Sì alla particolare tenuità del fatto anche con trentadue precedenti se lontani nel tempo
Il fattore tempo non è un elemento neutro per l’affermazione della serialità. Nello specifico dall’ultimo reato erano passati 10 anni
Sì al riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto anche con trentadue precedenti specifici se risalgono a dieci anni prima rispetto all’ultima condotta contestata. In presenza di precedenti tanto risalenti non è, infatti, possibile affermare la serialità delle azioni. La Corte di cassazione, con la sentenza 35910 bandisce qualunque automatismo nell’applicazione dell’articolo 131-bis del Codice penale, attirando l’attenzione sul fattore tempo. Il giudice di merito deve, ai fini del riconoscimento del beneficio, valutare la gravità del reato commesso, la capacità di delinquere dell’imputato, i suoi precedenti penali e giudiziari, la durata temporale della violazione, il numero delle disposizioni di legge violate, gli effetti della condotta precedente, contemporanea e seguente il reato, gli interessi lesi o perseguiti dal reo e le motivazioni a delinquere. Una serie di valutazioni che la difesa del ricorrente volge a favore del suo assistito condannato per tentato furto di un giocattolo al supermercato. All’imputato era stato negato il trattamento di favore in virtù di ben trentadue precedenti specifici, che, ad avviso del giudice di merito, rendevano inapplicabile l’articolo 131-bis in presenza di reati abituali. Non è d’accordo la Suprema corte che ricorda come sia le Sezioni unite (sentenza 13681/2016) sia la Consulta (sentenza 185/2015) abbiano bocciato le preclusioni automatiche. Le Sezioni unite hanno, infatti, affermato la possibilità di dichiarare la non punibilità anche in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione perché quest’ultimo non coincide necessariamente con l’abitualità del reato, ostativa al beneficio. Il giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità della norma del Codice penale (articolo 99, comma 5) che imponeva la recidiva per una serie di reati “ostativi” (articolo 407 comma 2 lettera a) del Cpp) sulla base di una presunzione assoluta di maggiore colpevolezza e accentuata pericolosità del reo. Una norma irragionevole perché inadeguata a neutralizzare gli elementi desumibili dalla natura e dal tempo di commissione dei precedenti reati. La Cassazione dà dunque un peso al fattore tempo, considerandolo non neutro rispetto ai comportamenti ripetuti. Da qui l’annullamento della sentenza e il rinvio per un nuovo esame alla Corte d’Appello.