Responsabilità

Risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, il "legame di sangue" non conta

Il tribunale di Lecce ha riconosciuto il diritto al ristoro al cognato che faceva le "funzioni di padre"

di Pietro Alessio Palumbo

Il fatto illecito costituito dalla uccisione del congiunto dà luogo ad un danno non patrimoniale presunto, consistente nella perdita del rapporto parentale allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela, la cui estinzione lede il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare. Perché, invece, possa ritenersi risarcibile la lesione del rapporto parentale tra soggetti estranei a tale ristretto nucleo familiare è necessario che sussista una situazione di "intimità" delle relazioni, contraddistinta da reciproci legami affettivi, pratica della solidarietà e sostegno economico. Solo in tal modo assume rilevanza giuridica il collegamento tra danneggiato primario e secondario. Con questo paradigma per il Tribunale di Lecce (sentenza 4 marzo 2021) va risarcito del danno da perdita del figlio tragicamente morto, anche chi pur non padre, come tale si sia sentito, e comportato, e visto dal bambino a fronte di un padre naturale affettivamente assente. Testimone chiave della vicenda l'ex maestra del bambino che lo aveva visto preparare e donare il "lavoretto" per la festa del papà al giovane cognato, una sorta di fratello maggiore o forse anzi un "ibrido" tra un fratello e un padre. Il tutto si badi - evidenzia il Giudice – in assenza di un concreto "legame di sangue".

P unto nodale: equiparabilità del legame a quello tra i componenti di una famiglia nucleare
È necessario concentrarsi sull'onere della prova. Se infatti nel caso della perdita di un figlio, di un padre o del coniuge, il danno è presunto, nel caso di rapporti di parentela o affinità esterni rispetto alla composizione della famiglia nucleare, la prova deve essere più rigorosa. A ben vedere la convivenza non è elemento indispensabile, a condizione che si provi comunque quella condivisione di affetti e di vita che viene "recisa" per effetto della morte del congiunto. Nel caso della perdita del cognato, dunque, non potrà certamente ritenersi che un danno sia presumibile, ma non può neppure escludersi che venga troncato quel rapporto familiare che è tutelato dalla Costituzione. Il punto nodale della questione attiene dunque all'esame del caso concreto e all'accertamento di un effettivo rapporto parentale suscettibile di essere equiparato a quello dei componenti della famiglia nucleare.

Le nuove dinamiche familiari e i moderni mezzi di "telecomunicazione familiare"
Nella odierna realtà sociale in cui la famiglia allargata, tradizionalmente legata ad un contesto rurale, non esiste più, si può affermare che la convivenza come requisito individuante la sussistenza di un particolare legame affettivo non sia l'unico elemento dirimente sul quale possa basarsi il riconoscimento del presupposto risarcitorio. La casistica riguardante le dinamiche relazionali della famiglia presenta una veloce evoluzione verso modalità di coniugio e di genitorialità basate sulla distanza fisica fra marito e moglie, fra padri, madri e figli e fra questi ed i parenti. Distanza che spesso intercorre perfino fra nazioni diverse, senza con ciò intaccare il vincolo di solidarietà e la comunione di vita e di affetti che governano le relazioni parentali. L'evoluzione si può constatare a maggior ragione fra i membri della famiglia non nucleare, che sempre più spesso vivono lontani fra loro, mantenendo quasi sempre rapporti attraverso i moderni mezzi di telecomunicazione. Conseguentemente la prova della convivenza non può essere l'unico parametro per accogliere o negare una richiesta risarcitoria proveniente da componenti della famiglia diversi da quelli più stretti.

L'assenza del "vincolo di sangue"
A ben vedere nessun rilievo può essere attribuito all'assenza di "vincolo di sangue", non incidendo esso sulla ben possibile intimità della relazione, sul reciproco legame affettivo e sulla concreta pratica della solidarietà. E una interpretazione volta a ritenere che la differenza tra risarcibilità e non risarcibilità sia basata unicamente sul rapporto di parentela per sangue, implica violazione dell'articolo 3 della Costituzione. Ciò in quanto – accenta il Giudice - rapporti aventi le medesime caratteristiche, sarebbero trattati diversamente, sulla base di un elemento meramente occasionale o accidentale. Su queste basi il padre, per il quale si presume normalmente un danno per la perdita del rapporto parentale con un figlio, addirittura minorenne, potrebbe non avere diritto a risarcimento alcuno, ove fosse dimostrata la scelta del padre di abbandonare il figlio prima della nascita ovvero di interrompere con questi qualsivoglia rapporto.

Gli "ibridi" affettivi
Nelle foto in atti del giudizio in esame il cognato è riprodotto insieme al ragazzo fin da quando questi era piccolissimo ed è ripreso in momenti svariati della vita, non solo in occasione del Natale, dei compleanni o della Prima Comunione, ma anche in momenti di gioco, di relax sul divano, a dormire nello stesso letto, sugli scalini di una chiesa. Nelle foto i cognati sono spesso abbracciati o legati da uno sguardo reciproco e "complice". Tali fotografie dimostrano quindi che il cognato si è presentato come una figura paterna durante l'infanzia del bambino. E ciò è stato confermato dalle testimonianze degli insegnanti del ragazzo scomparso. Ebbene per il Giudice pugliese ciò basta per la prova dell'esistenza di un rapporto parentale giuridicamente rilevante che è stato leso per effetto del sinistro stradale che ha causato la morte del ragazzo. Un rapporto parentale che sul piano risarcitorio il Tribunale ha ritenuto sovrapponibile per alcuni aspetti a quello di genitorialità e per altri a quello fraterno. Dunque un rapporto "ibrido", in ogni caso slegato da vincoli di sangue, tuttavia saldo, solido e profondo e per ciò stesso tragico nella sua violenta e improvvisa recisione a causa dell'incidente stradale.

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