Responsabilità

Trenitalia, danno esistenziale per maxi ritardo di 23 ore

La Corte di cassazione, sentenza n. 28244 depositata oggi, ha respinto il ricorso della società contro la sentenza del Tribunale di Cassino

immagine non disponibile

di Francesco Machina Grifeo

Scatta il “danno esistenziale” per il maxi ritardo ferroviario - 23 ore per percorrere la tratta Roma Cassino – in assenza di qualsivoglia assistenza ai passeggeri bloccati sul treno. La Corte di cassazione, sentenza n. 28244 depositata oggi, ha così respinto il ricorso di Trenitalia contro la sentenza del Tribunale di Cassino che, nel 2019, aveva confermato la decisione del locale giudice di pace che aveva condannato la società ferroviaria al pagamento di cinque euro e venticinque centesimi a titolo di “indennizzo da ritardo”, e quattrocento euro a titolo di risarcimento del “danno esistenziale”. La vicenda, del tutto eccezionale, ma non per questo giuridicamente meno rilevante, risale al 3 febbraio 2012 quando a seguito di una forte nevicata a Roma e nel basso Lazio un treno di pendolari rimase isolato nella neve per un giorno e una notte senza alcuna assistenza.

Per la Terza sezione civile, come correttamente affermato dal Tribunale, “i bollettini metereologici risultavano aver chiarito in misura sufficiente - al di là quindi delle pur possibili evoluzioni ulteriormente peggiorative - a dover indurre l’esercente il servizio di trasporto ferroviario… a predisporre, con precauzionale diligenza, misure organizzative di assistenza, indipendentemente, cioè, dalla possibilità di porle in essere, in forma ridotta, una volta concretizzata la situazione di emergenza”. Il Tribunale, prosegue la Cassazione, ha “evidentemente quanto ragionevolmente ritenuto il travagliato viaggio di quasi ventiquattro ore continuative in defatiganti condizioni di carenza di cibo, necessario riscaldamento e possibilità di riposare, un’offesa effettivamente seria e grave all’individuabile e sopra rimarcato interesse protetto, tale da non tradursi in meri e frammentati disagi, fastidi, disappunti, ansie o altro tipo di generica insoddisfazione”.

Né può sostenersi, come pure fatto dalla ricorrente, che il viaggiatore avrebbe dovuto “astenersi dal mettersi in viaggio”. Tale condotta era infatti “in ogni caso inesigibile, in quanto le informazioni fornitele non erano tali da far prevedere che il tragitto non si sarebbe concluso in tempi ragionevoli, e di per sé incongruente, in quanto … si sarebbe trovata nella necessità di fare fronte al reperimento di un luogo ove soggiornare, a Roma o nel corso del travagliato tragitto, a sue esclusive spese”.

Infine, precisa la Corte, la invocata normativa, nazionale e comunitaria in tema di tutela cui è tenuto il prestatore del servizio di trasporto ferroviario, “è volta ad assicurare forme di «indennizzo» per le ipotesi di cancellazione o interruzione o ritardo nel servizio, ma non anche a impedire che, qualora ne sussistano i presupposti, sia accolta la domanda giudiziale di risarcimento di ulteriori pregiudizi tutelati e lesi”.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©