Civile

Società: assemblee e Cda sempre validi anche se in videoconferenza

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di Angelo Busani

Emergenza da epidemia anche per le riunioni degli organi societari: il legislatore provvede allo spostamento in avanti del termine per svolgere le assemblee di bilancio e mette in campo soluzioni per favorire l’utilizzo del voto a distanza; gli specialisti di diritto societario sono impegnati nell’interpretare norme di legge e di statuto al fine di svolgere con modalità smart le adunanze degli organi societari, assembleee e consigli di amministrazione.

A quest’ultimo proposito, la risposta all’esigenza si chiama audioconferenza o videoconferenza: una modalità, per il vero, già in uso dalla metà degli anni 90 ma che ha sofferto finora la limitazione conseguente al fatto che gli statuti societari, per la ragione spiegata più innanzi, pretendono che nel luogo in cui la riunione è convocata si trovino almeno il presidente dell’adunanza e il segretario verbalizzante.

La risposta che oggi invece si dà a questa problematica è che la riunione è valida anche in modalità full audioconference, e cioè con tutti i partecipanti collegati via audio-call (o, ancor meglio, via video-call). Ma andiamo per gradi.

Il precedente

Il 1° maggio 1996 Il Sole 24 Ore diede, per la prima volta, notizia che (sia pure in assenza di qualsiasi previsione legislativa al riguardo) le assemblee societarie si potevano svolgere via filo: il Tribunale di Milano aveva infatti emanato un decreto di omologa dello statuto di una società che legittimava questa nuova modalità di svolgimento delle riunioni dei soci.

L’opportunità venne colta al volo, per la sua evidente comodità. Ma, dato che si trattava di una novità e che la legge non prevedeva nulla in tal senso, si sviluppò la prassi di inserire negli statuti delle società una clausola per la quale nel luogo di convocazione della riunione avrebbero dovuto trovarsi almeno il presidente dell’adunanza e il segretario verbalizzante.

La riforma del diritto societario

È poi successo che la riforma del diritto societario del 2003 ha recepito lo svolgimento delle assemblee e degli organi amministrativi «mediante mezzi di telecomunicazione» (articolo 2370, comma 4; articolo 2388, comma 1, Codice civile); e che successivamente si è anche adeguata la normativa delle società quotate: l’articolo 143-bis del Regolamento emittenti (11971/99) dispone infatti che «lo statuto può prevedere l’utilizzo di mezzi elettronici al fine di consentire una o più delle seguenti forme di partecipazione all’assemblea: a) la trasmissione in tempo reale dell’assemblea; b) l’intervento in assemblea da altra località mediante sistemi di comunicazione in tempo reale a due vie».

Nonostante la legge non dica nulla sul punto, è però immancabile trovare ancor oggi negli statuti societari la previsione che la legittimità della conference-call è subordinata alla presenza del presidente della riunione e del segretario verbalizzante nel luogo in cui l’adunanza è convocata. Il tema è dunque se, stante una previsione statutaria del genere, sia legittimo svolgere una riunione societaria in full audioconference e, cioè, con tutti i partecipanti al telefono.

Il Dpcm e la Massima di Milano

La risposta non può che essere positiva: lo si desume espressamente dall’articolo 1, comma 1, lettera q) del Dpcm dell’8 marzo 2020, il quale dispone infatti che «sono adottate, in tutti i casi possibili, nello svolgimento di riunioni, modalità di collegamento da remoto». A questa conclusione giunge anche il Consiglio notarile di Milano che ha subito emanato un nuovo principio di comportamento (la massima n. 187 dell’11 marzo 2020). La massima subordina la legittimità della riunione con partecipanti collegati in audio/video al fatto che si tratti di metodo di riunione «consentito dallo statuto ai sensi dell’articolo 2370, comma 4, Cc, o comunque ammesso dalla vigente disciplina», espressione, quest’ultima, che evidentemente va riferita al fatto che, se lo statuto non abilita la conference-call, la legittimità dell’utilizzo di questa metodologia si deve desumere dal Dpcm dell’8 marzo scorso.

Quanto al fatto che lo statuto contenga clausole che prevedono la presenza del presidente e del segretario nel luogo di convocazione (o comunque nel medesimo luogo), la massima afferma che queste sono prescrizioni che devono intendersi, di regola, funzionali alla formazione contestuale del verbale dell’assemblea, sottoscritto sia dal presidente sia dal segretario. Esse pertanto non impediscono lo svolgimento della riunione assembleare con l’intervento di tutti i partecipanti mediante mezzi di telecomunicazione, potendosi in tal caso redigere successivamente il verbale assembleare, con la sottoscrizione del presidente e del segretario, oppure con la sottoscrizione del solo notaio in caso di verbale in forma pubblica.

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