Penale

Sul concorso tra reati tributari e truffa

La pronuncia oggetto di commento (Cassazione 36916/2020) offre interessanti spunti di riflessione in merito al rapporto esistente tra le fattispecie penal-tributarie (nello specifico la emissione e l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti) ed il reato di truffa ai danni dello Stato

di Mattia Miglio, Paolo Comuzzi


La vicenda che ci occupa può essere così descritta: la Corte di Appello confermava la sentenza con cui il Tribunale di Taranto aveva condannato i due odierni imputati di cui uno in ordine ai delitti di truffa ai danni dello Stato, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti mentre il secondo per fattispecie di tipo penal-tributario.

Nello specifico, uno dei due odierni imputati aveva, nella sua qualità di amministratore di due società nella forma di SRL; proceduto a incamerare (senza ovviamente averne diritto) un contributo pubblico e a portare al conto economico e quindi nella dichiarazione dei redditi e IVA fatture per operazioni inesistenti mentre il secondo imputato si era limitato a portare fatture per operazioni inesistenti nella dichiarazione di una seconda SRL.

Nel respingere le censure mosse dai ricorrenti, la Corte conferma in primo luogo che il delitto di truffa ben può concorrere con le fattispecie penal-tributarie, precisando che "ai fini della configurabilità del reato di truffa, è sufficiente anche l'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, quando da tale condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale, quale l'ottenimento di pubbliche erogazioni …".

Tale conclusione si pone in linea di conformità con l'orientamento indicato dalle Sezioni Unite ( SS. UU., n. 1235 del 28/10/2010 ), le quali "hanno evidenziato che nelle «ipotesi in cui dalla condotta di frode fiscale derivi un profitto -ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale, quale l'ottenimento di pubbliche erogazioni è, possibile il concorso tra il delitto di frode fiscale e quello di truffa»: in tal caso, -«l'ulteriore evento di danno che il soggetto agente si rappresenta non inerisce al rapporto fiscale», e, quindi, «non sussiste alcun problema di rapporto di specialità tra norme, perché una stessa condotta viene utilizzata per finalità diverse e viola diverse disposizioni di legge e non si esaurisce nell'ambito del quadro sanzionatorio delineato dalle norme fiscali, con la conseguenza della concorrente punibilità di più finalità diverse compresenti nell'azione criminosa".

Ciò premesso, la Corte di Cassazione conferma la soluzione adottata dai giudici di secondo grado Corte di Appello secondo cui "… la truffa sarebbe stata realizzata da omissis quale amministratore unico di omissis, sia utilizzando le false fatture riportate nella contabilità dí tale impresa ed emesse da omissis e omissis, sia indicando od omettendo di indicare altre circostanze rilevanti ai fini, della concessione - del finanziamento, come quelle concernenti l'idoneità del suolo- sul quale edificare l'opificio e la diretta disponibilità dello stesso. In particolare, le false fatture riportate nella contabilità di omissis sarebbero servite a giustificare spese superiori a quelle effettive, ad ottenere le due rate di anticipazione del finanziamento pubblico e a maturare IVA a credito …".

Ragion per cui nel caso che ci occupa il delitto di truffa ai danni dello stato concorre con le fattispecie penal-tributarie qui contestate: "... l'affermazione della falsità ideologica delle fatture contabilizzate è avvenuta sulla base di un'analisi di p!urime fonti di prova e di diversi e convergenti indizi, valutati sulla base di accettabili massime di esperienza. Né tale conclusione può essere ritenuta, manifestamente illogica solo perché l'opificio è stato realizzato:, gli elementi acquisiti sono idonei a dimostrare che le somme spese per i lavori di realizzazione dell'impianto sono state di gran lunga inferiori, oltre che per nulla documentabili, in quanto effettuate per cassa nonostante i notevoli importi asseriti, che il ruolo svolto da omissis e da omissis è stato meramente fittizio …" ed aggiunge che "…Questo dato è già di per sé sufficiente per ritenere integrata la truffa. Si è detto, infatti, che, ai fini della configurabilità del reato di truffa, è sufficiente anche l'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, quando da tale condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all'evasione fiscale, quale l'ottenimento di pubbliche erogazioni. Nella specie, come osservato dalla Corte d'appello, le false fatture sono servite (anche) a giustificare spese superiori a quelle effettive e ad ottenere le due rate di anticipazione del finanziamento pubblico …"; quindi conclude con una affermazione che appare importante ovvero che "… l'affermazione della falsità ideologica delle fatture contabilizzate è avvenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, desunti da risultanze neppure contestate nel ricorso …"

Alla luce di quanto appena esposto, non resta che prendere atto che la tesi adottata dalla Suprema Corte di Cassazione offre l'occasione per qualche spunto di riflessione sull'opportunità che l'impresa si doti di un adeguato sistema di controlli interni finalizzato sia a scongiurare in via preventiva possibili attività fraudolente ai danni dello Stato sia a razionalizzare - in caso di percezione di contributi pubblici - un adeguato sistema di rendicontazione dei costi in grado di consentire una piena valutazione in merito agli importi che sono portati come costi al conto economico e per i quali viene richiesta una copertura con denaro pubblico.

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