Civile

Rinvio pregiudiziale in Cassazione valido anche senza contraddittorio preventivo

Per la Sezioni unite, ordinanza n. 15130/2024, l’ascolto delle parti può essere posticipato e svolgersi anche nella successiva fase davanti alla Suprema corte

di Francesco Machina Grifeo

Importante precisazione delle Sezioni unite su un passaggio della riforma Cartabia. Il rinvio pregiudiziale in Cassazione da parte del giudice del merito, una novità introdotta dalla legge n. 149 del 2022 che permette ai tribunali di adire la Suprema corte per dirimere una rilevante questione di diritto sorta nell’ambito di un procedimento in corso, è valido anche in assenza del contraddittorio preventivo delle parti, prescritto dalla norma. Per la Cassazione, ordinanza n. 15130/2024 che afferma sul punto un principio di diritto, l’ascolto delle parti può anche essere posticipato davanti al giudice di legittimità.

Il rinvio pregiudiziale è stato disposto dal Tribunale di Salerno che chiedeva di dirimere una questione relativa ai sistemi di ammortamento dei mutui bancari (in particolare, quello “alla Francese”, ritenuto poi legittimo dalla Corte). La banca ha però chiesto di dichiarare la nullità dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale per violazione dell’articolo 363-bis, comma 1, c.p.c. («Il giudice di merito può disporre con ordinanza, sentite le parti costituite, il rinvio pregiudiziale…»).

E la Procura Generale ha dato ragione all’istituto di credito concludendo per la inammissibilità del rinvio, in quanto disposto senza avere prima udito le parti sull’intenzione del giudice di merito di attivare lo strumento di nomofilachia preventiva (legge n. 149 del 2022). E tanto perché l’articolo 363 - bis , comma 1, c.p.c. ne prescrive espressamente l’attuazione nella fase di merito e in via preventiva anche in funzione anche della necessità di evitare che le parti subiscano la sospensione del procedimento «a sorpresa» e per un tempo indefinito.

Di diverso avviso la Suprema corte. Per le SU, non si tratta di “svalutare l’importanza del contraddittorio preventivo” ma piuttosto di “ammettere che il contraddittorio può realizzarsi anche nella successiva fase dinanzi alla Corte di cassazione”, dove le parti possono “illustrare profili di inammissibilità del rinvio non potuti illustrare nella precedente fase”. A quel punto, prosegue la decisione, sebbene non valutati dal giudice rimettente, tali profili “potranno essere posti dalla Corte a sostegno della declaratoria di inammissibilità del rinvio o , qualora non condivisi, a conferma della ammissibilità già valutata dalla Prima Presidente «prima facie» se sussistono le condizioni previste dall’articolo 363 - bis c.p.c.”.

Per la Suprema corte va dunque affermato il seguente principio di diritto: “in tema di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c., l’ordinanza di rinvio emessa dal giudice di merito senza avere sentito le parti sul proposito di investire la Corte di cassazione, in violazione del primo comma dell’art. 363-bis (il giudice «sentite le parti costituite» può disporre il rinvio), non è automaticamente nulla né rende di per sé inammissibile il rinvio, potendo il contraddittorio preventivo essere recuperato nella fase dinanzi alla Corte di cassazione con le memorie in vista della pubblica udienza e con la discussione orale dinanzi alla Corte; all’esito di tali attività l’ammissibilità del rinvio, già valutata dal Primo Presidente «prima facie», potrà avere conferma se il Collegio riterrà che sussistono le condizioni oggettive previste dalla medesima disposizione (natura esclusivamente di diritto della questione, novità e necessità della stessa ai fini della definizione del giudizio, gravi difficoltà interpretative, ripetibilità della questione in numerosi giudizi) o smentita, nel qual caso il rinvio sarà dichiarato inammissibile.

La soluzione tra l’altro, conclude la Corte, è anche in sintonia con la norma di chiusura del sistema delle nullità (l’art. 162, comma 1, c.p.c: «Il giudice che pronuncia la nullità deve disporre, quando sia possibile, la rinnovazione degli atti») che “lungi dal correlare la nullità alla impossibilità giuridica di produzione di effetti dell’atto nullo, ammette al contrario la correlazione della prima con la possibilità giuridica dell’atto (nullo), al fine di favorirne il raggiungimento dello scopo, ove possibile, mediante una regola di autorettificazione del processo orientata a favorire la statuizione di merito”.

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