Lavoro

Straining per il dipendente scolastico messo sotto pressione ma con episodi di breve durata

Il soggetto aveva subìto una condotta di "aggressiva sfiducia"

di Giampaolo Piagnerelli

Straining e non mobbing per il dipendente scolastico messo sotto pressione dal dirigente d'istituto. Troppo scarsi e di breve durata gli episodi per integrare la condotta più grave. Questo il verdetto dell'ordinanza n. 5639/21 della Cassazione.

I verdetti di merito. Con la sentenza del 30 giugno 2015 n. 230, la Corte d'appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva riconosciuto al dipendente il mobbing, ha dichiarato la responsabilità del Miur e di un istituto scolastico per una condotta di straining nei confronti di un pubblico dipendente. Per il giudice d'appello nella fattispecie non era ravvisabile il mobbing, per la scarsità degli episodi rilevanti e il breve periodo in cui si erano verificati. Il soggetto preso di mira aveva subìto una condotta di "aggressiva sfiducia" nel suo operato riconducibile al diverso fenomeno dello straining che aveva provocato un danno alla salute. In merito al primo episodio la direttrice aveva detto all'impiegato che "se fosse morto avrebbe risolto i suoi problemi". Da quel momento, in poi, la dirigente ha cominciato a tenere il soggetto sotto osservazione e, approfittando delle sue continue assenze, gli aveva tolto le mansioni che gli erano state affidate, mettendolo a trascrivere il contenuto delle cartelle dei docenti e dei dipendenti, privo di strumenti informatici. Il dipendente, inoltre, aveva subìto un trasferimento annuale presso altra scuola che gli aveva provocato una malattia psicopatologica che aveva cagionato un danno biologico. Quest'ultimo aveva avuto una durata totale di dieci mesi, valutabile al 50% per i primi tre mesi e al 25% per gli ulteriori sette mesi così come emergeva dalle conclusioni del ctu. L'impiegato ha proposto appello per vedersi riconoscere la fattispecie del mobbing. Tuttavia la Cassazione ha puntualizzato di doversi attenere a quanto stabilito in Appello non potendo entrare nel merito della vicenda. Si legge - in conclusione - che deve essere rigettata la domanda di risarcimento del danno patrimoniale, non essendosi determinata un'invalidità permanente, cosicchè non era ipotizzabile una riduzione della capacità di guadagno.

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