Lavoro

Sicurezza sul lavoro, complessità dell'organizzazione aziendale ed individuazione dei soggetti garanti dell'incolumità dei lavoratori

Nel caso che ci occupa, agli odierni imputati - in qualità di componenti del Consiglio di Amministrazione di una S.r.l. - veniva contestata - tra le varie imputazioni - la violazione della fattispecie di lesioni personali colpose gravissime in danno di un lavoratore; parallelamente, alla Società era stata contestata la violazione dell'illecito di cui all'art. 25 septies D.Lgs. 231/2001.

di Mattia Miglio*

1. Con la sentenza in esame, la Suprema Corte offre importanti spunti di riflessione in merito all'individuazione della figura aziendale a cui attribuire lo status di "Datore di Lavoro" ai sensi del D.Lgs. 81/2008.

Nel caso che ci occupa, agli odierni imputati - in qualità di componenti del Consiglio di Amministrazione di una S.r.l. - veniva contestata - tra le varie imputazioni - la violazione della fattispecie di lesioni personali colpose gravissime in danno di un lavoratore; parallelamente, alla Società era stata contestata la violazione dell'illecito di cui all'art. 25 septies D.Lgs. 231/2001.

Nel confermare la sentenza di condanna emessa dalla Corte d'Appello, la Suprema Corte respinge la tesi difensiva finalizzata ad escludere ogni responsabilità in capo alla componente del Consiglio di Amministrazione che - nell'ambito della organizzazione aziendale - era esclusivamente deputata allo svolgimento di funzioni meramente contabili ed amministrative.

Secondo l'impostazione della difesa, infatti, tale figura - non avendo mai esercitato in concreto funzioni datoriali né assunto la responsabilità dell'unità produttiva e dell'organizzazione del lavoro - non poteva rientrare tra i soggetti garanti dell'incolumità dei lavoratori; ciò - si legge - sulla scorta del c.d. principio di effettività, in forza del quale, il componente del Consiglio di Amministrazione non può essere ritenuto titolare della posizione di garanzia unicamente in forza della carica che ricopre, anche nelle ipotesi in cui sia privo di attribuzioni organizzative e di spesa.

Orbene, nel rigettare tale censura, la Suprema Corte ripercorre i principali arresti della Suprema Corte in merito all'individuazione della figura su cui gravano gli obblighi del Datore di Lavoro nelle società di capitali: "se, in linea teorica, rivestono la qualifica di datore di lavoro tutti i componenti del consiglio di amministrazione, che gestisce ed organizza l'attività di impresa [...], nondimeno, in concreto, nelle realtà più articolate e in aziende di rilevanti dimensioni, l'individuazione della figura del datore di lavoro può non coincidere con la mera assunzione della carica di consigliere, laddove all'interno dell'organo deliberativo siano individuati soggetti cui vengono specificamente assegnati gli obblighi prevenzionistici" (p. 5).

Così argomentando, rileva quindi "la titolarità del potere decisionale sull'impresa e del potere di spesa, cui corrisponde l'obbligo prevenzionistico derivante dallo stesso esercizio dell'impresa. E' proprio l'art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. 81/2008 a stabilire il legame fra l'obbligo prevenzionistico e il soggetto titolare della responsabilità decisionale, organizzativa e di spesa dell'impresa. Ed è la stessa disposizione che chiarisce come un simile rapporto derivi dal tipo di assetto organizzativo in cui il lavoratore presta la propria attività, modulando la figura di datore di lavoro non solo sulla titolarità dell'impresa e del rapporto di lavoro, ma sulla gestione, ma sulla sua gestione attraverso l'esercizio dei poteri decisionali e di spesa" (p. 6).

Ragion per cui la pronuncia opera una distinzione in considerazione della complessità dell'organizzazione aziendale: "nell'ambito delle organizzazioni aziendali complesse, in forma societaria, ciò legittima la distinzione fra ambiti gestori diversi derivanti dalla modulazione delle attribuzioni fra componenti del consiglio di amministrazione. L'estesa articolazione dell'organizzazione giustifica la ripartizione delle attribuzioni, in quanto funzionale al raggiungimento degli scopi dell'impresa. La forma può essere analoga a quella della delega di funzioni, ma anche implicita nell'incarico attribuito, consistente nel conferimento ad uno o più membri dell'organo deliberante di poteri esclusivi propri di quest'ultimo, senza che a ciò corrisponda una separazione tra il potere decisionale dell'imprenditore, nella sua forma societaria, e la sua gestione parcellizzata, convalidata dall'effettività del potere decisionale e di spesa conferito. Il limite dell'esonero degli altri componenti del consiglio di amministrazione è delineato dall'obbligo della vigilanza" (p. 6).

Al contrario, nelle realtà aventi piccole e medie dimensioni, la scarsa complessità dell'organizzazione mal si concilia - in termini generali - con una puntuale segmentazione del potere gestorio: la semplicità dell'organizzazione aziendale, infatti, "non giustifica un modello che governo che ne disarticoli i poteri e i correlativi obblighi, in assenza di una funzionalità al raggiungimento dello scopo dell'attività economica" (p. 7).

Ne consegue, pertanto, che per tali aziende, "la frammentazione per ambiti dei poteri decisori e di spesa finirebbe [...] con il coincidere con l'esonero di alcuni dei componenti del consiglio di amministrazione dagli obblighi prevenzionistici connessi con l'attività di impresa, senza che a ciò corrisponda alcuna effettiva esigenza organizzativa del potere decisionale" (p. 7).2.

Tutto ciò posto, le argomentazioni appena riportate richiamano il criterio della titolarità effettiva della responsabilità decisionale, organizzativa e di spesa, nel contesto normativo delineato dal D.Lgs. 81/2008.

Come noto, il T.U.S.L. descrive il "Datore di Lavoro" come colui che "esercita i poteri decisionali e di spesa" nell'ambito della organizzazione imprenditoriale in cui esercita le proprie funzioni e costituisce un indice della volontà del Legislatore di valorizzare il dato prettamente fattuale dell'esercizio concreto delle prerogative datoriali nell'organizzazione dell'impresa, a scapito della formale qualificazione prettamente di natura giuslavoristica o concernente la titolarità dell'impresa.

Tale impostazione trova conferma nel dettato di cui all'art. 299 del D.Lgs. 81/2008, ove il Legislatore dispone che la posizione di garanzia spettante al "Datore di Lavoro" grava altresì "su colui il quale, pur sprovvisto di formale investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti" e, soprattutto, nella norma di cui all'art. 28, relativo alla valutazione dei rischi ed al documento sulla sicurezza.

Proprio per le ragioni anzidette, la figura del "Datore di lavoro", nella disciplina prevenzionistica, non solo non coincide affatto con il "Datore di Lavoro" inteso in senso civilistico, ma impone anche una complessa e puntuale indagine sul reale funzionamento e sulla complessità organizzativa della struttura aziendale - oltre che sul ruolo svolto da ogni agente coinvolto - che sia idonea a valorizzare il criterio della riferibilità del ruolo datoriale a chi effettivamente esercita poteri decisionali e di spesa.

Ovviamente, tale impostazione esclude, almeno in astratto, che lo status di "Datore di Lavoro" in senso prevenzionistico possa essere attribuito tout court e aprioristicamente in capo al Legale rappresentante o all'intero Consiglio d'Amministrazione, senza che l'organo giudicante effettui - in via preliminare - una puntuale indagine sul reale funzionamento dell'organizzazione societaria.Infatti, il Consiglio d'amministrazione tout court o il Legale Rappresentante potranno assumere la figura di garante a condizione che esercitino concretamente i poteri organizzativi e di spesa nell'organizzazione aziendale; mai, invece, tale status potrà essere loro attribuito sulla semplice scorta della titolarità della carica e in assenza di tali condizioni, pena la creazione di indebite figure di responsabilità "di posizione", ove l'artificiosa creazione di centri di responsabilità penale mal si concilia con il principio della personalità della responsabilità penale ex art. 27 Cost. (In tal senso, BASENGHI, La ripartizione degli obblighi di sicurezza nel nuovo impianto legale, in Dir. Relaz. Ind., fasc.2, 2008, pp. 428 ss.).

Tutto ciò posto, la decisione in esame opera altresì un'importante precisazione, riconoscendo, da un lato, la sussistenza di un obbligo di vigilanza in capo all'organo gestorio (nelle organizzazioni complesse) e precisando, sotto altro profilo, che nelle piccole e medie realtà aziendali, mai la segmentazione dell'esercizio del potere gestorio può costituire un mero escamotage formale sganciato da reali esigenze organizzative e avente il mero scopo di esonerare i componenti dell'organo gestorio dal rispetto degli obblighi prevenzionistici senza la presenza di alcun fine per il raggiungimento degli scopi dell'attività economica.

*a cura di Mattia Miglio

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