei dati personali, e, in particolare, delle foto e dei video che ritraggono le persone.

In generale, il Garante consiglia alle persone che abbiano già diffuso loro "immagini esplicite" oppure nel caso in cui abbiano saputo che qualcuno le ha prodotte a loro insaputa (ad esempio durante momenti intimi), di chiedere a chi le detiene di cancellarle, in modo da bloccare ogni possibilità di ulteriore diffusione.

Il Garante ricorda che chiedere la cancellazione di dati che ci riguardano è un diritto fondamentale garantito dalla normativa italiana ed europea in materia di protezione dei dati personali e la diffusione senza consenso di dati riferiti alle persone (come appunto le immagini) è una violazione punibile con sanzioni pecuniarie e, in alcuni casi, anche penali (come nel caso di integrazione del revenge porn).

*a cura di Elisa Chizzola

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