Civile

Risarcimento per l’errore sull’assegno: non c’è obbligo di mediazione

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di Marco Marinaro

La domanda giudiziale che ha per oggetto il risarcimento del danno che consegue all’accertamento della responsabilità della banca per avere questa pagato, quale banca negoziatrice, un assegno non trasferibile a un soggetto diverso dall’effettivo beneficiario non rientra nell’ambito dei “contratti bancari” al fine del preventivo esperimento della mediazione quale condizione di procedibilità. Lo ha stabilito la Cassazione con l’ordinanza 9204 del 20 maggio 2020 (presidente Scaldaferri, relatore Dolmetta) in una controversia decisa in sede di appello dal Tribunale di Milano con la sentenza del 30 novembre 2017 che aveva respinto l’eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento della mediazione obbligatoria.

La sentenza di appello
Il giudice di appello aveva rilevato, al riguardo, che l’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 28/2010 non indica genericamente la materia bancaria quale oggetto di mediazione obbligatoria, ma puntualizza che la mediazione è obbligatoria per la specifica materia dei “contratti bancari”. Nel caso esaminato, invece, la fonte dell’obbligo, la cui violazione risulta imputata alla banca, si troverebbe direttamente nella legge (legge assegni, articolo 43).

Dinanzi alla Cassazione la parte ricorrente contesta in primo luogo proprio la decisione del Tribunale di respingere l’eccezione di improcedibilità della domanda attorea per mancato esperimento del tentativo di mediazione obbligatorio, precisando che, essendo stata invocata una responsabilità contrattuale, non vi sarebbe dubbio che la stessa avrebbe dovuto rientrare nell’alveo dei “contratti bancari”.

La Cassazione
Per contro, la Suprema corte ha ritenuto che la fattispecie non possa rientrare in questo ambito normativo: «L’assegno rientra propriamente nel novero dei servizi di pagamento, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, art. 2, lett. g), con disposizione che in se stessa prescinde dal carattere “bancario” del soggetto che venga a prestare il relativo servizio. D’altronde, la stessa convenzione di assegno, se può anche trovarsi inserita nel corpo di “contratti bancari”, mantiene pur sempre una sua propria autonomia, sia sotto il versante funzionale, che sotto quello strutturale».

Appare utile segnalare che, con riferimento al perimetro della materia dei “contratti bancari”, per verificare l’assolvimento della condizione di procedibilità con l’esperimento della mediazione, già da tempo la giurisprudenza di merito ha chiarito che la mediazione, in questi casi, costituisce una limitazione alla regola generale dell’accesso diretto alla giustizia e, come tutte le ipotesi di giurisdizione condizionata, costituisce quindi una norma eccezionale non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica.

A ciò consegue che l’azione revocatoria prevista dall’articolo 2901 del Codice civile, anche se giustificata da contratti in materia bancaria, non deve essere preceduta dall’obbligo preliminare della mediazione (Tribunale di Varese, 10 giugno 2011; Tribunale di Pavia, 26 ottobre 2011; Corte d’Appello Milano, 25 maggio 2017).

Cassazione, ordinanza 9204 del 20 maggio 2020

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