Truffa aggravata per la vigilessa che timbra il cartellino nella sede vicina a casa
Ennesimo caso di dipendente pubblico che fa il furbo con la timbratura del cartellino. Arriva da Taranto la vicenda di cui si è occupata la Cassazione, nella sentenza n. 8840/16 depositata ieri, e ha come protagonista una vigilessa che timbrava il cartellino in un ufficio vicino alla propria abitazione anziché nell'orologio marcatempo del posto di lavoro – a ben 10 km di distanza - dove arrivava con tutto comodo. Una condotta tenuta per ben 21 volte nell'arco di due mesi. La Corte di appello di Lecce ha condannato la donna per truffa aggravata ai danni della pubblica amministrazione il che le è costato 10 mesi di reclusione e una multa.
Ora la Cassazione respinge il ricorso dell'imputata evidenziando la natura netta di raggiro del comportamento che non lascia dubbi sull'integrazione del reato di truffa aggravata ai danni della Pa sotto il profilo soggettivo e oggettivo.
La donna, infatti, non consentiva all'ufficio di appartenenza di rilevare l'esatto momento di inizio della giornata lavorativa: il comandante della polizia municipale non era in grado di identificare presso quale marcatempo avvenisse la marcatura. Luogo e tempo della timbratura erano informazioni accessibili solo all'ufficio del personale e a pochi altri impiegati.
La Corte ha respinto anche il motivo di ricorso con cui si lamentava difetto del dolo. E' parso evidente che la donna avesse agito con piena coscienza e volontà e, se ciò non bastasse, la mancanza di buona fede era comprovata dalla mancata restituzione delle somme percepite in eccesso.
Corte di Cassazione - Sezione II penale - Sentenza 3 marzo 2016 n. 8840