Lavoro

Trasformazione del rapporto da full time a part time, in caso di rifiuto non è preclusa la facoltà di recesso per motivo oggettivo

La previsione dell'art. 8, co. 1, del d.lgs. n. 81 del 2015 non preclude la facoltà di recesso ma comporta una rimodulazione del giustificato motivo oggettivo e dell'onere della prova posto a carico di parte datoriale

di Roberto Balestra*

Con la decisione n. 12244, pubblicata il 9 maggio 2023, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi, a distanza di qualche anno, dell'interpretazione dell'art. 8, co. 1, del d.lgs. n. 81 del 2015 che ha ad oggetto la trasformazione del rapporto di lavoro da full time a part time e viceversa.

La norma stabilisce che "il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o viceversa, non costituisce giustificato motivo di licenziamento".

Il principio espresso dalla Corte di legittimità nella sentenza n. 12244 è conforme ai precedenti relativi alla stessa materia, i quali hanno ritenuto che il licenziamento che segue il rifiuto del lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a part time non è illegittimo in se stesso, per effetto della successione cronologica degli eventi, perché restano sempre salve le effettive esigenze economiche e/o organizzative del datore di lavoro (c fr. Cass., 21.1.2019, n. 1499; Cass., 17.10.2015, n. 21875; Cass., 16.3.2007, n. 6229; Nello stesso senso, anche se adottate nel vigore del previgente art. 5 del d.lgs. n. 61 del 2000 e con riferimento al caso inverso della trasformazione del rapporto da part time a full time, Cass., 15.11.2012, n. 20016, Cass., 9.7.2001, n. 9310).

In altre parole, il rifiuto del lavoratore non crea né una presunzione di illegittimità (o di ritorsività) del successivo licenziamento né un appesantimento dell'onere della prova che è già a carico del datore di lavoro.

La decisione n. 12244 è interessante vuoi per il caso da cui ha tratto origine e vuoi per la sua chiarezza.

IL CASO

Il caso è il seguente: a seguito della cessione del ramo d'azienda, costituito da un supermercato, i tre soci della società cessionaria hanno deciso di prestare direttamente la loro attività lavorativa nel punto vendita, con la conseguenza che la forza lavoro è risultata sovradimensionata di una unità. Per far fronte al problema dell'esubero di personale, in prima battuta i tre soci hanno chiesto ai tre dipendenti (di cui due addetti al reparto salumeria ed una al reparto ortofrutta), che erano tutti inquadrati a full time, la disponibilità a ridurre l'orario di lavoro. Dato che solo uno degli addetti al reparto ortofrutta aveva aderito all'iniziativa datoriale e che la trasformazione a part time di un unico rapporto di lavoro non risolveva il problema organizzativo, la società ha modificato il proprio programma nel senso che ha deciso di mantenere in servizio a full time gli addetti al reparto salumeria e ha risolto il rapporto di lavoro con l'addetta al reparto ortofrutta. Quest'ultima ha impugnato il licenziamento.

L'azione della lavoratrice estromessa è stata accolta solo in parte. In particolare, è stata respinta la domanda tesa ad ottenere l'annullamento del licenziamento perché ritorsivo e contrario all'art. 8 del d.lgs. n. 81 del 2015.

La Corte ha spiegato, dopo aver richiamato i propri precedenti del 2007 (Cass., 16.3.2007, n. 6229) e del 2015 (Cass., 17.10.2015, n. 21875), che la domanda non poteva essere accolta perché la disposizione deve essere letta in questo modo: "la previsione dell'art. 8 cit., se esclude che il rifiuto di trasformazione del rapporto in part time possa costituire di per sé giustificato motivo di licenziamento, non preclude la facoltà di recesso per motivo oggettivo in caso di rifiuto del part time ma comporta una rimodulazione del giustificato motivo oggettivo e dell'onere della prova posto a carico di parte datoriale. In tal caso, ai fini del giustificato motivo oggettivo di licenziamento, occorre che sussistano e che siano dimostrate dal datore di lavoro effettive esigenze economiche ed organizzative tali da non consentire il mantenimento della prestazione a tempo pieno, ma solo con l'orario ridotto; l'avvenuta proposta al dipendente o ai dipendenti di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale e il rifiuto dei medesimi; l'esistenza di un nesso causale tra le esigenze di riduzione dell'orario e il licenziamento".

La decisione, che è conforme anche ad un altro più recente precedente (Cassazione, sentenza n. 1499 del 21 gennaio 2019), si colloca nell'ambito di un'interpretazione della norma nazionale rispettosa della disposizione eurounitaria da cui trae origine.

Nel caso di specie si tratta della Clausola 5 della Diretta (CE) 15.12.1997, n. 81 , secondo cui "il rifiuto di un lavoratore di essere trasferito da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale, o viceversa, non dovrebbe, in quanto tale, costituire motivo valido per il licenziamento, senza pregiudizio per la possibilità di procedere, conformemente alle leggi, ai contratti collettivi e alle prassi nazionali, a licenziamenti per altre ragioni, come quelle che possono risultare da necessità di funzionamento dello stabilimento considerato".

La conclusione, dunque, è che l'art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 81 del 2015 non sancisce un divieto assoluto di risolvere il rapporto di lavoro con il dipendente che ha rifiutato di trasformare il suo contratto da full time a part time.

La disposizione, piuttosto, deve essere letta nel senso che il principio generale è che il lavoratore non può subire una trasformazione unilaterale del rapporto ad iniziativa del datore di lavoro ma allo stesso tempo non possono neppure essere dimenticate le esigenze economiche e organizzative dell'impresa. Pertanto, se queste ultime sono serie e concrete, l'iniziativa datoriale che cronologicamente segue una richiesta di trasformazione deve essere considerata per quello che è: una legittima decisione organizzativa che è stata assunta come estrema ratio, cioè dopo aver tentato tramite la trasformazione di permettere la sopravvivenza del rapporto di lavoro.

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*A cura dell'Avv. Roberto Balestra, Balestra & Partners, Partner 24 ORE Avvocati


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