Civile

Trust "autodestinato", AdE interviene sul trattamento impositivo

Nella Risposta all'interpello n. 106/2021, le Entrate accolgono l'indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità

di Andrea Bosisio


"Non potendo il Disponente essere parente di se stesso e non essendo dunque prevista tale ipotesi dalla Legge, l'aliquota da applicare deve essere quella massima prevista per le donazioni "ad altri soggetti", senza applicazione di franchigia alcuna".


Questo è quello che ci si è sentiti dire, spesso, da parte dell'AdE in tema di Trust c.d. autodestinati, ovverosia ipotesi nelle quali il Disponente viene indicato anche quale Beneficiario all'interno dell'atto istitutivo. Non è passato molto tempo dagli ultimi interventi per mezzo dei quali l'Amministrazione Finanziaria ricordava il proprio orientamento interpretativo in merito alla fattispecie richiamata, con conseguente necessità dei professionisti del settore di uniformarsi agli approdi raggiunti, salvo il rischio di andare incontro a spiacevoli sorprese.

15 febbraio 2021. Di acqua sotti i ponti ne è passata, e parecchia anche. Per lo più per merito della giurisprudenza, soprattutto di legittimità. Inutile qui richiamarla, non ve n'è motivo.
Si è scritto molto, forse anche troppo, circa il momento impositivo in tema di imposte di donazione e successione con riferimento al Trust e altre questioni strettamente attinenti.

Orientamenti della Corte di Cassazione, per l'appunto, mai accolti dall'Amministrazione Finanziaria all'interno delle proprie Circolari e Risposte ad Interpello. E così si giunge ad un giorno di metà febbraio 2021, momento in cui si intravedono i primi cenni di apertura dell'AdE verso un approccio più sistematico ed organico alle dinamiche relative ad uno Strumento nobile e millenario quale è, per l'appunto, il Trust.

L'occasione per aprire i propri orizzonti interpretativi si intravede nell'ambito della Risposta ad Interpello n. 106/2021. Caso molto particolare e delicato, quello affrontato, in cui viene in rilievo un Trust estero revocabile che è stato in passato già ritenuto essere soggetto interposto, ai fini fiscali, ai sensi dell'articolo 37, comma 3 del D.P.R. n. 600 del 1973, con la conseguente attribuzione della titolarità dei relativi redditi prodotti in capo al Disponente.

Al di là delle questioni legate all'interposizione e a quello che ben si potrebbe definire come il pregresso di tutta la vicenda (non significativo ai fini che qui ci occupano), ciò che risulta essere veramente di impatto sono due semplici, quanto incisive, precisazioni contenute nella Risposta in questione. Dirompenti, potremmo azzardarci a dire, soprattutto alla luce di quello che è stato il trend fino ad oggi.

Ebbene, l'AdE, nel contesto richiamato, sottolinea come:

(I) in linea di principio, "l'attribuzione di beni e/o diritti ai Beneficiari di Trust da parte del Trustee potrebbe determinare l'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni al verificarsi dei presupposti previsti dalle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 346 del 1990".

Con riferimento a tale prima determinazione, la domanda che sorge spontanea tra gli addetti ai lavori è: che sia la volta buona?

In particolare, quella che potrebbe essere definita come una vera e propria comunità di esperti del Trust, auspica che si inizi a prendere in seria considerazione l'insegnamento ormai impartito da tempo dalla Corte di Cassazione (si veda, tra le svariate decine di provvedimenti, Cass. n. 5766/2020).

Stiamo parlando, in altre parole, dell'indirizzo interpretativo in forza del quale, in tema di Trust, l'imposta di donazione e successione può sì essere dovuta, ma non al momento di istituzione dello Strumento e solo ricorrendo determinate condizioni.

Secondo l'approccio epistemologico in commento, invero, affinché la pretesa erariale sul vincolo di destinazione sia legittima sono irrilevanti sia il momento istitutivo che quello in cui si pone in essere la dotazione patrimoniale (apporto in Trust dei beni e/o diritti), trattandosi di circostanze fiscalmente neutre. Tale giurisprudenza conclude, come ormai noto, nel senso che l'imposta è dovuta solo a seguito del trasferimento del bene al Beneficiario;

(II) "poiché nella fattispecie in esame il Disponente coincide con il Beneficiario, l'assenza di un trasferimento intersoggettivo preclude l'applicazione dell'imposta di donazione per carenza del presupposto oggettivo […], mancando un trasferimento di ricchezza".

Appunto, rispetto all'orami famoso, e sopra richiamato, "non si può essere parenti di se stessi" la differenza c'è ed è sensibile.

E il discorso esplicato assume ancora più valore, se solo si considera come sia la stessa AdE a richiamare la giurisprudenza di legittimità, Corte di Cassazione n. 10256/2020 nello specifico, proprio quell'orientamento mai applicato fino ad oggi, sorto in seno alla giurisprudenza.

Certo, la storia è ancora tutta da scrivere. Occorrerà osservare attentamente i prossimi interventi in tema per vedere se, e come, la strada intrapresa verrà confermata. Non resta che attendere fiduciosi.
Sicuramente, dopo tanto tempo, probabilmente troppo, finalmente si inizia (almeno, si spera) ad intravedere la luce in fondo al tunnel.

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