Tutele sugli accertamenti induttivi quando la pagella Isa ha voti bassi
Gli accertamenti induttivi possono essere utilizzati dal Fisco in presenza di determinate condizioni procedurali, più rigorose in ambito Iva e più libere ai fini delle imposte sui redditi. Uno degli sbocchi più naturali dei controlli del Fisco, anche se non necessitati, scaturenti dal punteggio insufficiente ottenuto dall'applicazione degli Isa, è rappresentato dagli accertamenti induttivi.
Le maggiori garanzie sono fissate ai fini dell'applicazione dell'Iva, grazie alle enunciazioni della Corte di giustizia. In linea di principio, la base imponibile dell'imposta è rappresentata dal corrispettivo pattuito per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi. Questa regola si pone in contrasto, in linea teorica, con la possibilità di applicare il tributo su di una base imponibile solo presunta. La Corte di giustizia ha però in più occasioni legittimato gli accertamenti induttivi, qualora questi siano rivolti al contrasto all'evasione fiscale.
Il ruolo della Corte Ue
L'applicazione dei metodi induttivi in materia di Iva è tuttavia ammessa se rispettosa del principio di proporzionalità e di quello di neutralità. Sotto il primo profilo, occorre che i parametri utilizzati siano attendibili e vengano applicati solo nel pieno rispetto del diritto al contraddittorio (sentenza nella causa C- 648/16). In tale contesto, come è agevole rilevare, sono mal tollerate le presunzioni legali, che determinano un ribaltamento automatico dell'onere della prova sul contribuente. Deve dunque trattarsi di presunzioni semplici da utilizzarsi solo dopo averne verificato l'adattabilità al caso specifico, attraverso un confronto dialettico con l'interessato.
Dal lato del principio di neutralità, all'esito dell'accertamento induttivo il contribuente non deve comunque risultare inciso dall'imposta. Ciò potrebbe accadere in tutti i casi in cui l'operatore economico non abbia la possibilità di esercitare il diritto di rivalsa dell'imposta accertata. Si ricorda al riguardo che, ai sensi dell'articolo 60, Dpr 600/73, il cedente ha diritto di addebitare al cessionario l'Iva definitivamente accertata.
Negli accertamenti induttivi, tuttavia, questo di regola è impedito dall'impossibilità di identificare i singoli clienti. Per rispettare il principio di neutralità, dunque, l'ammontare dei ricavi induttivamente accertati deve essere depurato, e non maggiorato, dell'imposta, con inevitabili riflessi anche ai fini delle imposte dirette.
Imposte dirette
Nel settore delle imposte dirette, invece, non è previsto un obbligo generalizzato di contraddittorio preventivo, neppure dopo l'entrata in vigore dell'articolo 5 ter del decreto legislativo 218/97. La Cassazione a sezioni unite 26635/2009, in materia di studi di settore, ha al riguardo osservato che quando il Fisco procede attraverso l'utilizzo di “standard contabili”, poiché questi costituiscono una mera elaborazione di dati statistici, ne deve validare l'attendibilità attraverso il contatto preventivo con il contribuente. In difetto l'accertamento è nullo, anche in assenza di una espressa previsione di legge.
L'affermazione ha una portata generalizzata che trascende gli studi di settore. Nell'applicazione pratica di tali principi, però, la Suprema corte non appare sempre garantista per il contribuente. È sufficiente ricordare, tra i molti, i precedenti in tema di “caffettometro” e simili. Sul punto, la Cassazione ha confermato un accertamento di maggiori ricavi fondato sul consumo medio di caffè per tazzina, rilevando come il contribuente non abbia fornito la prova contraria (sentenza 21130/18). Eppure si era comunque in presenza della elaborazione di un dato statistico, apparentemente non riscontrato in contraddittorio.
Sull'applicazione delle percentuali di ricarico, invece, la Corte appare piuttosto rigorosa. È stato in primo luogo ritenuto che il solo utilizzo di una percentuale media “di settore”, di per sé, non possa fondare una rettifica, a meno che i dati dichiarati non appaiano inverosimili (ordinanza 13054/17). Inoltre, la ricostruzione della percentuale effettivamente applicata dall'impresa deve avvenire selezionando un campione rappresentativo di prodotti e adottando il metodo del ricarico ponderato (ordinanza 25589/18).
Corte di giustizia Ue, sentenza nella causa C-648/16