Penale

Rischi tributari e riflessi sull'attività di vigilanza dell'ODV in ambito 231

Brevi cenni sui rischi tributari e riflessi sull'attività di vigilanza dell'ODV in ambito 231 attraverso una corretta cultura di gestione e controllo

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di Antonio Bana *


L'attuazione della Direttiva PIF e l'ampliamento del novero dei reati presupposto ex D.lgs. 231/01
Tra le importanti novità previste dalla legge n.157 del 19 dicembre 2019 (entrata in vigore il 25 dicembre 2019), che ha convertito il D.L. n.124/2019 (c.d. "Decreto Fiscale"), vi è l'inclusione di taluni reati tributari previsti dal D.lgs. n. 74/2000 tra quelli presupposto della responsabilità amministrativa degli Enti (nuovo art.25-quinquiesdecies del D.lgs. n. 231/2001, introdotto dall'art.39, co.2, del D.L. n.127/2019).
La novella era stata auspicata anche dalla Corte di Cassazione la quale, in tema di confisca, suggeriva "un intervento del legislatore volto ad inserire i reati tributari fra quelli per i quali è configurabile una responsabilità amministrativa dell'ente ai sensi del D.lgs. 8 giugno del 2001, n.231". Ved. Cass. Pen. Sez. Un., ud. 30 gennaio 2014, dep. 5 marzo 2014, n.10561 .
Segnaliamo ai lettori la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.lgs. 14 luglio 2020, n. 75 (in G.U. n. 177 del 15 luglio 2020), volto ad adeguare la disciplina penale italiana alla direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, in tema di lotta contro la frode che leda gli interessi finanziari dell'Unione (c.d. " direttiva PIF " – direttiva per la protezione degli interessi finanziari).
La direttiva (VE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2017 (c.d. direttiva PlF) reca norme per la "lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale".
La direttiva sostituisce e aggiorna la precedente Convenzione PIF, gia recepita nel nostro ordinamento con l. 300/2000.
Per conformarsi alle disposizioni innovative contenute nella direttiva, il decreto presenta le seguenti principali novità, con alcuni interventi di modifica apportati al decreto in seguito alle osservazioni formulate dalle Commissioni Parlamentari e dei quali si e pero tenuto conto nel redigere l'elenco seguente.
1.Intervenendo sul codice penale, inasprisce le pene per una serie di reati (316, 316-ter, 319-quater) quando dalla commissione degli stessi derivi una lesione degli interessi finanziari dell'Unione europea, nonché estende l'area di punibilità di taluni reati (322-bis, 640) per ricomprendervi fatti offensivi dei medesimi interessi;
2.Intervenendo sul d.lgs. 74/2000, in relazione ai delitti dichiarativi di cui agli artt. 2, 3 e 4;
3.Intervenendo in tema di elusione dei diritti doganali, ripristina (dopo la depenalizzazione attuata con D.lgs. n. 8/2016) le sanzioni penali per il reato di contrabbando quando gli importi evasi sono superiori a diecimila;
4.Intervenendo sul D.lgs. n. 231/2001, amplia significativamente il catalogo dei reati presupposto, tra cui sono inseriti il delitto di frode nelle pubbliche forniture, di frode in agricolture e di contrabbando, alcuni delitti contro la pubblica amministrazione (314, 316, 323).


I reati tributari inseriti nel novero della 231/2001 ex art. 25-quinquiesdecies
L'art. 39, comma 2 del D.L. 124/2019 ha inserito nel catalogo dei reati ex. D.lgs. n. 231/2001, all'art. 25-quinquiesdecies, alcuni reati fiscali previsti dal D.lgs. del 10 marzo 2000, n. 74, che fanno scattare la responsabilità amministrativa dell'ente, nello specifico:
- Reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 D.lgs. n. 74/2000);
- Reati di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3 D.lgs. n. 74/2000);
- Reati di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8 D.lgs. n. 74/2000);
- Reato di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10 D.lgs. n. 74/2000);
- Reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art.11 D.lgs. n. 74/2000).
Con il secondo comma dell'art. 25-quinquiesdecies è poi prevista l'applicazione di una circostanza aggravante, che aumenta la pena base se risulta constatato il conseguimento di un "profitto di rilevante entità".
Infine, con il terzo comma dell'art 25-quinquiesdecies, è prevista l'applica- zione, nei casi di condanna, di una sanzione interdittiva.
Una corretta consapevolezza di una cultura di gestione e controllo deve sia essere essenziale per il perseguimento degli obiettivi di una impresa, che puntare ad un livello strategico di primario livello.
L'importanza dell'indipendenza di funzioni di controllo svolge un ruolo fondamentale in quell'obbiettivo di giudizio e di capacità di esprimere un'opinione che possa considerare totalmente e trasversalmente tutti i fattori a rischio, senza interferenze né condizionamenti esterni.
In questo modo l'attività dei componenti dell'OdV deve erigersi a baluardo di autonomia, con effettivi poteri di controllo e senza essere sottoposto alle dirette dipendenze del soggetto controllato.


L'attività dell'Organismo di Vigilanza e le relative finalità
L'OdV svolge sì funzioni di controllo ma – giova ribadirlo – non in merito alla prevenzione dei reati, bensì al funzionamento e all'osservanza del MOG. È naturalmente sprovvisto dei poteri impeditivi della commissione degli illeciti, e di ciò ne è prova il fatto che non è suo compito adottare il MOG, né aggiornarlo, ma solo verificarne l'applicazione e suggerire agli organi gestori gli interventi necessari alla corretta funzionalità.
Èdi logica deduzione anche il requisito dell'autonomia dell'OdV (art. 6, comma l, lett. b), D.lgs. n. 231/2001) che non comporta attribuzioni di poteri di intervento sull'organizzazione dell'ente. Persino l'autonomia di spesa dell'OdV, ove prevista dallo Statuto dell'ente, è correlata al solo svolgimento dei compiti di controllo.
Nel rispetto dei poteri di iniziativa e controllo, l'OdV ha facoltà di prendere visione dei documenti concernenti i flussi finanziari al fine di verificarne la corrispondenza, la trasparenza e la univocità degli stessi.
All'Organismo di Vigilanza spetta unicamente l'obbligo di vigilare sul funzionamento e l'osservanza del Modello al fine di riferire gli eventuali malfunzionamenti di una procedura o Ia necessità di un suo aggiornamento, rispettivamente, all'organo dirigente - preposto all'adozione del Modello – e al Collegio Sindacale – quale garante dell'adeguatezza dell'assetto organizzativo aziendale – affinché questi adottino le misure necessarie.
Ricordiamo le Linee Guida di Confindustria dove, sull'argomento, si afferma che: "L'art.6 nulla dispone circa l'eventuale responsabilità penale all'OdV. Il codice penale prevede una forma di estensione della responsabilità a titolo omissivo per chi, in presenza di un obbligo giuridico, non si sia attivato per impedire il verificarsi dell'evento lesivo (art. 40 cpv. c.p.).AI riguardo, pur dovendosi ritenere che l'organismo abbia compiti limitati a garantire il funzionamento del modello, con esclusione di qualsiasi obbligo di impedimento dei reati che esso mira a prevenire, è opportuno richiamare l'attenzione sui rischi connessi ai casi di dolosa inerzia rispetto a fatti delittuosi derivanti dall'inosservanza del modello di cui l'organismo sia consapevole".


Alcuni casi e normativa di riferimento sull'argomento trattato
- Cass. Pen., Sez. VI, n. 3635/2013. Con tale sentenza, la Suprema Corte ha sciolto uno dei maggiori dubbi interpretativi creatosi negli anni in materia di responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, con riferimento alla dibattuta questione della rilevanza o meno dei reati scopo dell'associazione per delinquere come reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti, disponendo che l'imputazione di una fattispecie di reato non prevista espressamente dal D. Lgs. n. 231/2001 quale delitto scopo del reato associativo "[...] si trasformerebbe, in violazione del principio di tassatività del sistema sanzionatorio contemplato dal D. Lgs. n. 231 del 2001, in una disposizione "aperta", dal contenuto elastico, potenzialmente idoneo a ricomprendere nel novero dei reati- presupposto qualsiasi fattispecie di reato, con il pericolo di un'ingiustificata dilatazione dell'area di potenziale responsabilità dell'ente collettivo".
- Confindustria, Circolare n. 19867 del 12 giugno 2015, "Il reato di autoriciclaggio e la responsabilità ex Decreto 231", p. 3. In relazione alla possibilità di includere quali reati scopo della fattispecie di autoriciclaggio anche reati non espressamente sanzionati dal D. Lgs. n. 231/2001, Confindustria ha rilevato che "l'interpretazione estensiva sembra violare le fondamentali garanzie di tutela previste dal Decreto 231. Infatti, in attuazione del principio di legalità in esso previsto, l'ente non può essere ritenuto responsabile per un fatto costituente reato se la sua responsabilità amministrativa in relazione a quel reato e le relative sanzioni non sono espressamente previste da una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto".
- Cass., Sez. Un., n. 38343/2014 : "In tema di responsabilità da reato degli enti, i criteri di imputazione oggettiva, rappresentati dal riferimento contenuto nell'articolo 5 del Decreto Legislativo n. 231 del 2001 all'«interesse o al vantaggio», sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto il criterio dell'interesse esprime una valutazione teleologica del reato, apprezzabile "ex ante", cioè al momento della commissione del fatto e secondo un metro di giudizio marcatamente soggettivo, mentre quello del vantaggio ha una connotazione essenzialmente oggettiva, come tale valutabile "ex post", sulla base degli effetti concretamente derivati dalla realizzazione dell'illecito".
- Sull'applicabilità del D. Lgs. n. 231/2001 agli enti stranieri che operano in Italia, si segnala una recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. VI, 7 aprile 2020, n. 11626 , la quale prevede espressamente: "deve ritenersi che l'ente risponde, al pari di "chiunque" - cioè di una qualunque persona fisica - degli effetti della propria "condotta", a prescindere dalla sua nazionalità o dal luogo ove si trova la sua sede principale o esplica in via preminente la propria operatività, qualora il reato-presupposto sia stato commesso sul territorio nazionale (o debba comunque ritenersi commesso in Italia o si versi in talune delle ipotesi nella quali sussiste la giurisdizione nazionale anche in caso di reato commesso all'estero), all'ovvia condizione che siano integrati gli ulteriori criteri di imputazione della responsabilità ex art. 5 e seguenti D. Lgs. 231/2001. Per tale ragione è del tutto irrilevante la circostanza che il centro decisionale dell'ente si trovi all'estero e che la lacuna organizzativa si sia realizzata al di fuori dei confini nazionali, così come ai fini della giurisdizione dell'A.G. italiana, è del tutto indifferente la circostanza che un reato sia commesso da un cittadino straniero residente all'estero o che la programmazione del delitto sia avvenuto oltre confine".

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*A cura dell' Avv. Antonio Bana, Studio Legale Bana

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