Società

Successioni, la rinuncia all’eredità non ammette una revoca tacita

La Cassazione afferma che per tornare indietro serve un atto pubblico

di Angelo Busani

La rinuncia all’eredità è un atto formale e, come tale, non ammette una revoca tacita. Pertanto, la rinuncia all’eredità resta ferma anche se il rinunciante tiene un comportamento (come l’agire in un giudizio) che appare in contrasto con la rinuncia stessa: è quanto afferma la Cassazione nell’ordinanza n. 37927 del 28 dicembre 2022, con cui viene annullata la sentenza della Corte d’appello di Napoli che aveva deciso in senso contrario.

Il nodo della revoca

Il dubbio sulla revocabilità tacita di una rinuncia all’eredità sovviene in quanto la norma di cui all’articolo 525 del Codice civile prescrive che, fino a quando il diritto di accettare l’eredità non è prescritto contro i chiamati che vi hanno rinunziato (e cioè, in linea di massima, fino alla scadenza del decimo anno successivo all’apertura della successione), questi possono sempre accettarla, se non è già stata acquistata da un altro dei chiamati, ma senza pregiudizio delle ragioni acquistate da terzi sopra i beni dell’eredità. In parole più semplici, la norma sancisce che:

1) chi rinuncia all’eredità può revocare la rinuncia, con l’effetto di provocare la propria accettazione dell’eredità;

2) per revocare la rinuncia all’eredità c’è tempo fino alla scadenza del termine di prescrizione del diritto dei chiamati ulteriori di accettare l’eredità rinunciata dal primo chiamato;

3) la revoca della rinuncia all’eredità non può essere effettuata se qualcuno dei chiamati “ulteriori” abbia, dopo la rinuncia del primo chiamato, accettato l’eredità (si pensi al decesso di Tizio, alla rinuncia del figlio Caio e all’accettazione di Sempronio, figlio di Caio: in questo caso, Caio non può più revocare la propria rinuncia);

4) la revoca della rinuncia non può pregiudicare chi, dopo la rinuncia del primo chiamato, abbia acquistato diritti verso l’eredità: tornando all’esempio precedente, si pensi all’alienazione di un bene ereditario (come una merce deperibile) effettuata da Sempronio, in qualità di chiamato ulteriore dopo la rinuncia di Caio, secondo l’articolo 460, comma 2, del Codice civile (il quale contempla gli atti urgenti che il chiamato compie senza diventare, per effetto di questa attività, erede in seguito ad accettazione tacita).

Le modalità ammesse

Si pone dunque il tema delle modalità con le quali la revoca della rinuncia all’eredità può essere effettuata.

Al riguardo, la Corte di cassazione osserva che:

- la rinuncia all’eredità consiste in un atto giuridico unilaterale, mediante il quale il chiamato all’eredità dismette il suo diritto di accettarla (con l’effetto che la chiamata all’eredità e, quindi, il diritto di accettarla, passa ai cosiddetti chiamati “ulteriori”, i quali sono individuati tramite un non facile intreccio di norme del Codice civile);

- il compimento della rinuncia determina la perdita del diritto all’eredità, per cui il rinunciante è considerato come se non fosse stato mai chiamato all’eredità (è il cosiddetto effetto retroattivo della rinuncia all’eredità, in base al quale l’accettazione del chiamato ulteriore provoca che questi si considera erede del de cuius fin dal momento di apertura della successione).

Il fatto che il rinunciante si considera come se non fosse mai stato chiamato all’eredità, tuttavia, discende non tanto dal solo atto di rinuncia all’eredità, ma si verifica per effetto dell’avvenuto acquisto dell’eredità da parte degli altri chiamati; fino a quando non si verifica tale acquisto, il rinunziante può sempre esercitare il diritto di accettazione.

Considerando questi rilevanti effetti, la norma di cui all’articolo 519 del Codice civile richiede che l’atto di rinuncia sia rivestito da una forma solenne: la legge infatti indica che la rinuncia «deve farsi con dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere (...) e inserita nel registro delle successioni». Quindi, deve necessariamente essere un atto pubblico. Ne deriva che, trattandosi di revocare un atto solenne, una revoca tacita della rinunzia si rende inammissibile.

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