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Società a partecipazione pubblica, la giurisdizione della Corte dei conti sulle azioni di responsabilità per mala gestio

Come anticipato nel <a uuid="" channel="" url="https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/la-responsabilita-gestoria-amministratori-societa-partecipazione-pubblica-normativa-civilistica-e-regole-giuscontabili-AEKaO2fB" target=""> <span id="U401395810764p0G" style="font-weight:bold;font-style:italic;">primo appuntamento di questo approfondimento</span> </a>, il contributo di oggi è dedicato alla giurisdizione della Corte dei conti sulle azioni di responsabilità per mala gestio nei confronti degli amministratori delle società a partecipazione pubblica

di Rossana Mininno


Come anticipato nel primo appuntamento di questo approfondimento , il contributo di oggi è dedicato alla giurisdizione della Corte dei conti sulle azioni di responsabilità per mala gestio nei confronti degli amministratori delle società a partecipazione pubblica

La responsabilità amministrativo-contabile per danno erariale


• La funzione giurisdizionale della Corte dei conti


Ai sensi del secondo comma dell'articolo 103 della Costituzione la Corte dei conti «ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge» .
Per costante orientamento della giurisprudenza costituzionale ( Cfr. Corte cost., 4 marzo 2008, n. 46; 7 luglio 1988, n. 773; 30 dicembre 2017, n. 641; 11 luglio 1984, n. 189), la disposizione de qua «si riferisce all'ampio ambito della «tutela del pubblico danaro» […] ed è tradizionalmente comprensivo dei giudizi di conto e dei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile» .

Nella materia della "contabilità pubblica" la giurisdizione della Corte dei conti «è solo tendenzialmente generale (tanto che nell'ordinamento precostituzionale la si qualificava giurisdizione speciale)» (sentenza n. 641 del 1987), sicché la Corte dei conti non può essere ritenuta il giudice esclusivo della tutela da danni pubblici» .

Da ciò la giurisprudenza costituzionale ha tratto due conseguenze: la prima si riferisce alla discrezionalità riconosciuta al legislatore, il quale «potrebbe anche attribuire la cognizione di alcune delle materie ricadenti nella nozione di «contabilità pubblica» alla giurisdizione di un giudice diverso ; la seconda si riferisce all'ambito della giurisdizione attribuita alla Corte dei conti, il quale, «lungi dall'essere incondizionato» (sentenza n. 129 del 1981), deve contenersi, oltre che all'interno dei confini della materia «contabilità pubblica», anche entro «i limiti segnati da altre norme e principi costituzionali» (sentenze n. 773 del 1988, n. 129 del 1981 e n. 110 del 1970)» .

• L'illecito amministrativo-contabile

La responsabilità amministrativo-contabile ha la sua fonte in un illecito e si compone - dal punto di vista strutturale - di due elementi: l'elemento oggettivo, consistente in un comportamento umano, indifferentemente, commissivo od omissivo, cui sia riconducibile, in virtù di un nesso di causalità, un danno alla Pubblica Amministrazione; l'elemento soggettivo, consistente nel requisito psicologico.

Il bene giuridico leso è costituito dal patrimonio pubblico, nel cui ambito rientra anche «l'insieme di beni ed utilità economicamente apprezzabili, che siano a disposizione e in uso alla collettività, e nei cui confronti lo Stato o l'ente territoriale assume l'obbligo di tutela».

Il danno erariale costituisce, tradizionalmente, il presupposto dell'azione di responsabilità amministrativo-contabile e, nel contempo, l'oggetto della pretesa risarcitoria, intendendosi tale, in termini generali, il depauperamento che il patrimonio dell'Erario subisce in ragione della condotta illecita del pubblico agente.

Con due importanti decisioni risalenti agli anni ‘70 del secolo scorso la Corte dei conti ha fornito una nozione di danno erariale non più nel «senso ragionieristico di turbativa degli elementi del conto patrimoniale», ma nel senso di «danno pubblico» collettivo, da intendersi come «turbativa di quei beni che appartengono alla collettività organizzata dello Stato».

La tutela delle risorse pubbliche è stata attuata mediante il riconoscimento della responsabilità c.d. amministrativo-contabile, la cui cognizione è riservata alla Corte dei conti, fonte di un'obbligazione risarcitoria di contenuto patrimoniale gravante sul soggetto cui è demandata la gestione di dette risorse e discendente ex lege dalla produzione di un danno a carico dello Stato o di altro ente od organismo pubblico, che sia causalmente riconducibile ad azioni od omissioni commesse nell'esercizio, da parte dell'agente, dei propri obblighi di servizio.

Il regime giusprocessuale della responsabilità amministrativo-contabile si distingue da quello della responsabilità civile di diritto privato in virtù di una serie di tratti distintivi .

Al Giudice contabile è attribuito in primis il potere di riduzione dell'addebito, in quanto, «valutate le singole responsabilità, può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto».

Il Giudice contabile deve, altresì, tener conto dei «vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione di appartenenza, o da altra amministrazione, o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità».

In caso di fatto dannoso causato da più persone il giudizio di responsabilità è caratterizzato dalla regola della parziarietà dell'obbligazione risarcitoria, in quanto il Giudice contabile, «valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la parte che vi ha preso» , nonché dall'esclusione del vincolo di solidarietà passiva, in quanto «i soli concorrenti che abbiano conseguito un illecito arricchimento o abbiano agito con dolo sono responsabili solidalmente» .

• L'ambito soggettivo della giurisdizione contabile

In ragione del sempre più frequente operare della Pubblica Amministrazione al di fuori degli schemi del regolamento di contabilità di Stato e tramite soggetti in essa non organicamente inseriti si è assistito - con riguardo all'ambito soggettivo della giurisdizione contabile - a una progressiva valorizzazione del dato oggettivo della provenienza pubblica delle risorse rispetto alla natura del soggetto danneggiante, il quale, sulla base di principi di diritto ormai assurti a ius receptum, può essere - indifferentemente - pubblico o privato, nonché interno o esterno all'apparato della Pubblica Amministrazione .

Ne è conseguita un'estensione della categoria dei soggetti passibili di responsabilità amministrativa per danno erariale tale da includere anche soggetti non ricompresi nell'apparato amministrativo, rispetto ai quali l'elemento costitutivo-strutturale del rapporto di servizio, rectius della relazione funzionalizzata di servizio è configurabile tutte le volte in cui il soggetto, indifferentemente persona fisica o giuridica, benché estraneo all'apparato amministrativo pubblico, si trovi a essere investito, anche de facto, dello svolgimento, in modo continuativo, di una determinata attività in favore del soggetto pubblico, con conseguente inserimento nell'organizzazione di quest'ultimo e assunzione di vincoli e obblighi funzionali ad assicurare il perseguimento delle esigenze generali, cui l'attività medesima, nel suo complesso, è preordinata.

La profilazione del soggetto ritenuto passibile, nonostante l'estraneità rispetto alla Pubblica Amministrazione, di responsabilità amministrativa per danno erariale, sostanzialmente assimilabile all'intraneus, è stata opera della Corte regolatrice della giurisdizione, secondo la quale deve trattarsi di un soggetto che, a prescindere dalla relativa natura privatistica, ritenuta irrilevante, sia incaricato di svolgere, nell'interesse del soggetto pubblico e con risorse di pertinenza del medesimo, un'attività o un servizio pubblico in sua vece, incarico che ne comporta l'inserimento nell'apparato organizzativo della Pubblica Amministrazione, del cui operato diviene compartecipe.

Il titolo giuridico attributivo dell'attività gestoria è ritenuto, al pari della natura del soggetto affidatario dell'incarico, irrilevante, potendo consistere - indifferentemente - «in un rapporto di pubblico impiego o di servizio, in una concessione amministrativa, in un contratto e perfino mancare del tutto, potendo il relativo rapporto modellarsi secondo gli schemi generali previsti e disciplinati dalla legge, ovvero discostarsene in tutto o in parte».

Dalla configurabilità dell'extraneus in termini di «agente dell'amministrazione pubblica", in ragione del temporaneo rapporto di servizio pubblico», discende l'assoggettamento, per il caso di danno riconducibile alla violazione degli obblighi afferenti all'attività di gestione al medesimo demandata, all'azione erariale di responsabilità, rientrante nella competenza giurisdizionale della Corte dei conti .

I limiti esterni della giurisdizione della Corte dei conti secondo il Testo unico delle società a partecipazione pubblica


Il (duplice) tema del danno arrecato al patrimonio di una società a partecipazione pubblica dalla mala gestio degli amministratori e dell'individuazione del Giudice (ordinario o contabile) davanti al quale incardinare l'azione di responsabilità è stato oggetto di ampia elaborazione pretoria.

La Corte di cassazione si è - progressivamente - orientata nel senso dell'ampliamento della giurisdizione del Giudice contabile. Ciò nell'ottica - privilegiata dalla Corte regolatrice della giurisdizione - della tutela del soggetto pubblico che subisce il pregiudizio, onde garantire la finanza pubblica complessivamente considerata.

Al detto fine è stata attribuita rilevanza dirimente al profilo della pubblicità delle risorse e delle finalità di interesse generale perseguite dal soggetto danneggiato, qualunque sia la sua veste giuridica, affinché lo stesso possa ritenersi incluso nel perimetro soggettivo della giurisdizione della Corte dei conti.

Il criterio discretivo per l'attribuzione della giurisdizione è stato individuato nella natura del denaro gestito: costituisce danno erariale, come tale idoneo a radicare la giurisdizione del Giudice contabile, quello arrecato in occasione della gestione del denaro pubblico, stante la - ritenuta - irrilevanza sia della qualità del soggetto agente (in quanto la Pubblica Amministrazione opera, con sempre maggiore frequenza, al di fuori degli schemi del regolamento di contabilità di Stato e tramite soggetti in essa non organicamente inseriti) che del titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta (il titolo può consistere, indifferentemente, in un rapporto di pubblico impiego o di servizio , oppure in una concessione amministrativa o in un contratto di diritto privato).

Con precipuo riferimento all'azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali di una società di capitali a partecipazione pubblica la Corte di cassazione ha ritenuto sussistente la giurisdizione del Giudice ordinario.

Il discrimine è stato individuato nella distinzione esistente tra società di capitali e singoli soci: la natura pubblica del socio non è sufficiente a qualificare come erariale il danno provocato al patrimonio della società dall'atto di mala gestio posto in essere dal suo amministratore in quanto lo schermo societario, comportando una netta distinzione della sfera giuridica e patrimoniale della società rispetto a quella dei soci, impedisce di imputare direttamente al patrimonio del singolo socio, benché pubblico, il danno arrecato al patrimonio sociale.

L'unica eccezione è stata riconosciuta con riferimento alle società in house.

Il criterio di riparto della competenza giurisdizionale sugli atti di mala gestio compiuti dagli amministratori delle società di capitali a partecipazione pubblica forgiato, all'esito di una lunga elaborazione giurisprudenziale, dai Giudici di legittimità è stato, infine, recepito dal Testo unico delle società a partecipazione pubblica .

Nel disciplinare, dal punto di vista processuale, la responsabilità dei componenti degli organi delle società partecipate il legislatore ha devoluto alla Corte dei conti, in via esclusiva, la giurisdizione sulle azioni di responsabilità unicamente nei confronti degli amministratori delle società in house.

Nello specifico, l' articolo 12 del TUSP ha individuato nella «disciplina ordinaria delle società di capitali» la regolamentazione delle azioni civili di responsabilità nei confronti dei componenti degli organi di amministrazione delle società a partecipazione pubblica.

Alla Corte dei conti è stata, invece, riservata la giurisdizione «per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house» , intendendosi per danno erariale «il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell'esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione».

La ritenuta natura di soggetto di diritto privato che le società di capitali conservano nonostante la partecipazione pubblica è alla base dell'esclusione della giurisdizione contabile nell'ipotesi in cui il danno riveniente dalla mala gestio sia stato cagionato al patrimonio della società, attesa l'autonomia della personalità giuridica della medesima e la conseguente alterità soggettiva nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Alterità soggettiva non sussistente, invece, ove si tratti di società in house, in quanto «caratterizzate da una struttura corrispondente ad un'articolazione interna della stessa P.A.»: rispetto a esse «"il velo societario" cade dinanzi alla situazione sostanziale».

La società in house costituisce un modello organizzativo opposto all'esternalizzazione, connotato, a livello ontologico, da tratti di specialità e da rigorosi requisiti in ragione dei quali è consentita, eccezionalmente, la sottrazione della medesima alle regole della concorrenza nell'affidamento di appalti pubblici.

Il modello societario de quo, di originaria elaborazione giurisprudenziale , è stato consacrato a livello normativo proprio con il Testo unico delle società a partecipazione pubblica, mediante il quale il legislatore ha positivizzato i requisiti che la società in house deve possedere.

Una società è definibile in house in ragione della contemporanea presenza di tre requisiti: «1) il capitale sociale sia integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l'esercizio di pubblici servizi e lo statuto vieti la cessione delle partecipazioni a privati; 2) la società esplichi statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo che l'eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; 3) la gestione sia per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità e intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile».

L'assimilabilità della società in house, sul piano sostanziale, a una sorta di prolungamento organizzativo dell'Amministrazione partecipante, peraltro, privo di autonomia sul piano decisionale, ha consentito al legislatore il radicamento della giurisdizione della Corte dei conti sull'azione di responsabilità nei confronti dell'organo amministrativo di detta società per i danni cagionati al relativo patrimonio, potendosi ritenere superata, unicamente al ricorrere del modello societario de quo, l'autonomia della personalità giuridica rispetto all'ente pubblico.

Considerazioni conclusive

In base all'ordinamento di matrice civilistica la cattiva gestione di una società di capitali è fonte di responsabilità patrimoniale a carico dei relativi amministratori, responsabilità che è declinata in modo differente in ragione della diversa tipologia di soggetto (potenzialmente) danneggiabile, essendo gli amministratori responsabili civilmente del loro operato nei confronti della società, dei creditori sociali, nonché dei singoli soci e dei terzi.

La responsabilità de qua assume tratti peculiari - sul (duplice) versante sostanziale e processuale - nell'ipotesi in cui la società sia partecipata da un soggetto pubblico.

Con precipuo riferimento all'individuazione dell'Autorità giudiziaria davanti alla quale far valere la responsabilità degli amministratori della società a partecipazione pubblica per i danni derivanti dagli atti di mala gestio dai medesimi commessi in pregiudizio del patrimonio sociale la Corte di cassazione ha pacificamente ritenuto sussistente la giurisdizione del Giudice ordinario, sul presupposto, avente rilievo dirimente, dell'insufficienza della natura pubblica del socio a qualificare come erariale il danno provocato al patrimonio della società dall'atto di mala gestio posto in essere dal suo amministratore: lo schermo societario, declinabile in termini di piena autonomia patrimoniale della società rispetto ai soci, impedisce di imputare direttamente al patrimonio del singolo socio, benché pubblico, il danno arrecato al patrimonio sociale.

L'unica eccezione è stata riconosciuta con riferimento alle società in house.
Il criterio di riparto della competenza giurisdizionale sugli atti di mala gestio forgiato, all'esito di una lunga elaborazione giurisprudenziale, dai Giudici di legittimità è stato, infine, recepito dal Testo unico delle società a partecipazione pubblica, il quale, nel disciplinare, dal punto di vista processuale, la responsabilità dei componenti degli organi amministrativi ha devoluto alla Corte dei conti, in via esclusiva, la giurisdizione sulle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori delle società in house.