Sussiste l'associazione per traffico di stupefacenti anche per l'acquirente stabile
Ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti è sufficiente - ma necessaria - l'esistenza tra i singoli partecipi di una durevole comunanza di scopo, costituita dall'interesse a immettere sostanza stupefacente sul mercato del consumo, non essendo invece di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo la diversità degli scopi personali e degli utili che i singoli partecipi, fornitori e acquirenti, si propongono di ottenere dallo svolgimento della complessiva attività criminale. Non è richiesto, pertanto, per i giudici della Cassazione penale sentenza 30410/2019 per il riconoscimento della fattispecie di cui all'articolo 74 del Dpr n. 309 del 1990, che le successive condotte delittuose dei singoli, di cui all'articolo 73 del medesimo Dpr, siano compiute in nome e per conto dell'associazione, ma solo che rientrino nel programma criminoso della stessa. Ne deriva, così, che integra la condotta di partecipazione ad un'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti la costante disponibilità all'acquisto delle sostanze stupefacenti di cui il sodalizio illecito fa traffico, ove sussista la consapevolezza che la stabilità del rapporto instaurato garantisce l'operatività dell'associazione, rivelando in tal modo la presenza della c.d. affectio societatis
tra l'acquirente e i fornitori: detta condotta, infatti, agevola lo svolgimento dell'attività criminosa del gruppo organizzato ed assicura la realizzazione del suo programma delittuoso, sempre che si accerti che essa è posta in essere avvalendosi continuativamente delle risorse dell'organizzazione, con la coscienza e volontà dell'autore di farne parte e di contribuire al suo mantenimento e, laddove l'acquirente abbia coscienza e volontà che il suo inserimento quale stabile acquirente della sostanza ceduta da una struttura organizzata sia funzionale alle dinamiche operative dell'associazione ed alla crescita criminale della stessa, la sua partecipazione al sodalizio può essere desunta anche dalla commissione di singoli episodi criminosi.
L'acquirente stabile della sostanza stupefacente - Secondo il ragionamento della Cassazione, è ravvisabile il reato di partecipazione nell'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (articolo 74 del Dpr 9 ottobre 1990 n. 309) anche nei confronti di colui che si pone nei confronti dell'associazione come acquirente stabile della sostanza stupefacente. Trattasi di affermazione senz'altro convincente e in linea con la costante interpretazione della giurisprudenza, secondo cui è pacificamente ammesso il vincolo associativo anche in presenza di soggetti che hanno motivazioni illecite diverse (acquirente, venditore, importatore, ecc.): vi è casistica, ad esempio, che ravvisa la configurabilità del vincolo associativo tra il fornitore "all'ingrosso" di droga e gli acquirenti "al dettaglio" che la ricevono stabilmente per poi reimmetterla sul mercato; ovvero, analogamente, tra colui che importa la droga per rifornire il mercato e la rete stabile dei rivenditori e piccoli spacciatori della sostanza che a questi si rivolgono per poi spacciarla al minuto ai tossicodipendenti.
A supporto di tale soluzione interpretativa va in effetti considerato che l'elemento soggettivo del reato associativo de quo è integrato dal dolo specifico, il cui contenuto è rappresentato dalla coscienza e volontà di partecipare e di contribuire attivamente alla vita dell'associazione volta alla realizzazione del comune programma criminoso mirante alla commissione di una serie indeterminata di delitti in materia di stupefacenti. Il dolo del reato associativo non va però confuso con il "motivo" squisitamente soggettivo che possa avere determinato un soggetto a far parte del sodalizio criminoso, nei termini suesposti; cosicché è indifferente che il contributo causale volontariamente prestato all'associazione risulti motivato pure dalla concorrente esigenza di realizzare finalità di ordine personale, come, esemplificando, l'approvvigionamento dello stupefacente necessario per l'uso personale, o simili. Ne consegue che, ai fini dell'apprezzamento del dolo, non è neppure richiesto che tutti gli associati perseguano gli stessi scopi od utilità, purché ovviamente tutti agiscano nella consapevolezza delle attività degli altri partecipi volte alla realizzazione del comune programma criminale.
Ciò che va peraltro sottolineato con chiarezza, per evitare indebite estensioni della fattispecie associativa, è che occorre pretendere un giusto rigore sulla valutazione dell'effettivo rapporto causale fornito dai diversi soggetti all'attività dell'associazione. È ovvio allora che il problema risiede nella dimostrazione - sotto il profilo oggettivo e, soprattutto, sotto quello soggettivo - del vincolo associativo: a tal fine, tanto per esemplificare, non basta, di per sé solo, l'apprezzamento di una serie, pur ripetuta con frequenza, di operazioni di compravendita di sostanze stupefacenti concluse tra le stesse persone, occorrendo un quid pluris, vale a dire la dimostrazione che tutti i compartecipi abbiano agito, sia pure per una finalità concorrente di profitto proprio, con la volontà e consapevolezza di operare quali aderenti ad un'organizzazione criminosa e nell'interesse della stessa; solo in presenza di dette condizioni (come precisato dalla sentenza in commento) i singoli atti di compravendita divengono altrettanti reati-fine dell'associazione, giacché, in difetto, rimangono singole illecite operazioni sinallagmatiche (cfr., per riferimenti, tra le tante, sezione VI, 16 marzo 2004, Benevento e altri; sezione IV, 6 luglio 2007, Cuccaro e altri; sezione VI, 11 febbraio 2008, Oidih e altro; sezione VI, 6 novembre 2013, Proc. Rep. Trib. Napoli in proc. Lentino e altro).
Corte di Cassazione – Sezione III – Sentenza 10 luglio 2019 n. 30410