Civile

Se la casa è del defunto e di un altro, niente diritto di abitazione al coniuge

Occorre che l’immobile sia solo del deceduto o in comune alla coppia

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di Angelo Busani

Il diritto di abitazione del coniuge superstite si origina solo se la casa adibita a residenza familiare era di proprietà del coniuge defunto o di proprietà comune tra i coniugi; non si origina, invece, se la proprietà apparteneva in comunione al coniuge defunto e a un altro soggetto, diverso dal coniuge superstite.

È questa la decisione della Cassazione nella sentenza 15000/2021, importante perché compone un orientamento non univoco nella giurisprudenza sull’articolo 540, comma 2, del Codice civile, per il quale al coniuge superstite, anche quando concorra all’eredità con altri chiamati, «sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni». Si tratta di stabilire se l’espressione «di proprietà del defunto o comuni» si intenda riferita a qualsiasi caso di comunione oppure solo alla comunione che intercorra tra il coniuge defunto e quello superstite.

La Cassazione decide, dunque, in quest’ultimo senso, richiamando due suoi precedenti (8171/1991 e 6691/2000), ove è stata negata la configurabilità del diritto di abitazione nell’ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto e un terzo diverso dal coniuge superstite, «non potendo estendersi» il diritto di abitazione «a carico di quote di soggetti estranei all’eredità nel caso di comunione degli stessi beni tra il coniuge defunto e tali altri soggetti». Questo orientamento giurisprudenziale non è stato univoco, in quanto nella decisione 2474/1987 venne sancito che, nel caso in cui la residenza familiare del deceduto fosse stabilita in un immobile in comproprietà tra il defunto e un terzo, «il diritto di abitazione del coniuge superstite trova limite ed attuazione in ragione della quota di proprietà del coniuge defunto».

Da come si decide il caso in questione dipende la soluzione del problema se, nell’ipotesi di casa in comproprietà tra il defunto e un soggetto diverso dal coniuge superstite, a quest’ultimo spetti la monetizzazione del diritto di abitazione .

Resta comunque fermo che, qualora il diritto di abitazione si origini (per essere la residenza familiare di proprietà del defunto o comune tra i coniugi), il valore della quota di legittima del coniuge superstite è composto anche dal valore del diritto di abitazione. Con la conseguenza che, ad esempio, se il defunto ha lasciato il coniuge e due figli e ha attribuito al coniuge la sola legittima, nella successiva divisione della massa ereditaria il coniuge si presenta con una quota di valore pari a un quarto della massa più il valore del diritto di abitazione sulla casa.

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