Sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, la posizione della Cassazione sul periculum in mora
Commento a Corte di Cassazione, Sez. III Penale, Sentenza 17 febbraio 2025, n. 6313
Con una recente decisione (Cass. III^ Sezione Penale, n. 6313 del 19.12.2024/17.2.2025) la Suprema Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi di argomenti piuttosto dibattuti come quelli relativi, da un lato, alla necessità da parte del giudice di motivare in ordine alla sussistenza del requisito del periculum in mora in caso di sequestro preventivo ex art. 321, comma 2, c.p.p. del prodotto/profitto del reato finalizzato alla confisca obbligatoria, e, dall’altro lato, ai poteri di “integrazione/correzione” spettanti al Tribunale del Riesame circa la motivazione di provvedimenti impositivi di detti sequestri.
Il caso
Il caso sottostante verteva sulla legittimità di un sequestro di tale natura (in particolare, su crediti di imposta considerati prodotto del reato) disposto dal Giudice per le indagini preliminari di Civitavecchia nell’ambito di un procedimento penale inerente reati tributari (artt. 2 e 10-quater D.Lgs. 74/2000). In questa circostanza, il Gip aveva disposto il sequestro preventivo ritenendo del tutto “ultroneo” motivare circa la sussistenza del periculum in mora, vertendosi in materia di confisca obbligatoria; in ogni caso, sempre a detta del Gip, la potenziale incapienza del patrimonio dell’indagato rispetto all’ammontare del debito erariale rendeva comunque necessaria la misura ablativa, essendoci il fondato timore che nelle more del giudizio potessero venire a mancare le garanzie del credito. Il provvedimento del Gip era stato impugnato dinanzi al competente Tribunale per il Riesame delle misure cautelari reali sul presupposto che, secondo il più recente (e ormai prevalente) orientamento della Cassazione, il giudice è tenuto a motivare in ordine al periculum in mora anche nel caso in cui il reato sotto scrutinio preveda la confisca obbligatoria del suo prodotto/profitto, dato che l’ablazione anticipata (rispetto al momento della condanna definitiva) dei beni di pertinenza dell’indagato/imputato deve sempre trovare fondamento nella comprovata sussistenza di reali e concreti rischi di dispersione del patrimonio di quest’ultimo, rischi che non possono essere tout court rappresentati dall’ingente ammontare del debito tributario o sull’attuale incapienza del patrimonio dell’indagato/imputato rispetto al debito in parola. Per questa ragione, la difesa dell’interessato aveva rilevato la mancanza/apparenza in parte qua della motivazione del provvedimento impugnato.
Il Tribunale per il Riesame, pur condividendo la sostanza dei motivi di gravame (ossia la necessità, da parte del Gip, di motivare specificamente in ordine alla sussistenza del periculum in mora), aveva rilevato che il provvedimento impugnato contenesse una motivazione non già apparente ma insufficiente, ritenendosi pertanto legittimato ad integrare sua sponte tale motivazione, “salvando” l’efficacia del sequestro preventivo disposto a carico dell’indagato. La difesa di quest’ultimo proponeva ricorso per Cassazione, denunciando molteplici vizi di legittimità.
La sentenza
La sentenza depositata lo scorso mese di febbraio dalla III^ Sezione Penale della Suprema Corte merita di essere segnalata come confortante espressione di garantismo in una materia, come quella del sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, che ha un forte impatto nella prassi applicativa e, soprattutto, sulla vita di moltissime persone che si vedono private dei propri beni o sostanze in una fase spesso assai prodromica del procedimento penale, quando una decisione definitiva circa la loro colpevolezza è molto lontana e, comunque, del tutto eventuale.
In sintesi, ecco i principi di diritto espressi in questa sentenza.
a) In primo luogo, sulla scorta dell’orientamento ormai prevalente a seguito della nota pronuncia n. 36959 del 24.6.2021 delle Sezioni Unite Penali della Cassazione, il Giudice nomofilattico ha ribadito e confermato che anche il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, deve essere corredato di una specifica motivazione in punto di periculum in mora, nel senso che, contrariamente a quanto sostenuto dal precedente (e, fortunatamente, ormai superato) orientamento, è indispensabile che il giudice esplichi le “ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio”, salva l’ipotesi – non rilevante nel caso di specie – in cui la misura ricada su cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato.
Ne discende che il decreto di sequestro emesso dal Gip di Civitavecchia fosse nullo ab origine, in quanto deliberatamente sprovvisto di una motivazione sul punto, definita “ultronea” da detto giudice, che aveva ritenuto che l’astratta riconducibilità del caso in esame alle fattispecie di reato per il quale il D.Lgs. 74/2000 prevede la confisca obbligatoria lo esimesse dal valutare la necessità di ablazione anticipata del prodotto del (supposto) reato.
b) La rilevanza della sentenza in commento non si limita alla, comunque importante, riaffermazione del detto principio di diritto.
La Suprema Corte, infatti, ha voluto fare un passo in più con specifico riferimento alla sussistenza di detto periculum in mora nei reati tributari difronte alla non infrequente circostanza in cui il prodotto/profitto del reato si appalesi così rilevante da far paventare l’incapienza del patrimonio dell’indagato/imputato in caso di condanna. Riprendendo la sua più recente giurisprudenza espressa sul punto, la Cassazione ha precisato che la consistenza e solidità del patrimonio del soggetto passibile di confisca, pur essendo fattori da tenere in considerazione, non sono decisivi ai fini che interessano, nel senso che, come già condivisibilmente affermato, “non si può ritenere che, a fronte della titolarità di un patrimonio inferiore a quello suscettibile di confisca, il periculum in mora sia per ciò solo esistente, così da esonerare il giudice della cautela dall’obbligo di rendere la necessaria motivazione”. Sotto altro versante, la Cassazione ha opportunamente ricordato la differenza tra i presupposti applicativi del sequestro preventivo finalizzato alla confisca e quelli del sequestro conservativo; solo il secondo ha come sua specifica ratio quella della cautela rispetto al pericolo della mancanza/insufficienza del patrimonio del soggetto rispetto alle sue obbligazioni (di diversa natura) scaturenti dalla condanna, mentre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca intende colpire e paralizzare (anche per equivalente) il prodotto/profitto del reato in vista della sua futura ablazione.
c) La sentenza in commento appare molto utile e condivisibile anche ai fini della perimetrazione dei poteri cd. “integratori” spettanti al Tribunale per il Riesame laddove esso si trovi in presenza di provvedimenti giurisdizionali radicalmente carenti in punto di motivazione.
Come sopra accennato, nel caso sottostante alla decisione che interessa il Tribunale per il Riesame aveva correttamente rilevato la carenza di motivazione circa il periculum in mora del decreto di sequestro preventivo sottoposto al suo esame, ma aveva ritenuto di poterne “salvare” l’efficacia facendo ricorso ai suoi poteri di integrazione/correzione/rettifica sui contenuti della motivazione stessa. Anche questo costituisce un tema di estrema rilevanza pratica, dato che si assiste molto spesso a provvedimenti illegittimi ab origine (non solo con riferimento alla cautela reale) che vengono per così dire “sanati” dai Tribunali per il Riesame, i quali, agendo sul presupposto di “integrare” provvedimenti carenti, in realtà ne modificano sensibilmente il contenuto in modo da renderli conformi alle previsioni normative.
Con la decisione che oggi interessa, la Suprema Corte ha opportunamente precisato che un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria privo di motivazione in punto di periculum in mora deve essere considerato nullo e che tale carenza non può essere rimediata dal Tribunale per il Riesame facendo ricorso ai poteri di integrazione, correzione e rettifica ad esso spettanti, poteri che, per essere espletati, implicano pur sempre la sussistenza di un provvedimento che non sia radicalmente nullo al momento della sua emanazione.
Ne è conseguito, nel caso di specie, l’annullamento senza rinvio tanto del decreto di sequestro emesso dal Gip di Civitavecchia, quanto dell’ordinanza con la quale il Tribunale per il Riesame aveva integrato la motivazione del decreto stesso, con relativa restituzione di quanto sequestrato all’avente diritto.
In conclusione, si ritiene che la sentenza in commento costituisca un altro meditato e condivisibile passo verso un approccio garantistico su tematiche di grande rilievo e impatto pratico come quelle afferenti la legittimità dei sequestri preventivi finalizzati alla confisca e i poteri cd. “integrativi e correttivi” spettanti al Tribunale per il Riesame.
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*Avv. Francesco Giovannini, Head of White Collar Crimes Department, Eversheds Sutherland