Responsabilità

Risparmio, se cambiano le condizioni finanziarie del cliente il gestore deve suggerire investimenti adeguati

Condannata a risarcire il danno la Sgr che non suggerisce una linea di gestione più conservativa

immagine non disponibile

di MIchol Fiorendi

Se cambiano le condizioni finanziarie del cliente, l’intermediario, se ne è a conoscenza, ha l’obbligo di avvisarlo della sopravvenuta incongruenza della linea di gestione scelta e di suggerirne una adeguata, più conservativa. Altrimenti, il gestore rischia di dover risarcire il danno subito dal cliente. Lo ha deciso la Corte d’appello di Milano con sentenza del 5 novembre 2020 (presidente Bonaretti, estensore D’Anella).

Il fatto

La vicenda coinvolge due coniugi che, insieme ai propri figli, sottoscrivono un contratto di consulenza con una società di gestione del risparmio (Sgr).

Contestualmente, sottoscrivono a firma congiunta con la Sgr anche un contratto di gestione patrimoniale, con apertura del conto deposito titoli e conto corrente.

I clienti affidano al gestore un ingente importo ricavato dalla vendita di un complesso immobiliare del quale erano comproprietari. La loro intenzione era quella di utilizzare la somma per ristrutturare un complesso immobiliare ereditato e per ripianare l’esposizione debitoria dell’azienda agricola di famiglia.

Il consulente finanziario, al corrente delle loro intenzioni, propone però ai clienti di non utilizzare la somma ricavata dalla vendita ma di chiedere un affidamento bancario presso un’altra banca (depositaria della Sgr) e, contestualmente, di sottoscrivere con la stessa un contratto di pegno pari al valore complessivo dei titoli oggetto della gestione patrimoniale. I clienti accettano la proposta.

Circa un mese dopo, benché l’intero patrimonio gestito fosse stato posto a garanzia del corretto adempimento del debito contratto, il promotore finanziario propone alla signora, senza darle spiegazioni, un cambio per una gestione più rischiosa e ottiene la sua firma.

A causa di queste operazioni il patrimonio gestito subisce una notevole perdita. I clienti decidono allora di agire in giudizio contro la Sgr, lamentando la negligenza del gestore nell’esecuzione del mandato per violazione delle norme in materia di conflitto di interessi, la mancata diversificazione del rischio degli investimenti, l’anomala e inopportuna liquidazione dell'intero portafoglio, oltre che - più in generale - l’inadeguatezza della consulenza prestata, chiedendo la condanna della Sgr al risarcimento del danno.

Il Tribunale respinge le domande. I clienti impugnano la sentenza in appello.

La decisione

I giudici di secondo grado, discostandosi dalla pronuncia del Tribunale, accolgono le istanze dei ricorrenti, ritenendo fondata l’inadeguatezza delle linee di gestione ai mutati obiettivi di investimento e condannando la Sgr al pagamento del danno.

In particolare, la Corte d’appello evidenzia come le modalità di svolgimento del rapporto di consulenza e di gestione patrimoniale mettano in luce l’inadeguatezza, quantomeno sopravvenuta, della linea di investimento scelta rispetto al profilo di rischio degli attori. Alla luce dell’esame complessivo dell’operazione economica attuata attraverso il finanziamento e il conferimento in pegno dell’intero patrimonio gestito, emerge che la linea di gestione scelta dagli attori era inadeguata o, comunque, era divenuta tale rispetto agli effettivi obiettivi di investimento.

La Corte d’appello considera inoltre che - secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità - «i criteri di riparto dell’onere probatorio nelle azioni di responsabilità promosse in tema di intermediazione finanziaria sono distribuiti nel senso che l’investitore è tenuto ad allegare l’inadempimento da parte dell’intermediario delle obbligazioni scaturenti dal contratto di intermediazione e a fornire la prova del danno e del nesso di causalità fra questo e l’inadempimento, anche sulla base di presunzioni; mentre l’intermediario deve provare l’avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico, allegate come inadempiute dalla controparte e sotto il profilo soggettivo, di avere agito con la specifica diligenza richiesta dalla normativa di settore» (in tal senso, Cassazione 810/16 e, in senso analogo, Cassazione 10111/18 e 14335/19).

La Corte d’appello ritiene quindi inadempiente l’intermediario, per non avere informato il cliente della sopravvenuta inadeguatezza della linea di gestione patrimoniale e per non avere, di conseguenza, suggerito una linea di gestione più conservativa.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©