Civile

Sindaci, solo il compenso garantisce l’autonomia

di Rosanna Acierno

L’incarico di componente del collegio sindacale può essere svolto solo a titolo oneroso. La corresponsione di un compenso,infatti, consente all’organo collegiale di svolgere appieno le proprie funzioni professionali in maniera rigorosa e in piena autonomia, a tutela della stessa società, dei soci e dei terzi. È la principale conclusione cui è giunta la Cassazione, con la sentenza n. 22761/2014.

La pronuncia offre lo spunto per approfondire il tema della corretta quantificazione del compenso da attribuire ai sindaci, anche alla luce dell’abrogazione delle tariffe professionali, avvenuta nel 2012 ad opera del Dm 140: ferma restando la necessità del compenso ai sindaci, lo si può stabilire a priori in un’apposita clausola statutaria o, in mancanza, in sede di delibera assembleare. Se ciò non avviene, sarà il giudice ordinario a determinare i compensi, secondo quanto previsto dall’articolo 2233 Codice civile. Ma le stesse società e i professionisti chiamati a ricoprire la funzione di sindaco si trovano spesso in difficoltà nel definire il quantum.

Uno spunto per determinarlo può venire dai parametri del Dm 140/2012. Anche se esso si applica solo quando è un organo giurisdizionale a disporre la liquidazione dei compensi in difetto di accordo fra le parti (orientandolo peraltro in modo non vincolante), il ricorso ai parametri sembra comunque ammesso anche in fase non contenziosa, come elemento utile ad indirizzare le parti, al pari delle tariffe professionali abrogate.

In particolare, per l’incarico di sindaco, senza la funzione di revisione legale, l’articolo 29 del Dm 140 prevede che il compenso annuo di ciascun sindaco sia determinato in funzione della sommatoria dei componenti positivi di reddito lordi e delle attività, ossia:

• fino a 5.000.000 euro di importo complessivo, il compenso annuo può variare da 6.000 a 8.000 euro;

• oltre i 5.000.000 euro e fino a 100.000.000, l’ulteriore compenso è calcolato sull’eccedenza come percentuale che può variare dallo 0,009% allo 0,010%;

• oltre i 100.000.000 euro e fino a 300.000.000, l’ulteriore compenso è calcolato sull’eccedenza come percentuale che può variare dallo 0,0060% allo 0,009%;

• oltre i 300.000.000 euro e fino a 800.000.000, l’ulteriore compenso è calcolato sull’eccedenza come percentuale che può variare dallo 0,005% allo 0,006%;

• oltre gli 800.000.000 euro, per ogni 100.000.000 euro in più o frazione, spetta una maggiorazione da 7.500 a 10.000 euro.

Ma i compensi così determinati possono essere ridotti fino alla metà nel caso in cui la funzione di sindaco sia svolta in società di semplice amministrazione immobiliare o in società di godimento o ancora in società in liquidazione o in procedura concorsuale. Però il compenso così determinato è onnicomprensivo: a differenza delle tariffe professionali, i parametri non propongono più la tradizionale distinzione tra controlli sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, redazione della relazione al bilancio dell’esercizio precedente e partecipazione alle riunioni del consiglio di amministrazione.

Inoltre, i parametri ministeriali, nel fissare i compensi spettanti al sindaco per le sue funzioni, non prevedono un limite massimo. Ciò, ovviamente, potrebbe portare a risultati assurdi nel caso di società di grandissime dimensioni.

Pertanto, ai fini della determinazione di un equo compenso, potrebbe essere opportuno per entrambe le parti (società e collegio sindacale) fare riferimento ai parametri per l’attività ordinaria (entro un limite massimo) e prevedere, ove possibile, un compenso ad hoc per l’attività straordinaria, eventualmente attingendo dai criteri previsti dalla precedente normativa in materia di tariffe professionali.

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