Civile

Successioni, legittimo contestare una lettura troppo “tecnica” del testamento

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 26951 depositata oggi, aprendo alla valutazione della volontà della testatrice attraverso dati extratestuali e il suo livello culturale

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di Francesco Machina Grifeo

In una causa di successione, il ricorso in appello che lamenti la mancata valutazione della volontà complessiva del de cuius, attraverso una operazione interpretativa che vada oltre il mero dato letterale contenuto nella scheda testamentaria, non può essere bollato come inammissibile per difetto di specificità. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 26951 depositata oggi, aprendo alla valutazione della volontà del testatore anche tramite dati extratestuali e il livello culturale.

Quando la parte censura la sentenza con la quale il giudice di merito ha affermato l’inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi, come nel caso di specie, l’oggetto del giudizio di legittimità, chiarisce la Cassazione, “non è la sola argomentazione della decisione impugnata, bensì sempre e direttamente l’invalidità denunciata e la decisione che ne dipenda, anche quando se ne censuri la non congruità della motivazione”. E allora, prosegue, spetta al giudice di legittimità accertare la sussistenza del denunciato vizio attraverso l’esame diretto degli atti. E siccome il Collegio di secondo grado ha affermato che l’appellante si era limitato a proporre un “diverso progetto di riparto”, così proponendo un “motivo carente”, bisogna andare a guardare proprio cosa conteneva tale censura “al fine di verificare la fondatezza del motivo in esame”.

Il giudice di primo grado aveva affidato il giudizio di esclusione della sorte capitale dalla ripartizione testamentaria, “per essere applicabili le regole della successione legittima”, all’affermazione secondo cui “era maggiormente aderente alla volontà della defunta -quale espressa e ribadita nelle tre schede testamentarie in atti - che la divisione dei soli interessi avvenga secondo i dettami di cui all’atto di ultima volontà mentre per il capitale che lo stesso debba essere diviso in base alle regole della successione legittima”. E questo perché “in nessuna parte del testamento si fa espressa menzione delle modalità mediante le quali procedere alla divisione tra i coeredi della sorte capitale, si parla sempre e soltanto degli interessi”.

Per l’appellante però in tal modo si faceva torto alle norme sull’interpretazione del testamento, che, improntate alla necessità di rispettare massimamente la volontà del testatore, richiedevano di andare “oltre il significato letterale delle espressioni adoperate (logicamente non avrebbe senso pensare che il de cuius sia sempre un tecnico del diritto da cui si possa pretendere l’uso, con cognizione di causa, del linguaggio giuridico)” e di “valorizzare, riconoscendo all’interprete ampia libertà d’indagine, una valutazione globale della volontà del de cuius, tenendo conto di elementi di carattere sia testuale che extratestuale”, come “la cultura, la mentalità e l’ambiente di vita del testatore medesimo”.

Per la II Sezione civile, l’appellante “alla stregua di questi elementi” ha rappresentato una diversa lettura delle schede testamentarie “che tenesse conto, per un verso, del particolare rapporto, anche lavorativo, che lo legava alla de cuius, come emergente dagli stessi lasciti in suo favore, e, per altro verso, della modesta cultura di quest’ultima, che avrebbe imposto di tener conto delle espressioni usate non secondo il loro significato tecnico, ma secondo quello che l’autrice aveva voluto ad esse attribuire”.

Ebbene, per la Cassazione, una simile censura rispetta i principi affermati dalle Sezioni unite (n. 27199/2017), dal momento che l’appellante ha chiaramente enucleato “le questioni e i punti contestati della sentenza impugnata e con essi le relative doglianze, tutte incentrate sulla erroneità della lettura delle schede testamentarie effettuata alla stregua del solo dato letterale, senza alcuna ricerca altresì della volontà della testatrice per il tramite dei dati extratestuali, tratti dai suoi rapporti col nipote, come evincibili dalle stesse disposizioni di ultima volontà, e dal suo livello culturale”. Pertanto, il quantum appellatum deve considerarsi “esaurientemente circoscritto” e il ricorso accolto con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli.

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