Responsabilità

Spettacoli estivi, il comune risarcisce i proprietari di seconde case per i decibel eccessivi

La Cassazione, ordinanza n. 18676 depositata oggi, ha riconosciuto tremila euro ciascuno a due proprietari di seconde case nella piazza di Albissola Marina, in Liguria

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di Francesco Machina Grifeo

Arene e spettacoli di piazza non possono disturbare la quiete dei villeggianti pena il risarcimento del danno da parte dei comuni ospitanti. La decisione arriva dalla Terza sezione civile, ordinanza n. 18676 depositata oggi, che ha confermato un indennizzo di tremila euro ciascuno a due proprietari di appartamenti affacciati sulla piazza principale del comune di Albissola Marina, una località marittima in provincia di Savona.

Il Municipio ha un fitto programma estivo di manifestazioni culturali che si svolgono in Piazza della Concordia. I villeggianti esausti per il rumore hanno chiamato in causa il comune sostenendo che gli spettacoli producevano “immissione intollerabili”, sia nelle fasi di “allestimento del palco che poi per lo svolgimento degli spettacoli, che si protraevano fino a tarda notte”, rendendo così “difficile il soggiorno” e “pregiudicando il godimento dell’appartamento che avevano destinato a loro residenza estiva”.

Il Tribunale dopo aver disposto una Ctu dalla quale è emerso il superamento dei decibel consentiti ha liquidato equitativamente la somma di mille euro cadauno a ristoro del pregiudizio. Proposto appello, la Corte territoriale ha respinto quello principale del comune ed ha invece accolto quello incidentale dei proprietari delle “seconde case” triplicando la somma inizialmente liquidata, in quanto “l’interesse pubblico allo svolgimento degli spettacoli non poteva comportare il sacrificio del diritto del privato oltre il limite della tollerabilità”.

Interessante anche il generoso criterio della quantificazione del danno che è stato tarato sulla “impossibilità di utilizzare la casa per le vacanze”, e non soltanto con riguardo ai giorni di “effettivo probabile utilizzo dell’immobile”, ma tenendo conto della circostanza che “l’immobile diventa per i ricorrenti inutilizzabile comunque”.

Un ragionamento condiviso dalla Cassazione secondo la quale non è rilevante neppure il fatto che il regolamento comunale abbia innalzato la soglia per le manifestazioni a 70 decibel. I limiti posti dai singoli regolamenti, spiega la Corte, “sono puramente indicativi in quanto anche immissioni che rientrino in quei limiti possono considerarsi intollerabili nella situazione concreta, posto che la tollerabilità è, per l’appunto, da valutarsi tenendo conto dei luoghi, degli orari, delle caratteristiche della zona e delle abitudini degli abitanti (Cass. 28201/ 2018), che è ciò che il consulente ha fatto”.

In secondo luogo, e più in generale, prosegue la decisione, anche un ente pubblico è soggetto all’obbligo di non provocare immissioni rumorose ed “è responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionata da immissioni provenienti da aree pubbliche, potendo conseguentemente essere condannata al risarcimento del danno, così come al ‘facere’ necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità, dal momento che tali domande non investono – di per sé – atti autoritativi e discrezionali, bensì un’attività materiale soggetta al richiamato principio del ‘neminem laedere’” (Cass. 14209/ 2023).

Né, conclude la Cassazione, si può sostenere che non sia stato preso “in alcuna considerazione l’interesse pubblico allo svolgimento di tali manifestazioni”, infatti la Corte di appello “ha tenuto conto dell’interesse pubblico, ed ha correttamente osservato che non può giustificare il sacrificio del diritto del privato oltre la normale tollerabilità”.

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