Rsa, il direttore sanitario risponde della morte dell’anziano caduto se non istruisce il personale
La mancata predisposizione di regole di comportamento per gli operatori della struttura privata fa scattare la responsabilità per colpa in organizzazione di chi riveste una posizione di garanzia
Risponde della morte dell’anziano caduto dal divano il direttore sanitario della Rsa che non ha dettato specifiche regole di cautela al personale addetto all’assistenza e alla cura degli ospiti della residenza. Scatta quindi, in tal caso, la corresponsabilità tanto degli infermieri o degli operatori socio- sanitari di turno al momento dell’evento quanto di chi, chiamato a dirigere la struttura, riveste una naturale posizione di garanzia verso i soggetti fragili che hanno diritto a un’assistenza personalizzata, in base alle specifiche condizioni in cui versano.
Nel caso concreto risolto dalla Cassazione penale - con la sentenza n. 46577/2024 - la condanna per omicidio colposo del responsabile della Rsa e degli operatori socio-sanitari di turno era derivata dal decesso per trauma cranico di un paziente che era caduto dal divano in assenza della dovuta vigilanza e, soprattutto, della predisposizione di strumenti di contenimento dei movimenti di un soggetto privo del dovuto controllo e che già aveva subito danni alla salute per precedenti cadute nella struttura stessa.
Quindi la colpa non era imputabile al solo operatore presente nella sala al momento del verificarsi della caduta, ma anche a tutti gli operatori di turno tenuti comunque a vigilare la situazione e la garanzia della sicurezza dei pazienti, presenti nella Rsa in quel momento, così come al responsabile sanitario della stessa per la sua colpa cosiddetta “in organzzazione”, compito precipuamente rientrante nella sua sfera di responsabiltà sul corretto funzionamento della residenza.
A nulla è valso l’argomento difensivo dl direttore sanitario secondo cui i veri e propri strumenti di contenimento della persona anziana, che mostra incapacità a stare ferma e a mantenere l’equilibrio, possano essere considerati addirittura dannosi, invece che protettivi della persona. In effetti, si tratta di argomento sostenuto in maniera apodittica senza dimostrazione del danno che ne sarebbe derivato all’anziano al quale va detto era stata affiancata una sedia. Ciò che è prova della consapevolezza del personale della Rsa del rischio cui era esposto l’anziano quando veniva posto in posizione seduta. Inoltre, l’apposizione della sedia dimostrava l’uso di un mezzo di cautela totalmente eccentrico rispetto ai veri e propri strumenti previsti in ambiente sanitario a contrasto del rischio di caduta di un paziente.
In conclusione, la Cassazione fa rilevare come l’inadempimento colpevole del direttore sanitario emerga non solo dal fatto che non abbia dettato regole di comportamento per il personale tenuto a gestire specifici rischi connessi alla gestione dei pazienti al fine di preservarli da eventi dannosi, ma anche la mancata individualizzazione in casi specifici che avevano già manifestato necessità di applicare cautele dedicate e mirate a evitare rischi connessi alla condizione del singolo paziente.
Quindi, neanche a fronte di episodi avvenuti e simili a quello mortale, che già si erano verificati per quel paziente, il responsabile aveva fornito l’indicazione di adottare mezzi preventivi di nuove cadute. In sintesi, un vero e proprio inadempiento dei doveri sanitari e di assistenza che gravano su chi rivesta una posizione di garanzia - nell’ambito anche di una clinica privata - verso un soggetto fragile ricoverato nella struttura al fine di riceverne cura e assistenza.