Reversibilità dello smart working: un nodo da sciogliere
In presenza di un "giustificato motivo", ciascun dei contraenti ha il diritto di recedere prima della scadenza del termine, nel caso di accordo a tempo determinato o, senza preavviso, nel caso di accordo a tempo indeterminato
La disciplina del lavoro agile, recentemente integrata dal Protocollo del 7 dicembre, lascia ancora una volta "avvolti nel mistero" i presupposti al ricorrere dei quali il dipendente ha il diritto di recedere dall'accordo di smart working (con conseguente rientro in ufficio).
L' art. 19 della Legge 81/2017 , infatti, prevede che, in presenza di un "giustificato motivo", ciascun dei contraenti abbia il diritto di recedere prima della scadenza del termine, nel caso di accordo a tempo determinato o, senza preavviso, nel caso di accordo a tempo indeterminato.
Il Protocollo conferma questo impianto normativo, senza aggiungere alcun elemento ulteriore in merito.
Si tratta di un'impostazione peculiare, in parte distinta da quella che era stata adottata per il telelavoro nell'ormai lontano accordo interconfederale del 2004 (che presuppone che tutte le condizioni di possibile reversibilità siano contenute in un accordo individuale o collettivo).
Ebbene, se, per le imprese, appare più semplice identificare cosa possa intendersi per giustificato motivo (il riferimento, infatti, potrebbe essere ad una ragione inerente l'attività produttiva o l'organizzazione del lavoro, come accade per i trasferimenti o i licenziamenti), la dicitura appare molto più "sibillina" per il corrispondente diritto di recesso del lavoratore.
Sebbene si tratti di un diritto di "ripensamento" del tutto in linea con lo spirito della norma, che mira ad evitare forme di lavoro agile "forzato", l'assenza di alcun riferimento normativo o di casistiche predefinite pone un grande clima di incertezza per quelle aziende che vogliano effettuare una programmazione di lungo periodo sulla gestione dei propri spazi fisici, prevedendone magari un importante ridimensionamento alla luce degli accordi di lavoro agile sottoscritti. Un recesso, contemporaneo, di gruppi di lavoratori in smart working potrebbe comportare l'inaspettata esigenza di modificare del tutto l'assetto organizzativo aziendale.
Sul punto, sembra essenziale un intervento della contrattazione collettiva, che possa individuare un elenco, perlomeno esemplificativo, delle ipotesi in cui possa reputarsi legittimo il diritto del lavoratore al recesso senza preavviso dall'accordo di smart working. É forse una delle sfide più interessanti che le parti sociali dovranno cogliere.
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*A cura di di Giorgio Manca – Giuslavorista, Partner di DWF